Poiché la patologia tumorale determina uno stato di ipercoagulabilità del sangue, ulteriormente favorito dalle terapie mediche (chemio, immuno od ormonoterapie) e chirurgiche, non stupisce che un episodio di tromboembolismo venoso (TEV) possa arrivare ad interessare fino al 20% dei pazienti con alcune neoplasie (ad esempio pancreatiche), soprattutto se in fase avanzata (metastatiche) ed in corso di trattamento antineoplastico.
Infatti, la localizzazione della neoplasia primitiva, lo stadio del tumore, le caratteristiche del paziente ed il tipo di trattamento sono tutti elementi che influenzano il rischio trombotico. Ma non va dimenticato che la presenza di tumore pone il paziente anche a più elevato rischio emorragico rendendo particolarmente complessa la gestione delle terapie anticoagulanti.
Tumore e rischio di tromboembolismo venoso
I tumori a maggior rischio di TEV sono quelli di pancreas, stomaco, vie biliari ed encefalo, seguiti da polmone, colon retto, rene, ovaio, sarcoma, linfoma e mieloma. Lo stadio della malattia influenza significativamente il rischio trombotico, che aumenta di quattro volte in caso di neoplasia metastatica (1).
Il TEV, che può interessare l’arto superiore sede di catetere venoso centrale, può complicare anche il decorso delle leucemie acute, in particolare della leucemia linfocitica acuta e della leucemia mieloide acuta (1). Inoltre, un episodio di trombosi venosa profonda, soprattutto se “atipica” (ad esempio in sede splancnica) può essere il sintomo di esordio di alcune malattie mieloproliferative (in particolare JAK2 positive) (1).
Tra I fattori di rischio legati al paziente vi sono un precedente episodio di TEV, l’obesità, l’immobilizzazione, la recente ospedalizzazione e la presenza di concomitanti fattori di rischio cardiovascolare. Non va dimenticato inoltre che la presenza di neoplasia aumenta, seppure in misura inferiore rispetto al TEV, anche il rischio di trombosi arteriosa.
Tumore e profilassi del tromboembolismo venoso
Poiché la presenza di patologia neoplastica porta con sé un rischio non solo trombotico (che varia moltissimo a seconda della patologia, dello stadio, delle terapie in corso e delle caratteristiche del paziente) ma anche emorragico, la decisione su quali pazienti ambulatoriali candidare ad una profilassi farmacologica è particolarmente complessa.
Infatti, se la profilassi in caso di ricovero ospedaliero o di intervento chirurgico è raccomandata chiaramente, in caso di paziente ambulatoriale che inizia una terapia antineoplastica le variabili in gioco (compresa la preferenza del paziente e l’attuale disponibilità, in Italia, solo di farmaci iniettivi per questa indicazione) sono talmente numerose che, nonostante siano stati validati numerosi score per la valutazione del rischio trombotico, la ricerca di uno strumento ottimale, possibilmente che tenga conto delle caratteristiche genetiche e molecolari della neoplasia e di biomarcatori specifici, è ancora in corso.
Lo score validato per primo ed impiegato negli studi clinici randomizzati controllati sulla profilassi con i DOAC è lo score di Khorana (KS) che si basa sul tipo di tumore, salcuni parametri ematici (emoglobina, piastrine, e GB) e sul peso corporeo. Il KS è utilizzato in diverse linee guida per orientare le indicazioni (2,3,4,5).
Secondo le linee guida ASCO, ESMO e AIOM 2024, può essere presa in considerazione una profilassi farmacologica con eparina a basso peso molecolare (EBPM), apixaban o rivaroxaban nei pazienti ambulatoriali che iniziano una chemioterapia con KS ≥2 o, comunque, con un rischio di TEV >8-10% a sei mesi. Questo rischio secondo le linee guida ESMO, può essere calcolato anche con il normogramma Vienna CAT (che considera il tipo di tumore e il D-dimero) o lo score COMPASS -CAT (che tiene conto anche di alcune terapie, dello stadio tumorale e di alcuni fattori di rischio legati al paziente). Indicazioni specifiche riguardano il paziente con mieloma multiplo in terapia con talidomide o lenalidomide e/o desametasone (3,4,5).
Tuttavia, la decisione va discussa e condivisa con il paziente, anche alla luce del fatto che, benché le linee guida internazionali prevedano la possibilità di utilizzare sia EBPM che anticoagulanti orali diretti (apixaban e rivaroxaban) per la profilassi primaria nei pazienti ad alto rischio che iniziano un trattamento antitumorale, in Italia è autorizzata per la profilassi (che non riguardi la chirurgia ortopedica) solo la terapia iniettiva con eparina.
