In un venerdì sera di dicembre un uomo di 88 anni si trova in Pronto soccorso: è stato mandato dal suo medico di medicina generale (MMG), in seguito a un referto specialistico in cui veniva segnalata una fibrillazione atriale.
“Ero al lavoro alle 7 di sera e mi sono reso conto di questa persona che stava attendendo da due ore per “visita Centro trombosi per prescrizione terapia anticoagulante” – racconta Walter Ageno, responsabile del Pronto Soccorso dell’ospedale di Circolo dell’ASST Sette Laghi – Il paziente presentava un’importante insufficienza renale e quindi la sua gestione non era semplicissima. Il referto del cardiologo, poi, risaliva a 10 giorni prima”.
Scomponendo i vari passaggi per cercare di capire che cosa non ha funzionato in questa gestione, Ageno inizia proprio dallo specialista in cardiologia: “Una volta che il referto è disponibile, questo dovrebbe arrivare direttamente al computer del MMG che ha in carico il paziente, senza che sia quest’ultimo a doverlo portare fisicamente, con tutte le difficoltà che ci sono in questo periodo per l’accesso agli studi dei MMG”.
Secondo passaggio: “Una volta attestata la problematica, il MMG dovrebbe conoscere i percorsi esistenti sul territorio: non è una buona idea mandare un paziente in Pronto soccorso per organizzare una visita ambulatoriale e non va bene inviarlo il venerdì sera, quando nessuno del Centro trombosi l’avrebbe preso in carico”.
Terzo punto: “Dobbiamo aumentare e migliorare la comunicazione tra ospedale e territorio: negli ultimi anni c’è stato un importante turnover dei medici di medicina generale ed è venuta meno la conoscenza personale. Un tempo, all’interno della nostra azienda, noi potevamo organizzare degli incontri per coinvolgere i MMG e spiegare come funzionano i Centri specialistici. Ora non possiamo più farlo ma dobbiamo attendere di essere invitati da loro. È complicato riuscire a mantenere i rapporti, anche all’interno della stessa azienda”.
In una sanità che sempre più sposterà sul territorio il trattamento dei pazienti cronici, è fondamentale che questa comunicazione ci sia, prima di tutto nell’interesse del paziente. Se un episodio del genere si verifica in uno dei migliori ospedali d’Italia, con un Centro specialistico che funziona bene, che cosa succede altrove?