L’ictus rappresenta la prima causa di disabilità nel mondo, responsabile di oltre 6 milioni di decessi ogni anno, 650.000 dei quali in Europa. In Italia si stimano circa 200.000 nuovi casi l’anno, il 60 per cento si ha in persone con un’età superiore ai 65 anni e un 10 per cento sotto i 45 anni
La popolazione femminile è più a rischio rispetto a quella maschile in un rapporto di 5 a 1. Più della metà dei decessi causati da ictus avviene, infatti, nelle donne: fibrillazione atriale, ipertensione, emicrania con aura e depressione costituiscono fattori di rischio che sempre più spesso si presentano nel sesso femminile, così come alcune condizioni specifiche quali gravidanza, diabete gestazionale, variazioni ormonali, uso della pillola contraccettiva e terapie ormonali dopo la menopausa. Anche le conseguenze di un ictus cerebrale risultano più severe nelle donne che negli uomini: le prime, infatti, presentano un maggior declino delle funzioni cognitive e un rischio più elevato di depressione post-ictus.
Da questa situazione nasce la necessità di informare la popolazione sull’importanza della prevenzione e dell’adozione di stili di vita corretti. Altrettanto importante è imparare a riconoscere i sintomi dell’ictus e arrivare nel pronto soccorso di un ospedale dove ci sia una Stroke Unit, Unità neurologica dedicata alla cura dell’Ictus acuto. E’ fondamentale intervenire il più presto possibile e comunque entro 4 ore e mezza dall’insorgenza dell’evento ischemico per poter limitare il danno cerebrale.
Questi sono alcuni degli obiettivi di A.L.I.Ce. Italia Onlus, Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale Federazione di 20 associazioni regionali. Le sezioni A.L.I.Ce. locali svolgono uníattività di questo tipo a livello territoriale, organizzando incontri nelle scuole, giornate di screening e momenti di informazione rivolti ai cittadini. Inoltre, l’associazione a livello nazionale è impegnata nell’aiutare a garantire lo sviluppo delle Stroke Unit e tutelare il diritto dei pazienti ad avere su tutto il territorio nazionale livelli di assistenza, uniformi ed omogenei.
“Le iniziative dell’associazione sono prevalentemente orientate all’informazione della popolazione” – dichiara la Dottoressa Patrizia Lattuada, Presidente di A.L.I.Ce. Milano San Carlo e Responsabile della Stroke Unit – Alta Intensità di Cure neurologiche dell’Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo di Milano – “Come riconoscere l’ictus, quali sono le cure possibili e come prevenirlo, in particolare modificando le proprie abitudini di vita. Questo avviene organizzando a livello micro territoriale incontri di e per il “ben essere”. Inoltre, offriamo un supporto informativo-formativo affiancando i pazienti e le loro famiglie nel difficile percorso post ictus”.
Durante il mese di aprile, tradizionalmente dedicato alla prevenzione dell’ictus, sono previste numerose iniziative. A.L.I.Ce. Milano San Carlo, oltre agli incontri con i pazienti, ha in programma la partecipazione a una manifestazione sportiva in provincia di Milano e la presentazione del libro “Il mio ictus, confine di due vite” scritto da Franco Groppali, colpito da un ictus devastante a soli 45 anni. Dove “il colpo” diventa il confine tra la vita normale e quella di disabile totale che inizia dopo quei brevi, terribili secondi.
“Il post ictus è il punto debole nella gestione della malattia“- afferma Patrizia Lattuada – “Proprio al termine della fase acuta emerge il senso di abbandono da parte delle strutture sanitarie: il Medico di Medicina Generale (MMG) non è spesso in grado di pianificare un percorso riabilitativo che dovrà durare a lungo e, spesso, per sempre, il rapporto con gli specialisti il più delle volte si interrompe, i cicli riabilitativi non possono essere ripetuti con il risultato della perdita delle abilità acquisite. Le pratiche burocratiche sono lunghe e faticose. Tutto ciò ha un impatto estremamente negativo sulla vita del paziente e dei familiari, ai quali raramente è fornito un supporto psicologico”.
In Italia non c’è ancora una distribuzione adeguata dell’assistenza su tutto il territorio, anche i medici e il personale sanitario non sempre sono preparati e gli ospedali dotati di strumentazione adatta (TC, risonanza magnetica, ecografia carotidea, angiografia ed ecocardiogramma) a riconoscere subito la patologia e trattarla tempestivamente. Il lavoro dell’associazione viene svolto anche in questo senso, per sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di centri e personale specializzato.
Uno dei problemi della patologia è proprio il ritardo nel trattamento, capita che l’evento ischemico si presenti durante la notte e la persona non sappia riconoscerlo e quindi non chiami immediatamente il 112 o il 118.
“Trattare in maniera corretta un paziente è importante, già ora sono disponibili nuove strumentazioni, con cui è possibile “datare”, cioè collocare temporalmente l’esordio dei sintomi”- spiega la Dottoressa Lattuada- “e quindi intervenire adeguatamente su quelle quote di ictus non databili, come l’ictus al risveglio”.