Tutte le EBPM (enoxaparina, tinzaparina, seleparina, bemiparina, parnaparina) sono prescrivibili in Italia per questa indicazione se KS ≥3 (legge 648/96). Tinzaparina ed enoxaparina (quest’ultima solo biosimilare, come da determina AIFA 899 del 19/12/22) hanno indicazione specifica, in scheda tecnica, per la profilassi ed il trattamento prolungato della tromboembolia venosa e prevenzione delle recidive in pazienti adulti con neoplasia attiva.
Trattamento del tromboembolismo venoso associato a cancro
Diverso il discorso del trattamento del TEV, per il quale sono prescrivibili, anche nel nostro paese gli anticoagulanti orali diretti anti-Xa.
Sostanzialmente, le più recenti linee guida sono concordi nell’indicare EBPM, eparina non frazionata (UFH), fondaparinux, apixaban e rivaroxaban come alternative terapeutiche per il TEV in fase acuta (primi 5-10 giorni). Tuttavia, le linee guida italiane (AIOM 2024) sottolineano che “le EBPM possono essere considerate lo standard terapeutico per la terapia iniziale del TEV, mentre ENF e fondaparinux rappresentano potenziali alternative”, nonostante possa essere preso in considerazione anche il trattamento con DOAC (apixaban e rivaroxaban) (5).
Il trattamento per i primi 6 mesi, dopo la fase acuta iniziale, include EBPM, apixaban, edoxaban o rivaroxaban che sono preferiti rispetto agli anti vitamina K (AVK) (2,3,4,5,6).Negli ultimi anni, sei studi randomizzati controllati, riassunti in una recente metanalisi, hanno documentato come i DOAC antiXa (il dabigatran non è stato studiato in questa categoria di pazienti) possano costituire una valida alternativa in pazienti con CAT selezionati (efficacia almeno paragonabile alle eparine, profilo di sicurezza inferiore solo in certe neoplasie, come quelle endoluminali, e tipologie di pazienti) (7).
Il trattamento esteso dopo i primi 6 mesi dovrebbe essere considerato nei pazienti con cancro attivo (ad esempio per la presenza di metastasi e/o terapie antineoplastiche in corso) con frequente rivalutazione del rapporto rischio beneficio (2,3,4,5,6). Nonostante vi sia il consenso degli esperti su questa indicazione, a causa dell’alto rischio di recidiva del paziente con neoplasia attiva, la forza della raccomandazione è inevitabilmente debole poiché gli studi clinici a disposizione su efficacia e sicurezza delle terapie anticoagulanti dopo i primi sei mesi di terapia sono pochi e riguardano sostanzialmente le EBPM (8,9). Pochi i dati a disposizione sui DOAC (studio EVE, SELECT D 12 mesi), anche se promettenti; tuttavia, sono attesi i risultati dello studio API-CAT, attualmente in corso.
In ogni caso, nel trattamento della CAT la scelta terapeutica deve considerare importanti elementi come la sede della neoplasia. Ad esempio, poiché le neoplasie gastrointestinali o uroteliali non resecate presentano un maggior rischio di sanguinamento con alcuni DOAC, le linee guida ESMO consigliano di preferire le EBPM in questi casi, così come in tutte le situazioni a maggior rischio di sanguinamento gastrointestinale (ulcere, mucositi ecc). Analogamente, può essere necessario ricorrere alla terapia con EBPM in caso di assunzione di farmaci antineoplastici potenzialmente interferenti con i DOAC (forti induttori e inibitori della P-glicoproteina o CYP3A) (4,10).
Per la maggiore maneggevolezza (breve emivita, possibilità di modulare il dosaggio, sostanziale assenza di interazioni farmacologiche, eliminazione prevalentemente reticoloendoteliale di alcune molecole), le eparine possono essere preferite, oltre che nelle situazioni che compromettono l’assorbimento intestinale come nausea e vomito, anche in altre condizioni come la piastrinopenia (4,10).
Piastrinopenia a trattamento anticoagulante
La piastrinopenia è una complicanza frequente nel paziente neoplastico, dovuta sia all’invasione midollare che alla chemioterapia, che rende particolarmente rischioso iniziare o portare avanti una terapia anticoagulante in caso di TEV. Per aiutare i clinici ad affrontare questa complessa condizione sono state pubblicate delle linee guida dedicate, illustrate dalla prof.ssa Anna Falanga durante l’8° convegno di Fondazione Arianna Anticoagulazione (11,12).
Le indicazioni, basate principalmente sull’opinione di esperti per la carenza di evidenze (difficilmente ottenibili) prevedono una modifica della condotta terapeutica quando la conta piastrinica è persistentemente inferiore alle 50.000 /mm3. In questo caso i DOAC sono controindicati e il dosaggio dell’EBPM può essere modulato in base al livello di piastrinopenia e rischio di progressione della trombosi (massimo nel primo mese dall’insorgenza di TEV). In caso di condizioni particolarmente severe possono essere prese in considerazione la trasfusione piastrinica associata a terapia a dosaggio pieno o il posizionalemento di filtro cavale (11,12).
