Natale, tempo di brindisi. Se dopo l’articolo del Lancet temete gli effetti nefasti dell’alcol, vi consigliamo di leggere questo interessante contributo del Prof. Prandoni e del Prof. Ciavarella. Prosit!

Non si è ancora spenta l’eco della campagna recentemente scatenata dal Lancet contro l’uso dell’alcool in qualunque forma ed a qualunque dose, che ha letteralmente sconvolto le conoscenze che negli ultimi decenni avevano sorprendentemente rivalutato il consumo di una moderata quantità di vino al pasto, soprattutto se inserita nel contesto di una dieta sana.

Alla fine di ottobre mi trovavo a Barletta, ospite di Nicola Ciavarella. Già direttore del Centro Emofilia e Trombosi del Policlinico di Bari, continua a svolgere una feconda attività promozionale ed educativa nella ‘sua’ Puglia. Autorevole esperto nel campo dell’emostasi e della trombosi, è anche un appassionato nutrizionista nonché sostenitore della dieta mediterranea. Mi trovavo dunque a cena con lui in un ristorante di Barletta la sera prima del convegno da lui organizzato, e gustavamo piatti tipici della cucina pugliese, rallegrati da uno splendido rosso salentino. L’occasione è stata ghiotta per chiedergli un parere sulla ‘vexata questio’ del rapporto tra alcool e salute. Ha accettato l’invito e scritto per noi la breve nota sottostante, da cui emerge la sua competenza non disgiunta da buon senso e raffinata arguzia.


Dai tempi dell’arca di Noè, dai tempi dei Greci e dei Romani il vino è stato considerato il “nettare degli Dei”. Negli ultimi decenni gli studi relativi all’alimentazione mediterranea hanno mostrato che uno-due bicchieri di vino rosso al dì sono da considerare benéfici, in sinergia con gli altri alimenti della dieta mediterranea, nel contrastare le malattie cardiovascolari ed altre malattie metaboliche, tra cui il diabete. Alcuni studi condotti da Autori italiani ed una recente meta-analisi di 34 studi internazionali dedicati hanno confermato che l’uso moderato di vino consumato ai pasti principali è protettivo per la salute umana1.

Del tutto inaspettatamente, tra aprile e settembre la doccia fredda della rivista inglese. In aprile un’analisi di 600.000 bevitori arruolati in 83 studi prospettici ha fallito nel tentativo di individuare una dose minima protettiva di alcool2. In settembre uno studio condotto da un consorzio di ricercatori sull’alcool con acronimo GBD (Global Bunden of Diseases) dal 1990 al 2016 in 195 paesi al mondo ha concluso che l’alcool contribuisce in misura dipendente dalla quantità assunta alla mortalità ed alla disabilità (di cui rappresenta in assoluto il settimo fattore di rischio) e peggiora la prognosi di almeno 23 stati di malattia 3. Da una serie di analisi multivariate dirette ad escludere il ruolo di fattori confondenti l’alcool è risultato indipendemente responsabile del 2.0% della mortalità femminile e del 6.8% di quella maschile. Queste percentuali erano virtualmente raddoppiate nei soggetti di età compresa compresi tra 15 e 50 anni. Veniva sottolineata l’importanza di abitudini dannose di giovani adolescenti, quale quella di bere 200-300 g di alcool (vino o birra) durante il fine settimana (il cosiddetto ‘binge drinking’). Ne emergeva il contributo negli atti criminosi e negli incidenti automobilistici. Un editoriale di accompagnamento titolava in modo da non lasciare proprio dubbi “No level of alcohol consumption improves health”, cioè solo la totale astensione dall’alcool può migliorare la salute! 4.

