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Dalla Società americana di oncologia clinica le indicazioni su come trattare i diversi sottogruppi di persone con cancro.

L’incidenza di tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti oncologici è da quattro a sette volte superiore rispetto ai soggetti sani: si stima che circa il 15% dei pazienti con cancro svilupperà un evento trombotico e che circa il 20% dei pazienti con TEV abbia una neoplasia sconosciuta al momento della diagnosi. Le cellule tumorali promuovono l’attivazione della coagulazione del sangue direttamente generando trombina, o indirettamente stimolando le cellule endoteliali, i leucociti e le piastrine circolanti a sintetizzare ed esprimere fattori pro-coagulanti; dall’altro lato, le proteine e le cellule coinvolte nel processo emostatico possono, a loro volta, svolgere un ruolo nella progressione del cancro [1].

Sebbene tutti i malati di cancro siano comunemente considerati ad elevato rischio di TEV, questo rischio può essere diverso nei vari sottogruppi di questa popolazione, essendo più alto in pazienti con malattia metastatica, con neoplasia a carico di pancreasstomacorenecervellouteropolmoneovaie e nei pazienti con mielomalinfoma e leucemia, o a seguito di chemioterapia o intervento chirurgico. Pertanto, anche per i pazienti con cancro, cosi come per i pazienti internistici, le linee guida della Società Americana di Clinical Oncology (ASCO) suggeriscono di stratificare i pazienti mediante sistemi di punteggio che associno marcatori clinici e biologici [2]. Tra questi, il più usato in questo setting clinico, è senza dubbio il Khorana score [3], creato specificatamente per i pazienti ambulatoriali in chemioterapia (Tabella 1).

Schematicamente, le linee guida ASCO, recentemente revisionate [4], considerano tre possibili scenari di applicazione della tromboprofilassi farmacologica nel paziente neoplastico:
– l’ospedalizzazione per patologia internistica acuta
– la chemioterapia in setting ambulatoriale
– il periodo peri-operatorio

L’ospedalizzazione per patologia internistica acuta
Nel primo caso, la raccomandazione attuale è di adottare una profilassi farmacologica in assenza di elevato rischio emorragico o altre controindicazioni, in tutti i pazienti con neoplasia ospedalizzati per patologia medica acuta. Ad oggi, non vi sono studi clinici randomizzati dedicati sulla profilassi antitrombotica nei pazienti oncologici ricoverati in ospedale e le evidenze disponibili in questo contesto derivano dall’analisi dei sottogruppi di pazienti con cancro arruolati nei trial su pazienti internistici. Analogamente, i sistemi di stratificazione del rischio raccomandati in questo setting, come il Padua Prediction Score [5], non sono stati specificatamente validati in popolazioni di soli pazienti oncologici ed è stato dimostrato che la profilassi farmacologica al dosaggio standard (enoxaparina 40 mg, dalteparina 5000 UI, fondaparinux 2,5 mg), potrebbe non essere efficace per questa popolazione ad alto rischio [1].
Alcuni studi hanno validato il punteggio Khorana, creato per i pazienti ambulatoriali, come strumento per predire il TEV nei pazienti oncologici ospedalizzati [6] ma sono indispensabili ulteriori evidenze così come sono necessari studi per rivalutare il beneficio del prolungamento della profilassi farmacologica dopo la dimissione dall’ospedale, in considerazione del fatto che i pazienti oncologici rimangono, per definizione, ad alto rischio di TEV anche dopo il ricovero ospedaliero [1].

La chemioterapia in setting ambulatoriale
Nel secondo scenario, le linee guida ASCO si pronunciano a sfavore dell’utilizzo di una profilassi farmacologica di routine a tutti i pazienti ambulatoriali che ricevono chemioterapia ma raccomandano di riservarla ai soggetti ad alto rischio (punteggio Khorana maggiore o uguale a 2) utilizzando apixaban, rivaroxaban o eparina a basso peso molecolare (EBPM) a condizione che non vi siano significativi fattori di rischio per sanguinamento ed interazioni farmacologiche rilevanti, previa discussione con il pazienti dei rischi e dei benefici [2,4].
Questa raccomandazione deriva dai molti studi condotti su EBPM in cui il maggior beneficio clinico della profilassi è stato osservato nei pazienti con neoplasia pancreatica o ad alto rischio di TEV, e dai risultati dei più recenti studi AVERT e CASSINI, rispettivamente con apixaban 2.5 mg x 2/die e rivaroxaban 10 mg /die, in cui tutti i pazienti arruolati avevano un punteggio di Khorana maggiore o uguale a 2 [7,8].
Complessivamente, nei due trial, attraverso l’identificazione di una popolazione a più alto rischio trombotico, l’efficacia della profilassi anticoagulante è risultata associata ad un beneficio maggiore in termini assoluti (riduzione del rischio assoluto di TEV del 2.8% nello studio CASSINI e del 6% nello studio AVERT), rispetto a quello evidenziato in studi precedenti condotti su popolazioni meno selezionate.
Tuttavia, l’aumento del rischio emorragico evidenziato rende necessario un ulteriore miglioramento nella selezione dei pazienti, considerando magari altre variabili potenzialmente importanti e non attualmente contenute nello score di Khorana (es. tipo di chemioterapia, stadiazione delle neoplasie, pregresso TEV, fattori di rischio minori multipli).
Inoltre, occorre ricordare che in Italia apixaban e rivaroxaban sono autorizzati per la profilassi del TEV soltanto nel contesto della chirurgia protesica di anca e ginocchio.

