Il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumentato riscontro di patologie quali l’ipertensione arteriosa, la malattia cardiovascolare, l’obesità, il diabete hanno portato all’individuazione in molti pazienti da sottoporre a trattamento anticoagulante, di malattia renale cronica silente (MRC).

La MRC induce profonde modificazioni del sistema emostatico e rappresenta una delle rare condizioni cliniche in cui è presente sia uno stato pro-trombotico che predispone ad un elevato rischio di tromboembolismo sia un’aumentata tendenza al sanguinamento.
È ben conosciuto che la ridotta funzione renale altera la biodisponibilità dei farmaci, riducendo la clearance delle molecole ed in modo significativo l’escrezione renale. Quindi è necessario identificare quale possa essere il farmaco da cui il paziente con MRC trae un effettivo beneficio: una più bassa incidenza di eventi tromboembolici contro l’elevato rischio di sanguinamento. I farmaci a disposizione sono diversi e ciascuno presenta un profilo di efficacia e di sicurezza, in molti casi tale profilo è legato alla funzione renale. La MRC è una sindrome clinica caratterizzata dal progressivo ed irreversibile deterioramento della funzione renale. Le Linee Guida dell’American College of Chest Physicians1 indicano la necessità, nella gestione del paziente a rischio tromboembolico, di riconoscere i pazienti portatori di una riduzione della funzione renale e dell’opportunità di stadiare la MRC. Suggeriscono un’attenta scelta della terapia e della dose dei farmaci anticoagulanti: eparine a basso peso molecolare (EBPM), fondaparinux e tutti i farmaci anticoagulanti eliminati per via renale, soprattutto nei pazienti anziani, nei portatori di diabete mellito e nei pazienti ad elevato rischio di sanguinamento. In questa situazione, raccomandano o l’esclusione dell’utilizzazione di farmaci anticoagulanti che possano accumularsi in corso di insufficienza renale o l’utilizzazione di una dose ridotta del farmaco o uno stretto follow-up del farmaco o del suo effetto anticoagulante.

Antagonisti della vitamina K

Il warfarin è il farmaco anticoagulante più comunemente prescritto al mondo. La terapia anticoagulante orale (TAO) con warfarin, nonostante i sicuri benefici, è però spesso sottoutilizzata per la complessità della gestione clinica e per le possibili complicanze emorragiche che con essa possono insorgere.
La MRC induce profonde modificazioni del sistema emostatico e rappresenta una delle rare condizioni cliniche in cui è presente sia uno stato pro-trombotico che predispone ad un elevato rischio di tromboembolismo sia un’aumentata tendenza al sanguinamento2. Alcuni studi hanno riportato l’effetto che la MRC indurrebbe sul warfarin, farmaco che abitualmente non sembra richiedere aggiustamenti posologici in corso di malattia renale3. È ben conosciuto che la ridotta funzione renale altera la biodisponibilità dei farmaci, riducendo la clearance delle molecole ed in modo significativo l’escrezione renale. Meno conosciuto è che la MRC possa ridurre significativamente la clearance non renale ed alterare la biodisponibilità di farmaci preferenzialmente metabolizzati per via epatica.
I pazienti con severa riduzione della funzione renale:

  1. richiedono quantità significativamente inferiori di warfarin;
  2. hanno maggior difficoltà a mantenere livelli adeguati di INR;
  3. sono a più elevato rischio di complicanze emorragiche.

Quindi in questi pazienti, il trattamento con warfarin dovrebbe essere iniziato a più bassi dosaggi e più strettamente monitorato rispetto alla popolazione generale. È necessario identificare i pazienti con MRC che possono trarre un effettivo beneficio dalla TAO: una più bassa incidenza di eventi tromboembolici contro l’elevato rischio di sanguinamento e l’aumentata possibilità di comparsa di calcificazioni vascolari.

