Gli amministratori regionali della Sanità capiranno mai che una buona qualità di conduzione della terapia anticoagulante è fondamentale per la salute dei pazienti, ma anche per i costi della sanità?
In questa nota ci riferiamo all’anticoagulazione cronica fatta con tradizionali farmaci antivitamina K (ma sarà opportuno affrontare lo stesso tema anche per quella fatta con i “nuovi” anticoagulanti orali diretti).
Molte Sanità Regionali fanno di tutto per chiudere Centri TAO, Centri Trombosi o simili, nella convinzione (sbagliata) che il management di pazienti in TAO possa essere fatto da qualsiasi medico laureato, anche senza un’adeguata formazione ed esperienza. Purtroppo per loro e soprattutto per i pazienti, le cose non stanno così.
Il management da parte di personale non esperto (anche i MMG possono diventare esperti, ma solo con adeguata formazione ed esperienza sul campo) si traduce in una qualità non ottimale della terapia (alta percentuale di tempo trascorso sotto o sopra il range terapeutico – l’ottimale è circa il 70% del tempo trascorso nel range terapeutico di 2,0-3,0 INR).
Nella presente newsletter presentiamo due recenti lavori scientifici (di cui uno italiano) che dimostrano un chiaro rapporto tra qualità della terapia e la protezione o mancata protezione da complicanze cliniche: più tempo è trascorso fuori dal range terapeutico e più frequenti sono le complicanze, sia per quanto riguarda il rischio emorragico della terapia (dovuto spesso a un’eccessiva anticoagulazione), che in termini di eventi cardiovascolari, di rischio di ictus e persino di demenza e danno cognitivo in pazienti con fibrillazione atriale (quando il livello di anticoagulazione non sia sufficiente).
Il potenziale danno personale dei pazienti trattati malamente (cosa che ci interessa maggiormente), ma anche i costi sociali e sanitari dovuti ad una scadente qualità della conduzione della TAO, tutto questo dovrebbe essere la prima preoccupazione degli amministratori; le cose però non vanno così!
Loro guardano ai costi del Centro TAO, ma non alle complicanze che conseguono alla loro chiusura. Prima di prendere decisioni organizzative che comportano potenziali conseguenze sanitarie estremamente negative (in genere la tendenza è quella di chiudere l’attività dei Centri e lasciare tutta questa materia ai medici di medicina generale), amministratori saggi dovrebbero calcolare e tenere in considerazione i dati scientifici inoppugnabili oggi disponibili.
Basta con la faciloneria e la superficialità di certi amministratori: quasi un milione di persone sono a rischio di un trattamento non adeguatamente protettivo!