Questo aumento del rischio è legato sia alle caratteristiche del tumore, che può liberare sostanze che aumentano la coagulabilità del sangue e danneggiare le pareti dei vasi, sia alle terapie (chemioterapia e chirurgia).

Dal 5 al 20% di tutti i pazienti con tumore sviluppa un evento trombotico nel corso della malattia . Ma, nei confronti del tromboembolismo venoso (TEV), non tutte le neoplasie sono uguali. A maggiore rischio sono infatti le neoplasie a carico di pancreas, stomaco, cervello, rene, ovaio ed i tumori del sangue (linfomi, alcune leucemie e mieloma multiplo).

Tuttavia, il verificarsi o meno dell’evento trombotico dipende anche da altre caratteristiche sia della malattia (stadio, presenza di metastasi), che del paziente (immobilità, storia personale o familiare di trombosi, presenza di trombofilia, di obesità o di altri fattori dii rischio cardiovascolare), che delle terapie messe in atto (tipo di chemioterapia, terapia ormonali o chirurgia).

Come succede anche in assenza di neoplasia, una adeguata attività motoria ed una corretta alimentazione ed idratazione sono strumento importanti per ridurre il rischio di trombosi venosa. Tuttavia, in alcuni casi il rischio individuale del singolo paziente potrebbe essere ritenuto troppo elevato, soprattutto quando viene iniziata una chemioterapia, ed il medico potrebbe ritenere necessaria un trattamento preventivo con farmaci antitrombotici (“profilassi”).

In ogni caso è importante che chi ha una neoplasia in corso (ma anche nei primi mesi dopo la chemioterapia) stia particolarmente attento ai sintomi che possono suggerire la presenza di una trombosi venosa profonda o di una embolia polmonare al fine di ricevere una diagnosi ed una terapia tempestiva.