Nuovi anticoagulanti orali

I Nuovi anticoagulanti orali (NAO), a parità di efficacia clinica rispetto agli antagonisti della vitamina K, presentano profili di sicurezza migliori per un più basso rischio di sanguinamento, sono a rapido inizio di azione e rapida eliminazione, vengono perciò impiegati con un dosaggio fisso e non richiedono il frequente monitoraggio laboratoristico. L’eliminazione dei NAO avviene per via renale: pari all’80% per il dabigatran, 33% per il rivaroxaban, 25% per l’apixaban, 50% per l’edoxaban e pertanto la il loro profilo di efficacia e sicurezza è legato alla funzione renale.
Nel follow-up del paziente in trattamento con NAO viene suggerito un controllo della funzione renale almeno una volta l’anno e secondo i seguenti intervalli: annualmente nei pazienti con tasso di filtrazione glomerulare (GFR) stadi I-II (GFR>60 ml/min); ogni sei mesi nei pazienti GFR stadio III, pazienti anziani o fragili (GFR 30-60 ml/min); ogni tre mesi nei pazienti GFR stadio IV (GFR< 30 ml/min)5.

Malattia renale cronica ed anticoagulanti parenterali

Eparina non frazionata
Nei pazienti con insufficienza renale acuta (IRA) ed insufficienza renale cronica (IRC) affetti da eventi trombotici acuti è preferibile l’utilizzazione di eparina non frazionata (UFH), sodica e calcica.
L’UFH presenta però importanti limitazioni farmacocinetiche che causano inadeguati livelli di anticoagulazione, richiedendo un assiduo monitoraggio del tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT). La notevole variabilità nei livelli di anticoagulazione rende necessario effettuare il ricovero del paziente in ospedale per affrontare il fatto acuto. L’UFH viene abitualmente utilizzata come anticoagulante del circuito extracorporeo nei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico cronico trisettimanale con possibile monitoraggio del tempo di coagulazione con il dosaggio dell’aPTT e con disponibilità di un antidoto, il solfato di protamina. Persiste però un’attività anticoagulante al termine della seduta emodialitica, anche se non tale da determinare un aumento dell’arresto dell’emorragia a livello degli accessi vascolari; si consiglia pertanto di posticipare di almeno dodici ore eventuali interventi o procedure invasive rispetto al trattamento emodialitico, oppure se non è possibile, effettuare un trattamento senza eparina.

Eparina a basso peso molecolare
Le EBPM hanno le stesse indicazioni dell’UFH, profilassi del tromboembolismo venoso in ortopedia, chirurgia generale e nel paziente medico; terapia del tromboembolismo venoso; sindromi coronariche acute, ma con indubbia maggior maneggevolezza, che ne permette la somministrazione sottocutanea in dosi fisse, adattate al peso del paziente, alcune volte anche in mono somministrazione, senza la necessità di un routinario monitoraggio laboratoristico.
Le EBPM presentano una farmacocinetica caratterizzata da una emivita di circa 3-6 ore, emivita prolungata in corso di insufficienza renale. L’escrezione avviene a livello renale, prevalentemente come farmaco immodificato. La durata d’azione appare particolarmente protratta, rivelandosi attività anti- Xa anche a 24 ore dalla somministrazione.
Per monitorare le EBPM è necessario dosare il fattore anti-Xa, analisi non ancora di routine sia nei reparti che nei laboratori6. L’eliminazione avviene esclusivamente a livello renale e quindi l’accumulo in pazienti con GFR < 30 ml/min risulta elevato rispetto all’UFH che presenta eliminazione epatica oltre che renale.
È stato segnalato un rischio di sanguinamento maggiore in corso di terapia con EBPM con tasso di filtrazione glomerulare (GFR) < 30 ml/min7. Per questo motivo l’utilizzazione dell’EBPM in pazienti con GFRLe Linee Guida dell’American College of Cardiology/American HeartAssociation8 suggeriscono che qualora vengano scelte le EBPM nei pazienti con GFR Mentre nei pazienti sottoposti ad emodialisi cronica trisettimanale l’EBPM è spesso utilizzata efficacemente come anticoagulante del circuito extracorporeo, con modificazioni farmacocinetiche che non sembrano essere clinicamente rilevanti. Sembra comunque ragionevole suggerire l’utilizzo indifferente di UFH o di come anticoagulante del circuito extracorporeo nei pazienti in trattamento emodialitico.