Bibliografia
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- Lyman GH, Carrier M, Ay C, et al. American Society of Hematology 2021 guidelines for management of venous thromboembolism: prevention and treatment in patients with cancer [published correction appears in Blood Adv. 2021 Apr 13;5(7):1953. doi: 10.1182/bloodadvances.2021004734]. Blood Adv. 2021;5(4):927-974. doi:10.1182/bloodadvances.2020003442
- Key NS, Khorana AA, Kuderer NM, et al. Venous Thromboembolism Prophylaxis and Treatment in Patients With Cancer: ASCO Guideline Update. J Clin Oncol. 2023;41(16):3063-3071. doi:10.1200/JCO.23.00294
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- Stevens, S.M., et al., Antithrombotic Therapy for VTE Disease: Second Update of the CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest, 2021. 160(6): p. e545-e608
- Frere C, Farge D, Schrag D, Prata PH, Connors JM. Direct oral anticoagulant versus low molecular weight heparin for the treatment of cancer-associated venous thromboembolism: 2022 updated systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. J Hematol Oncol 2022;15(1):69.
- Francis CW, Kessier M, Goldhaber SZ, et al. Treatment of venous thromboembolism in cancr patientswith dalteparin for up to 12 months: tha Daltecan Study. J Thromb Haemost. 2015; 13:1028-35.
- Jara-Palomares L, Solier-Lopez A, Elias-Hernandez T, et al. Tinzaparin in cancer associated thrombosis beyond 6 months: TiCAT study. Thromb Res. 2017; 157:90-6
- Carrier M, Blais N, Crowther M, et al. Treatment Algorithm in Cancer-Associated Thrombosis: Updated Canadian Expert Consensus. Curr Oncol. 2021;28(6):5434-5451. Published 2021 Dec 18. doi:10.3390/curroncol28060453
- Falanga A, Leader A, Ambaglio C, et al. EHA Guidelines on Management of Antithrombotic Treatments in Thrombocytopenic Patients With Cancer. Hemasphere. 2022;6(8):e750. Published 2022 Jul 13. doi:10.1097/HS9.0000000000000750
- Samuelson Bannow BT, Lee A, Khorana AA, et al. Management of cancer-associated thrombosis in patients with thrombocytopenia: guidance from the SSC of the ISTH. J Thromb Haemost. 2018;16(6):1246-1249. doi:10.1111/jth.14015
Trattamento CAT -modificato da Key NS. J Clin Oncol. ASCO 2023; Falanga A. Ann Oncol. ESMO 2023
Linee guida ASCO 2023 (3) | Linee guida ESM0 2023 (4) | |
Primi 5-10 gg | L’anticoagulazione iniziale può avvalersi di EBPM, eparina non frazionata (ENF), fondaparinux, rivaroxaban, or apixaban. In caso di terapia parenterale è da preferire EBPM ad ENF se ClCr>30 mL/min (alto livello di evidenza, raccomandazione forte) | EBPM, ENF, fondaparinux, apixaban o rivaroxaban sono trattamenti raccomandati per la fase acuta [I, A]. EBPM è da preferire rispetto a ENF o fondaparinux [V, A]. ENF può essere presa in considerazione in pazienti con severa insufficienza renale (CrCl <30 ml/min) [IV, C]. |
Lungo termine (<6 mesi) |
Per l’anticoagulazione a lungo termine, EBPM, edoxaban, rivaroxaban o apixaban per almeno 6 mesi sono preferibili agli AVK per via della loro migliore efficacia. Gli AVK possono essere utilizzati se EBPM o inibitori diretti del fattore Xa non sono accessibili. | L’anticoagulazione a lungo termine per almeno 6 mesi include EBPM, apixaban, edoxaban o rivaroxaban che sono preferiti rispetto agli AVK [I, A]. Gli AVK possono essere utilizzati se EBPM o inibitori diretti del fattore Xa non sono accessibili [IV, C] |
Trattamento esteso (oltre i primi 6 mesi) |
Il trattamento esteso con EBPM, inibitori diretti del fatt Xa or VKAs dovrebbe essere offerto a pazienti selezionati con cancro attivo (Consenso informale, bassa qualità delle evidenze, forza della raccomandazione da debole a moderata) | Il trattamento esteso con EBPM, apixaban, edoxaban, rivaroxaban or VKAs dovrebbe essere considerato per I pazienti con cancro attivo in cui il rischio di trombosi superi quello emorragico [III, B] |