Come si possono conciliare questi risultati con quelli delle tante ricerche che avevano mostrato i benefici dell’alcool, e soprattutto del vino assunto a dosi moderate nel contesto dell’alimentazione mediterranea? Vari studi approfonditi hanno mostrato che il consumo di vino a dosi moderate e durante i pasti principali riduce il rischio di mortalità prematura1. Come si evince dalla figura ricavata da una recente lettera inviata al Lancet dai maggiori promotori di questi studi5, la mortalità risulta ridotta nella popolazione di coloro che bevono vino, secondo una curva di risposta a forma di J, dove il tratto breve in basso rappresenta le dosi basse (50-100 grammi a settimana) senza alcun rischio, mentre la parte alta rappresenta l’incremento del rischio corrispondente all’aumento della dose (curva non lineare). In base a quest’analisi, l’esclusione dei ‘non-drinkers’ negli studi pubblicati sul Lancet priverebbe di una informazione essenziale la valutazione dell’associazione dell’alcool con potenziali rischi, e di fatto ne negherebbe la validità.


Figure: Shape of association of usual alcohol consumption with various risks5

Il gruppo di studio di Pozzilli (Isernia) chiamato MOLI-SANI, capeggiato da Giovanni De Gaetano ha potuto mostrare il rigore scientifico, etico e salutare della Dieta Mediterranea, che è stata riconosciuta patrimonio immateriale dell’Umanità nel 2010. Essa comprende nell’alimentazione il vino a dosi moderate, che rappresenta un vantaggio per l’umanità1,5. A chiarimento di questo risultato protettivo del vino negli studi sulla dieta mediterranea, gli autori molisani, in un recente Convegno a Napoli a cui ho partecipato hanno mostrato con una simulazione statistica che l’influenza globale della dieta mediterranea sulla mortalità verrebbe a ridursi di circa il 10% se venisse sottratto l’effetto del vino. Ciò avverrebbe sia per le malattie cardiovascolari che per il diabete.

Facendo un salto all’indietro nella storia del vino, il 21 ottobre di questo anno, nel domenicale del Sole 24 Ore è uscita una pagina intera dedicata all’Encomio del vino “Laus Vini”, di un tale Michele Psello, dotto bizantino, scritto nel 1042, che recita: “Io credo che il vino è quanto di meglio gli uomini hanno trovato per il loro sostentamento e, risultando massimamente utile, a noi soli, in particolare la natura lo ha assegnato (o piuttosto Dio che ha creato la natura). Il vino è una cosa buona in ogni occasione e per tutti: per chi è di buon umore è un ausilio all’intensificazione dell’allegria; è buono per chi è sano, per la conservazione della salute; è una cura per chi è malato. Niente senza il vino, né feste nuziali, né banchetti, nè conviti, né divertimenti, né svaghi. Il vino rallegra il cuore, incita alla gratitudine, muove al canto, genera commozione e richiama le lacrime che rendono propizio Dio”. Più avanti ribadisce “Il vino è la cosa più nobile e insieme la più amabile e la più idonea per la cura del nostro corpo”.

Ecco, forse le cose non stanno esattamente così, ma credo che sia difficile confutare l’opinione che una moderata quantità di vino ai pasti, nel contesto di una sana dieta mediterranea, sia per lo meno innocua, e più probabilmente salutare.

In conclusione: l’alcool può danneggiare la salute fino a mettere a rischio la vita se se ne fa un uso scorretto, ma un suo uso corretto può prolungare la vita e migliorarne la qualità.



BIBLIOGRAFIA

  1. Di Castelnuovo A, Costanzo S, Bagnardi V, Donati MB, Iacoviello L, de Gaetano G. Alcohol dosing and total mortality in men and women: an updated meta-analysis of 34 prospective studies. Arch Intern Med 2006;166:2437–45.
  2. Wood AM, Kaptoge S, Butterworth AS, et al. Risk thresholds for alcohol consumption: combined analysis of individual-participant data for 599 912 current drinkers in 83 prospective studies. Lancet 2018;391:1513–23.
  3. GBD 2016 Alcohol Collaborators. Alcohol use and burden for 195 countries and territories, 1990-2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016. Lancet 2018;392:1015-35.
  4. Burton R, Sheron N. No level of alcohol consumption improves health. Lancet 2018;392:987-8. 5
  5. Astrup A. Costanzo S, De Gaetano G. Risk thresholds for alcohol consumption. Lancet 2018:392:2165-6.