Il pentasaccaride
Il pentasaccaride di sintesi Fondaparinux, inibitore selettivo del fattore Xa, viene utilizzato principalmente per la prevenzione ed il trattamento della TVP. L’ eliminazione avviene principalmente a livello renale, prevalentemente come farmaco immodificato. Presenta una emivita più prolungata, 17-20 ore, rispetto a LMWH. I pazienti con GFR devono essere trattati con cautela per un aumentato rischio di sanguinamento. Per valori di GFR <30 ml/min l’uso di Fondaparinux appare controindicato. Per valori di GFR < a 50 ml/min, viene consigliato in monosomministrazione al dosaggio di 1.5 mg. In uno studio di Turpie et al.9 sono riportati i dati di farmacocinetica e clinici che indicherebbero l’uso di Fondaparinux in monosomministrazione al dosaggio di 1.5 mg nei pazienti con ridotta funzione renale nella prevenzione di TVP, dati che supportano l’uso del farmaco sotto il profilo della efficacia e della sicurezza nel rischio di insorgenza di sanguinamento. Anche nello Studio FONDAIR10, effettuato in pazienti con età superiore a 60 anni, con problematiche mediche che ne rendevano necessaria l’ospedalizzazione, portatori di tradizionali fattori di rischio per TVP e ridotta funzione renale, la somministrazione di un più basso dosaggio di Fondaparinux si è rivelato indicato in termini di efficacia e sicurezza, con bassa incidenza degli eventi di sanguinamento.

Bibliografia

  1. Geerts WH, Bergqvist D, Pineo GF, Heit JA, Samama CM, Lassen MR, Colwell CW. Prevention of venous thromboembolism: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines (8th Edition). Chest 2008; 133: S 381-453.
  2. Reinecke H, Brand E, Mesters R, Schabitz WR, Fisher M, Pavenstadt H, Breithardt G. Dilemmas in the management of atrial fibrillation in chronic kidney disease. Am Soc. Nephrol 2009; 20: 705-11.
  3. Limdi NA, Limdi MA, Cavallari L. Warfarin dosing in patients with impaired kidney function. Am J Kidney Dis. 2010; 56(5):823-31.
  4. Cozzolino M, Brandenburg V. Warfarin:to use or not to use in chronic kidney disease patients? J Nephrol 2010; 23(6): 648-52.
  5. Heidbuchel H, Verhamme P, Alings M, Antz M, Hacke W, Oldgren J, Sinnaeve P, Camm AJ, Kirchhof P. EHRA practical guide on the use of new oral anticoagulants in patients with non-valvular atrial fibrillation: executive summary. Eur Heart J 2013; 34(27); 2094-110.
  6. Samama MM, Poller L. Contemporary laboratory monitoring of low molecular weight heparins. Clin Lab Med 1995; 15: 119-23.
  7. Lim W, Dentali F, Eikelboom JW, Crowther MA. Metaanalysis: low molecular weight heparin and bleeding in patients with severe renal insufficiency. AnnInternMed 2006; 144 (9): 673-84.
  8. Garcia DA, Baglin TP, Weitz JI, Samama MM. Parenteral anticoagulants: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012; 14(2): S 24-43.
  9. Turpie AGG, Lensing AWA, Takeshi F, Boyle DA. Pharmacokinetic and clinical data supporting the use of fondaparinux 1.5 mg once daily in the prevention of venous thromboembolism in renally impaired patients. Blood Coagulation and Fibrinolysis 2009; 20: 114-21.
  10. Ageno W, Riva N, Noris P, Di Nisio M, La Regina M, Arioli D, Ria L, Monzani V, Cuppini S, Lupia E, GiorgiPierfranceschi M, Dentali F. Safety and efficacy of low-dose fondaparinux (1.5 mg) for the prevention of venous thromboembolism in acutely ill medical patients with renal impairment: the FONDAIR study. J ThrombosisHaemost 2012; 10: 2291-97.