Condividi su:

Paracelso sosteneva già nel XVI secolo che “qualsiasi sostanza è velenosa e nessuna è priva di capacità venefica: solo la DOSE non rende velenosa la sostanza”, ponendo uno dei principi fondanti della tossicologia. L’argomento è di particolare importanza quando si tratta di stabilire quali farmaci possano essere assunti, a quale dosaggio e per quanto tempo in pazienti “fragili” e/o che presentino un rischio aumentato di sviluppare effetti collaterali.

I pazienti anticoagulati conoscono bene questa situazione, specialmente coloro che assumono gli antagonisti della vitamina K (AVK), per i quali vi è una lunga lista di farmaci a cui prestare particolare attenzione a causa delle potenziali interferenze. Seppur in minor misura, ciò rimane vero anche i pazienti in terapia con i farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC) o l’eparina.

La categoria di farmaci interferenti che da sempre crea più timore e preoccupazione nei pazienti anticoagulati, e nei medici che li curano, è quella degli anti-infiammatori non steroidei (FANS), che vengono comunemente utilizzati per il trattamento del dolore e degli stati infiammatori e/o febbrili. La dimensione del problema è ancora maggiore se si considera che alcuni FANS possono essere acquistati anche senza necessità di ricetta medica.

Il motivo di tanta preoccupazione legata ai FANS, specie se assunti insieme agli anticoagulanti, risiede nelle caratteristiche intrinseche della loro azione farmacologica, che si esplica attraverso l’inibizione di un enzima (la ciclossigenasi – COX) coinvolto anche nella aggregazione piastrinica, oltre che nella modulazione dell’infiammazione e del dolore.

I FANS, infatti, provocano una inibizione transitoria della capacità aggregante delle piastrine (diversamente da quella permanente esercitata dall’acido acetilsalicilico o ASA), che si associa ad un aumento del rischio di emorragie, specie gastrointestinali (interazione farmacodinamica).

A questo effetto intrinseco si deve aggiungere anche, per alcuni FANS, la possibile interazione farmacocinetica con gli AVK, con conseguente potenziamento dell’azione di questi ultimi, che si rende manifesto attraverso un aumento dell’INR e quindi con un potenziale incremento del rischio emorragico. Questo effetto farmacocinetico è stato dimostrato ad esempio per ASA, piroxicam, indometacina, celecoxib.

Pertanto, a causa di tutti questi meccanismi, è noto come vi sia tra i pazienti anticoagulati con AVK un aumento significativo del rischio di emorragie, specie gastrointestinali, che va da circa 1.5 volte a 3 volte, in coloro che assumono FANS rispetto a chi non li assume. Gli inibitori selettivi dell’enzima COX-2 provocano meno sanguinamenti rispetto agli inibitori non selettivi di COX; ciononostante il rischio di sanguinamento risulta più elevato rispetto a chi non fa uso di FANS.

D’altra parte occorre anche considerare che nella pratica clinica quotidiana gli stati dolorosi, infiammatori e/o febbrili sono piuttosto frequenti e causano un significativo malessere psico-fisico nei pazienti, che è spesso accompagnato da una limitazione nelle attività di vita quotidiana. Per questi motivi, spesso i FANS vengono indicati a scopo sintomatico (es. cefalea, artralgie, dismenorrea, febbre in corso di virosi), ma il loro utilizzo può anche avere un intento curativo in alcune patologie severe (es. pericardite, patologie reumatiche).

Di conseguenza, come in ogni circostanza clinica, è fondamentale bilanciare i rischi e i benefici legati all’utilizzo dei FANS in associazione agli anticoagulanti. Per eliminare i rischi è naturalmente possibile identificare alternative terapeutiche diverse dai FANS. Tuttavia, ciò non è sempre attuabile se non si vuole limitare l’efficacia dell’azione farmacologica o quando esiste una indicazione specifica all’utilizzo dei FANS per il trattamento di determinate patologie (es. pericardite acuta).

In questi casi selezionati, quindi, è possibile ricorrere ai FANS, anche in pazienti anticoagulati, a patto che si mettano in atto tutte le strategie per minimizzare i rischi di sanguinamento, che includono l’utilizzo del minor dosaggio efficace possibile e della più breve durata possibile, l’associazione di farmaci gastroprotettori, l’eliminazione di altri fattori di rischio per emorragia o gastrolesivi (alcool, fumo), l’assunzione del farmaco secondo le modalità più corrette, la scelta di un FANS associato a minor rischio emorragico (ad esempio inibitori selettivi di COX-2, se appropriati per la cura della patologia) o di molecole con assente o minima interazione farmacocinetica con gli AVK, il controllo più frequente dell’INR per intercettarne precocemente un eventuale aumento e modulare di conseguenza la terapia.

Oltre a tutte queste considerazioni e valutazioni che, caso per caso, devono essere bilanciate da un medico, è di cruciale importanza aver effettuato preventivamente – e ripetuto regolarmente – una educazione sanitaria adeguata a tutti i pazienti anticoagulati (non solo con AVK), al fine di informarli sul potenziale aumento del rischio di sanguinamento associato ai FANS e sulla assoluta necessità di consultare il medico in caso di necessità, evitando l’automedicamento con FANS disponibili da banco. È inoltre un preciso compito del medico di medicina generale e/o del personale medico ed infermieristico operante nei centri di gestione delle terapie anticoagulanti orali, oltre che responsabilità del paziente anticoagulato, identificare, riportare e rivalutare routinariamente l’eventuale uso di FANS.

Solamente con tutte queste premesse e pratiche si potranno minimizzare i rischi associati all’uso di FANS nei pazienti anticoagulati. E, ricordando Paracelso, si potranno anche evitare, all’estremo opposto, situazioni in cui i pazienti anticoagulati, eccessivamente terrorizzati dalla sola parola “FANS”, rimangano per giorni privi di una terapia adeguata in caso, per esempio, di un attacco acuto di gotta o di una patologia dolorosa severa che risultasse non responsiva ad altri analgesici.

 

Per approfondire

  1. Wang M, Zeraatkar D, Obeda M, Lee M, Garcia C, Nguyen L, Agarwal A, Al-Shalabi F, Benipal H, Ahmad A, Abbas M, Vidug K, Holbrook A. Drug-drug interactions with warfarin: A systematic review and meta-analysis. Br J Clin Pharmacol. 2021 Nov;87(11):4051-4100.
  2. Villa Zapata L, Hansten PD, Panic J, Horn JR, Boyce RD, Gephart S, Subbian V, Romero A, Malone DC. Risk of Bleeding with Exposure to Warfarin and Nonsteroidal Anti-Inflammatory Drugs: A Systematic Review and Meta-Analysis. Thromb Haemost. 2020 Jul;120(7):1066-1074.
  3. Holbrook AM, Pereira JA, Labiris R, McDonald H, Douketis JD, Crowther M, Wells PS. Systematic overview of warfarin and its drug and food interactions. Arch Intern Med. 2005 May 23;165(10):1095-106.
  4. Penner LS, Gavan SP, Ashcroft DM, Peek N, Elliott RA. Does coprescribing nonsteroidal anti-inflammatory drugs and oral anticoagulants increase the risk of major bleeding, stroke and systemic embolism? Br J Clin Pharmacol. 2022 Nov;88(11):4789-4811.
  5. Vazquez SR. Drug-drug interactions in an era of multiple anticoagulants: a focus on clinically relevant drug interactions. Hematology Am Soc Hematol Educ Program. 2018 Nov 30;2018(1):339-347.