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I farmaci AVK, warfarin (Coumadin®) e acenocumarolo  (Sintrom®) sono composti a basso peso molecolare derivati dal dicumarolo. Somministrati per via orale sono rapidamente assorbiti, presentano un elevato legame con le proteine plasmatiche (pari al 97-99%), pertanto solo una piccola frazione è farmacologicamente attiva. La loro emivita plasmatica varia in rapporto al tipo di farmaco e alla dose somministrata. Il metabolismo degli anticoagulanti orali avviene quasi totalmente nel fegato, mentre i loro metaboliti (in parte ancora farmacologicamente attivi) vengono escreti nelle urine e nelle feci.

I farmaci AVK bloccano negli epatociti la riduzione della vitamina K-epossido a vitamina K, mediante inibizione competitiva di specifiche epossido-reduttasi, impedendo la gamma-carbossilazione dei fattori II, VII, IX, X, già sintetizzati dalle cellule epatiche. Tale carbossilazione è indispensabile per la loro attività biologica ed è proporzionale alla dose di farmaco assunta. Il warfarin è il farmaco maggiormente utilizzato in Italia ed è prodotto come miscela racemica di due isomeri ottici, levo- e destrogiro. Entrambe le forme sono rapidamente assorbite, e hanno una emivita plasmatica che varia da 32 a 46 ore. L’acenocumarolo presenta invece un’emivita più breve, valutata in circa 12 ore. Tale caratteristica si associa ad una maggiore fluttuazione dell’effetto anticoagulante.
Il fabbisogno dei farmaci AVK nel singolo paziente è altamente variabile e deve essere individualizzato. Tale ampia differenza, che può essere anche superiore a dieci volte tra un individuo e un altro, è in gran parte geneticamente determinata. Sono state descritte numerose mutazioni del gene codificante per il citocromo P450 CYP2C9 e del gene codificante per l’enzima vitamina K epossido-reduttasi (VKORC1) che modificano la farmacocinetica degli AVK. Tuttavia lo studio di tali varianti genetiche è di scarsa utilità pratica, perché in grado di rendere ragione solo di una modesta quota della variabilità, attraverso l’uso di test complessi e molto costosi. Pertanto al momento l’uso di tali test è sconsigliato dalle principali Società Scientifiche nazionali e internazionali. Sono invece disponibili algoritmi clinicamente validati per l’individuazione della dose terapeutica del farmaco nella fase di induzione della terapia che consentono il raggiungimento di una adeguata anticoagulazione, riducendo al minimo i rischi di sovradosaggio.