Il periodo peri-operatorio
Per quanto riguarda invece il periodo peri-operatorio, nei pazienti oncologici sottoposti ad intervento chirurgico maggiore, le linee guida raccomandano fortemente la tromboprofilassi farmacologica con eparina non frazionata (ENF) o EBPM se non altrimenti controindicata. La profilassi dovrebbe essere iniziata prima dell’intervento e continuata per almeno 7-10 giorni; occorre inoltre considerare una profilassi estesa fino a 4 settimane nei pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia addominale o pelvica maggiore a cielo aperto o laparoscopica, con altri fattori di rischio, come mobilità limitataobesitàstoria di TEV [2,4].
Il recente aggiornamento delle linee guida ASCO [4] prevede che nei pazienti candidati a profilassi prolungata, in alternativa all’eparina, possano essere usate dosi profilattiche di rivaroxaban o apixaban dopo un periodo iniziale di EBPM o ENF. Questa raccomandazione deriva dall’analisi dei risultati di due recenti studi randomizzati controllati [9,10]. Il trial PROLAPS-II [9] ha confrontato rivaroxaban con placebo in 582 pazienti sottoposti a chirurgia laparoscopica per cancro colorettale: i pazienti hanno ricevuto EBPM dopo l’intervento e dopo circa 7 giorni sono passati a rivaroxaban al dosaggio profilattico, proseguito per 3 settimane.
L’endpoint primario (un composito di TEV sintomatico, trombosi venosa profonda asintomatica, o morte correlata a TEV nei primi 28 giorni dopo l’intervento chirurgico) si è verificato nell’1% dei pazienti nel braccio rivaroxaban e nel 3,9% dei pazienti nel braccio placebo (p= 0.03). Un sanguinamento maggiore si è verificato nello 0,7% dei pazienti nel braccio rivaroxaban ed in nessun paziente nel braccio placebo. La tromboprofilassi postoperatoria con apixaban versus enoxaparina è stata valutata invece in uno studio [10] randomizzato in aperto che ha incluso 400 pazienti sottoposti a intervento chirurgico per sospetto o confermato cancro ginecologico. Sono stati esclusi pazienti con storia di TEV, con uso a lungo termine di farmaci antinfiammatori non steroidei, in terapia con inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina o inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina, con anamnesi di grave malattia renale o epatica, o condizioni correlate ad elevato rischio di sanguinamento o ipercoagulabilità. I pazienti hanno ricevuto EBPM in prima giornata postoperatoria, con assegnazione casuale ad apixaban o enoxaparina entro la prima settimana dopo l’intervento chirurgico, quando ritenuto sicuro dal chirurgo. Il trattamento in studio è stato fornito per 28 giorni ed i pazienti sono stati seguiti per un totale di 90 giorni. Un sanguinamento maggiore si è verificato in un solo paziente in ciascun braccio dello studio; un sanguinamento non maggiore clinicamente rilevante si è verificato nel 5,4% dei pazienti nel braccio apixaban e nel 9,7% dei pazienti nel braccio enoxaparina (p= 0.11).
In questo studio l’incidenza di TEV rappresentava l’endpoint secondario, e si è verificato nell’1% dei pazienti del braccio apixaban e nell’1,5% dei pazienti nel braccio enoxaparina (p= 0.68). Sebbene la soddisfazione dei pazienti per la facilità di assunzione del farmaco sia stata significativamente più alta nel gruppo apixaban, è interessante notare che l’aderenza al regime profilattico è stata simile: 84,8% nel gruppo apixaban e l’83,7% nel gruppo enoxaparina [4]. Anche in questo caso, comunque, ci troviamo al di fuori del contesto della chirurgia protesica di anca e ginocchio pertanto questa indicazione delle linee guida non è applicabile nel nostro Paese.

