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L’ictus non è solo una malattia degli adulti. Può capitare a tutti, compresi adolescenti, bambini, neonati e bimbi non ancora nati.

Proprio perché non si pensa che i bambini possano avere un ictus quando ciò accade, spesso, non viene diagnosticato e trattato adeguatamente. Un altro problema è dato dal fatto che i piccoli non sono in grado di comunicare i sintomi che, in molti casi, non sono neppure facilmente visibili.
L’incidenza combinata di ictus ischemico ed emorragico in giovane età va da 2-3 casi ogni 1.000 nuovi nati. L’ictus pediatrico è sicuramente più frequente di quanto si pensi, perché è sotto diagnosticato o diagnosticato in ritardo.

Nel 2011 è nato Mario cui è stato diagnosticato un ictus perinatale. Allora è iniziata la ricerca di Francesca Fedeli e Roberto D’Angelo per fare in modo che la vita di loro figlio fosse il più possibile normale. Si sono confrontati e scontrati con una realtà che lasciava poche speranze. Nel loro cammino hanno incontrato persone che sono state in grado di aiutarli, hanno sperimentato e ideato metodi di riabilitazione con risultati importanti. Nel 2014 hanno fondato l’associazione Fightthstroke, per rispondere alla necessità di conoscenza delle famiglie, creare consapevolezza che i bambini, anche quelli non ancora nati, possono essere colpiti dall’ictus e stimolare la ricerca e i medici all’adozione di terapie in grado di “rompere” gli schemi.
I modelli attuali sono pensati per gli adulti e dunque poco adatti ai piccoli pazienti. Francesca Fedeli nel percorso di riabilitazione di Mario ha sperimentato con successo diverse tecniche per trovare ciò che era meglio. «Abbiamo applicato le tecniche di riabilitazione più all’avanguardia, abbinandole al potere abilitante della tecnologia, dando così la possibilità alle famiglie di giocare un ruolo più importante nei bisogni di cura dei loro figli. – Spiega Francesca Fedeli – Quello che si può fare l’abbiamo scoperto un po’ per volta: tanta fisioterapia, a casa e in ospedale, e un programma sperimentale per l’attivazione dei neuroni specchio. Applicando le ultime scoperte scientifiche sulle cellule del cervello responsabili dell’imitazione e dell’empatia, i cosiddetti neuroni specchio, è stato creato un nuovo approccio alla riabilitazione che usa tecnologia videoludica già disponibile nelle case dei piccoli pazienti». Mentre i bambini si divertono giocando, il software raccoglie dati su tutti i movimenti del corpo, per proporre poi un programma di riabilitazione interattivo e personalizzato in base ai progressi del bambino. La raccolta di questi dati può poi fornire una base scientifica per meglio comprendere l’ictus infantile e creare un nuovo modello integrato di trattamenti. Spostando la riabilitazione dall’ospedale a casa, i genitori sono direttamente coinvolti nel miglioramento dei figli. L’obiettivo è sfruttare i poteri curativi della visualizzazione dei video e del rapporto tra genitore e figlio per accelerare la guarigione e la riabilitazione anche con il contributo dei genitori.
Ad oggi Fightthestroke è il primo gruppo di supporto alle famiglie in Italia, con 400 genitori, e attraverso l’International Alliance for Pediatric Stroke a livello internazionale raggiunge altre famiglie del mondo anglosassone. «La solitudine davanti alla malattia di un figlio è un vuoto apparentemente incolmabile e i gruppi di supporto sono un punto di partenza fondamentale per combattere l’isolamento e aumentare la fiducia. – Continua Francesca Fedeli – Decisi di parlare di quello che era successo alla mia famiglia e incominciai a raccontare la nostra storia ad una TED conference che raggiunse improvvisamente un pubblico globale. E così nacque un gruppo chiuso online dove scambiare esperienze, scoprire nuove informazioni e metodi per affrontare insieme il trauma».
I progetti e gli incontri in programma sono molti e sono volti a colmare il vuoto di non conoscenza e mancanza di terapie e programmi di riabilitazione ideati per i bambini. «La nostra storia non è un miracolo o una favola. – Conclude Francesca – è un esempio di quello che curiosità, coraggio, amore e scienza possono fare».

Per approfondimenti: http://fightthestroke.org/