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Lo studio fornisce indicazioni utili alla pratica clinica quotidiana, dimostrando come la spinta principale alla prescrizione o meno di antitrombotici sia la valutazione del rischio di sanguinamento piuttosto che quella del rischio di tromboembiolismo venoso.


Dal momento che il tromboembolismo venoso (TEV) è una delle principali complicanze del ricovero ospedaliero, con un’incidenza di circa 8 volte superiore tra i pazienti ricoverati rispetto alla popolazione generale, le attuali linee guida internazionali raccomandano la sua prevenzione attraverso metodi farmacologici o meccanici.

In particolare, in assenza di un elevato rischio di sanguinamento, è raccomandata la profilassi anticoagulante con eparina non frazionata (UFH) o, preferibilmente, con eparina a basso peso molecolare (LMWH) nei pazienti ad elevato rischio di TEV; dall’altro lato, in caso di alto rischio di sanguinamento, è consigliata la tromboprofilassi meccanica con calze a compressione graduata o compressione pneumatica intermittente. Tuttavia, l’applicazione di queste raccomandazioni nella pratica clinica quotidiana è tutt’altro che semplice in quanto nel paziente internistico molti fattori di rischio per trombosi sono anche fattori di rischio per emorragia, e vi sono dati che dimostrano che gli score proposti dalle linee guida per la stratificazione dei pazienti sono di fatto poco utilizzati.

Lo studio italiano

Pertanto, un gruppo di ricercatori italiani, coordinati da Raffaella Rossio, ha indetto uno studio (1) allo scopo di valutare, in un ampio campione di pazienti con età superiore o uguale a 65 anni con multipatologie, ricoverati dal 2012 al 2019 in oltre 100 reparti ospedalieri italiani di medicina interna e geriatria, partecipanti al Registro POliterapie Società Italiana Medicina Interna (REPOSI), la prevalenza della prescrizione di farmaci anticoagulanti per la tromboprofilassi, l’appropriatezza della prescrizione sulla base del rischio di TEV e di sanguinamento e l’eventuale impatto sulla mortalità intraospedaliera dell’adeguatezza o inadeguatezza della prescrizione.
Come suggerito dalle linee guida, il rischio di TEV e di sanguinamento sono stati valutati rispettivamente usando il Padua Prediction Score (PPS) e l’IMPROVE bleeding score: la prescrizione di anticoagulanti è stata considerata adeguata quando i pazienti avevano sia un alto rischio di TEV che un basso rischio di sanguinamento (PPS ≥ 4 e IMPROVE < 7), e inadeguata nei casi di basso rischio di TEV e alto rischio di sanguinamento (PPS < 4 e IMPROVE ≥ 7), o di basso rischio sia di TEV che di sanguinamento (PPS < 4 e IMPROVE < 7).
Per i pazienti ad alto rischio sia di TEV che di sanguinamento, per i quali le indicazioni delle linee guida non sono chiare, è stata considerata appropriata sia la prescrizione di anticoagulanti che la mancata prescrizione, sulla base del giudizio del medico che aveva in gestione il paziente. Nell’analisi sono stati inclusi 4836 pazienti; in 1233 pazienti (25,5%) è stato prescritto un anticoagulante per la tromboprofilassi, per la maggior parte enoxaparina. 4461 pazienti sono stati valutati per l’appropriatezza della prescrizione: in 3136 (70,3%) pazienti la prescrizione effettuata o non effettuata è stata considerata appropriata sulla base del rischio trombotico e di sanguinamento. Tra i 1138 pazienti sottoposti a profilassi, solo in 360 (31,7%) la prescrizione era adeguata, mentre tra i 3323 pazienti non sottoposti a profilassi, in 2776 (83,5%) la mancata prescrizione era adeguata. Il tasso di mortalità intraospedaliera è stato significativamente inferiore nei pazienti opportunamente sottoposti o meno alla profilassi rispetto a quelli in cui la prescrizione effettuata o mancata era inappropriata (OR: 0,63; IC 95%: 0,46-0,83).

L’appropriatezza prescrittiva

In conclusione, un elevato numero di pazienti ospedalizzati con multimorbilità hanno ricevuto o meno la profilassi antitrombotica in maniera appropriata, in conformità con le indicazioni delle linee guida e l’adeguatezza della scelta terapeutica si è tradotta in una riduzione della mortalità intraospedaliera. In particolare, è stato osservato un alto tasso di appropriatezza della non prescrizione derivante da una popolazione a prevalente alto rischio di sanguinamento; dall’altro lato, è stata anche riscontrata un’alta prevalenza di pazienti inappropriatamente sottoposti a profilassi nonostante il loro basso rischio di TEV. Ciò significa che la spinta principale alla prescrizione o meno di antitrombotici è stata la valutazione del rischio di sanguinamento piuttosto che quella del rischio di TEV, forse perché nella valutazione del paziente fragile è stata data più importanza alle sequele di un’emorragia piuttosto che a quelle di un evento trombotico.
Tuttavia, una corretta stratificazione ha determinato una riduzione della mortalità: questo importante risultato, conseguito su una popolazione di pazienti del mondo reale, ribadisce l’importanza dell’aderenza alle linee guida e dell’utilizzo di punteggi prognostici di rischio per gestire in sicurezza la tromboprofilassi nella complessa popolazione anziana multimorbosa ospedalizzata, e come strumento per guidare la decisione del medico anche in quei casi i cui punteggi di rischio di TEV e sanguinamento si equivalgono.

A cura di Caterina Cenci e Domenico Prisco

 

Per approfondire

  1. Rossio R, Mandelli S, Ardoino I, et al REPOSI collaborators. Prescription appropriateness of anticoagulant drugs for prophylaxis of venous thromboembolism in hospitalized multimorbid older patients. Intern Emerg Med 2023; 18:97–104.