Quali conclusioni

  • I pazienti con cancro sono ad aumentato rischio di TEV, per la presenza di molteplici fattori predisponenti (fattori di rischio correlati al paziente ed alla neoplasia stessa);
  • Il rischio di TEV può essere diverso nei vari sottogruppi della popolazione dei pazienti con neoplasia; per valutare il livello di rischio ed identificare i pazienti a “alto rischio” di trombosi, è raccomandato l’uso di “sistemi di punteggio” associati a marcatori clinici e di laboratorio;
  • In assenza di alto rischio di sanguinamento o altre controindicazioni, i pazienti oncologici ricoverati per una patologia internistica acuta devono ricevere una profilassi farmacologica;
  • In tutti i pazienti sottoposti a chirurgia maggiore per cancro è consigliata la profilassi anticoagulante per almeno 7-10 giorni con ENF o EBPM, estesa fino a 4 settimane in pazienti sottoposti a chirurgia addominale o pelvica ad alto rischio, potendo utilizzare, in quest’ultimo caso, anche rivaroxaban ed apixaban dopo un iniziale trattamento con eparina (tenendo presente che in Italia gli anticoagulanti diretti non sono autorizzati per questa indicazione);
  • La profilassi antitrombotica nei pazienti ambulatoriali in trattamento chemioterapico dovrebbe essere presa in considerazione sulla base della stratificazione del rischio trombotico mediante score di Khorana e valutandone i rischi ed i benefici con il paziente.

Tabella 1.  Khorana score

   Caratteristiche del paziente Punteggio
   Sede del cancro  
   – Rischio molto alto (stomaco, pancreas) 2
   – Alto rischio (polmone, linfoma, ginecologico, genitourinario, escluso prostata) 1
   Conta piastrinica ≥ 350,000 per mm3 1
   Conta leucocitaria > 11,000 per mm3 1
   Emoglobina  < 10 g/dL o uso di agenti stimolanti eritropoiesi 1
   BMI ≥ 35 kg/m2 1

Di Caterina Cenci e Domenico Prisco

Bibliografia

  1. Prisco D, Tufano A, Cenci C, et al. Position paper of the Italian Society of Internal Medicine (SIMI) on prophylaxis and treatment of venous thromboembolism in patients with cancer. Intern Emerg Med 2019;14 :21-38.
  2. Key N, Khorana AA, Kuderer NM, et al. Venous Thromboembolism Prophylaxis and Treatment in Patients With Cancer: ASCO Clinical Practice Guideline Update. J Clin Oncol 2020; 38:496-520.
  3. Khorana AA, Kuderer NM, Culakova E, et al. Development and validation of a predictive model for chemotherapy-associated thrombosis. Blood 2008; 111:4902–4907.
  4. Key N, Khorana AA, Kuderer NM, et al. Venous Thromboembolism Prophylaxis and Treatment in Patients With Cancer: ASCO Guideline Update. J Clin Oncol 2023; 41: 3063-3071.
  5. Barbar S, Noventa F, Rossetto V, et al. A risk assessment model for the identification of hospitalized medical patients at risk for venous thromboembolism: the Padua Prediction Score. J Thromb Haemost 2010; 8:2450–2457.
  6. Patell R, Rybicki L, McCrae KR, Khorana AA. Predicting risk of venous thromboembolism in hospitalized cancer patients: utility of a risk assessment tool. Am J Hematol 2017; 92:501–507.
  7. Carrier M, Abou-Nassar K, Mallick R et al; AVERT Investigators. Apixaban to prevent venous thromboembolism in patients with cancer. N Engl J Med 2019; 380:711-771.
  8. Khorana AA, Soff GA, Kakkar AK, et al; CASSINI Investigators. Rivaroxaban for Thromboprophylaxis in High-Risk Ambulatory Patients with Cancer. N Engl J Med 2019;380:720-728.
  9. Becattini C, Pace U, Pirozzi F, et al. Rivaroxaban vs placebo for extended antithrombotic prophylaxis after laparoscopic surgery for colorectal cancer. Blood 2022; 140: 900-908.
  10. Guntupalli SR, Brennecke A, Behbakht K, et al. Safety and efficacy of apixaban vs enoxaparin for preventing postoperative venous thromboembolism in women undergoing surgery for gynecologic malignant neoplasm: a randomized clinical trial. JAMA Netw Open 2020; 3:e207410.