Esistono in commercio farmaci anticoagulanti orali, il cui meccanismo d’azione è diverso da quello delle eparine o AVK (Cumadin® e Sintrom®). Essi hanno come bersaglio diretto alcuni fattori della coagulazione del sangue. Al momento i DOAC approvati per il trattamento/profilassi della TVP/EP e per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale sono: dabigatran (Pradaxa®), rivaroxaban (Xarelto®), apixaban (Eliquis®) e edoxaban (Lixiana®).

A differenza degli AVK, i DOAC sono stati disegnati per essere usati a dose fissa, senza necessità di aggiustamento posologico sulla base del test di laboratorio. Gli studi clinici ai quali sono stati sottoposti hanno dimostrato una efficacia e sicurezza paragonabile (a volte anche superiore) a quella degli AVK, usati come comparatore, dimostrando così un vantaggio di maneggevolezza rispetto agli AVK.

Allo stato attuale c’è consenso fra gli esperti che il controllo di laboratorio, anche se non serve per l’aggiustamento posologico, possa essere utile in alcune situazioni particolari. Pertanto, è possibile che il medico prescriva occasionalmente dei test di laboratorio, i cui risultati di solito non sono trasmessi al paziente, ma restano nella cartella clinica per valutazioni sull’efficacia e sicurezza del farmaco e per motivi di studio. I test possono essere prescritti nelle seguenti condizioni:

  1. Prima dell’inizio della terapia.
  2. Prima di un intervento chirurgico o manovra invasiva
  3. In occasione di eventi avversi (trombotici o emorragici)
  4. Per decidere se prescrivere la terapia trombolitica in occasione di ictus
  5.  Nei casi in cui vi sia il sospetto di errori nell’assunzione
  6. In altre occasioni a discrezione del medico

I test di laboratorio usati per i DOAC non si avvalgono dell’INR, che si usa solo per gli AVK (Cumadin ®e Sintrom®). I test più comunemente usati per i DOAC sono il tempo di trombina diluito (dTT) o il test all’ecarina (ECT), per il dabigatran (Pradaxa®); il test anti-FXa o il PT per il rivaroxaban (Xarelto®). Infine, l’attività anti-FXa per l’apixaban (Eliquis®) o l’edoxaban (Lixiana®).

A differenza degli AVK, i DOAC sono eliminati per lo più attraverso il rene. Pertanto, una insufficienza renale porterebbe all’accumulo del farmaco in circolo con conseguente rischio emorragico. Questo problema è tanto più importante se si pensa che questi farmaci non verranno usati con un controllo continuo e costante di laboratorio per valutare le loro capacità anticoagulanti. Le raccomandazioni sono (al momento) di valutare la funzione renale con appositi test di laboratorio, prima dell’inizio del trattamento, ma anche (aggiungiamo noi) con periodicità durante il trattamento ad evitare bruschi deterioramenti della funzione renale, che sono frequenti specie nelle persone anziane. Forse, un controllo di laboratorio periodico del potere anticoagulante di questi farmaci (ad esempio in occasione delle visite periodiche previste una o due volte/anno) potrebbe essere la soluzione più ragionevole e sicura a questo problema.

Un aspetto pratico molto importante da considerare è che i DOAC, a differenza degli AVK (cumadin e sintrom) possiedono una elevata velocità di azione unita ad una eliminazione dal circolo relativamente veloce. Per effetto di queste due caratteristiche il loro potere anticoagulante, misurato sul plasma, varia in maniera considerevole nel tempo. E’ elevato (picco) all’incirca 2 ore dopo l’assunzione del farmaco ed è basso (valle) 12 o 24 ore dopo l’assunzione, a seconda che il farmaco sia somministrato due volte o una volta al giorno. La logica conseguenza è che una corretta interpretazione del risultato del test di laboratorio non può prescindere dalla conoscenza del tempo intercorso fra l’ultima somministrazione del farmaco ed il momento del prelievo di sangue. Pertanto, a richiesta il paziente (o i suoi familiari) dovrà essere in grado di rispondere in maniera precisa all’eventuale quesito posto dal medico.