Lo studio, pubblicato su Clinical Nutrition, ha coinvolto 186 323 persone nel Regno Unito che hanno riposto a questionari sul cibo assunto nelle 24 ore precedenti. Informazioni sull’insorgenza di tromboembolismo venoso (TEV) nel corso dei dieci anni successivi sono state desunte da database nazionali, sia ospedalieri che riguardanti la medicina di base. Chi assumeva quantità più elevate di cibi “ultra processati” è risultato avere un rischio più elevato di sviluppare tromboembolismo venoso rispetto a chi ne assumeva quantità molto inferiori, indipendentemente dal sesso, dall’età e dal peso corporeo.
Il fatto che l’aumentata incidenza di TEV in chi consuma molti cibi “ultra processati” sia risultata indipendente dall’obesità, di per sé noto fattore di rischio per TEV , intrinsecamente associato all’ assunzione di una dieta poco salubre (ricca di grassi, zuccheri, sale ecc), ha messo in luce che è quel “qualcosa in più” del cibo “industriale” sottoposto a molteplici trattamenti a fare la differenza (1).
Perché il cibo “ultra processato” è dannoso
In un interessante editoriale sull’argomento, apparso su Bleeding, Thrombosis and Vascular Biology, i ricercatori del gruppo Moli-Sani (uno studio italiano che ha seguito per dodici anni oltre 24000 abitanti adulti del Molise) chiamano in causa, tra i vari meccanismi, lo stato infiammatorio cronico potenzialmente causato dai contaminanti (come ftalati e bisfenoli che possono essere trasferiti al cibo dalle confezioni), dalle modificazioni nella matrice degli alimenti e dagli additivi. Lo stato infiammatorio cronico è un fattore di rischio maggiore già documentato per le malattie cardiovascolari ed il tromboembolismo venoso (2). In causa nel processo viene chiamata anche l’alterazione del microbioma intestinale causata dai cibi “ultra processati” (3).
Questa consapevolezza è recente. Infatti, fino a pochi anni fa, gli studi epidemiologici che si occupavano di mettere in relazione le errate abitudini alimentari con le patologie, consideravano unicamente il contenuto nutrizionale dei cibi, cioè il contenuto in grassi, zuccheri, sale, vitamine ecc. Pertanto, molte delle linee guida e delle raccomandazioni sull’alimentazione non tengono conto dei componenti non nutrizionali degli alimenti, come la degradazione e l’artificializzazione della matrice alimentare.
La classificazione NOVA
Nell’ultimo decennio la sempre maggiore attenzione dei ricercatori nei confronti del livello di “manipolazione dei cibi” come elemento cardine del rischio correlato alla loro assunzione ed indipendente dal contenuto nutrizionale ha condotto all’elaborazione della classificazione NOVA (figura 1), attualmente accettata in ambito internazionale (4).
Questa classificazione non “demonizza” il fatto che un cibo venga sottoposto ad una lavorazione, che può essere necessaria ed anche salutare, come nel caso dell’olio extravergine di oliva. Infatti, solo gli alimenti classificati come “ultra processati” sono considerati “da evitare” mentre gli altri sono considerati parte di una dieta sana e variata che, ovviamente, deve privilegiare i cibi non processati e contenere in moderata o minima quantità gli altri.
L’utilizzo della classificazione NOVA ha consentito di dimostrare come l’elevato consumo di cibi “utra processati” sia associato ad una maggiore incidenza di tumore, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari e sia un fattore di rischio indipendente di mortalità (2,5-8).
Quali sono i cibi “ultra-processati”?
Secondo la classificazione NOVA, i cibi “ultra processati” sono quelli che contengono alimenti sottoposti a processi industriali (come l’idrolisi o l’idrogenazione) che possono alterarne le proprietà chimiche, sostanze derivate da costituenti alimentari o additivi (come coloranti od emulsionanti). Inoltre, essendo generalmente destinati alla lunga vita sugli scaffali, sono confezionati in materiali plastici o metallici che possono dare luogo al passaggio di sostanze nel cibo.
Ma attenzione! Se parlando di cibi “ultra-processati” saltano subito alla mente le bevande gassate, gli snack confezionati, le salse industriali, le caramelle, le patatine fritte, i wurstel o i nuggets (tutti i prodotti derivati da “carne separata meccanicamente” rientrano in questa categoria), non dobbiamo dimenticare che alimenti apparentemente più innocui come, ad esempio, i biscotti, i crackers od altri prodotti da forno confezionati potrebbero finire sulla lista “nera” (3,4).
Infatti vengono considerati cibi “ultra processati” tutte quelle preparazioni industriali che vanno incontro ad una intensa manipolazione e che contengono almeno un ingrediente che non esiste in natura, e che non trovereste nelle vostre cucine, come olii idrogenati, proteine idrolizzate, fruttosio, destrosio, maltodestrine, proteine della soia isolate, glutine, caseina, aromi o coloranti, emulsionanti, dolcificanti e molti altri (3,4).
In ogni caso, assumere alimenti ultra-processati nella dieta quotidiana, senza nemmeno rendersene conto, è più facile di quanto si pensi. Per facilitarne il riconoscimento la FAO fornisce una lista degli additivi e, ad esempio, l’organizzazione no-profit francese Open Food Facts ha messo a disposizione app che consente di identificare, tra oltre145 000 cibi industriali, più di 75 000 prodotti “ultra-processati” (https://it.openfoodfacts.org/).
Bibliografia
- Yuan S, Chen J, Fu T, Li X, Bruzelius M, Åkesson A, Larsson SC. Ultra-processed food intake and incident venous thromboembolism risk: Prospective cohort study. Clin Nutr. 2023 Aug;42(8):1268-1275. doi: 10.1016/j.clnu.2023.06.016. Epub 2023 Jun 15. PMID: 37348154.
- Bonaccio, M., Iacoviello, L., & Donati, M. B. (2023). It’s definitely time to consider diet in its ultra-processing form as a major risk factor for thrombotic vascular disorders. Bleeding, Thrombosis and Vascular Biology, 2(3). https://doi.org/10.4081/btvb.2023.91
- Monteiro CA. et al. Ultra-processed foods: what they are and how to identify them. Public Health Nutr. 2019 Apr;22(5):936-941. doi: 10.1017/S1368980018003762. Epub 2019 Feb 12. PMID: 30744710; PMCID: PMC10260459
- Monteiro CA, Cannon G, Levy RB et al.NOVA. The star shines bright.[ World Nutrition 2016, 7,1-3, 28-38
- Juul F, Vaidean G, Lin Y, et al. Ultra-processed foods andincident cardiovascular disease in the Framingham Offspring study. J Am Coll Cardiol 2021;77:1520-31.
- Llavero-Valero M, Escalada-San Martín J, Martínez-González MA, et al. Ultra-processed foods and type-2 diabetes risk in the SUN project: a prospective cohort study.Clin Nutr 2021;40:2817-24.
- Fiolet T, Srour B, Sellem L, et al. Consumption of ultra-processed foods and cancer risk: results from NutriNet-Santé prospective cohort. BMJ 2018;360:k322
- Bonaccio M, Costanzo S, Di Castelnuovo A, et al. Ultra-processed food intake and all-cause and cause-specific mortality in individuals with cardiovascular disease: theMoli-sani Study. Eur Heart J 2022;43:213-24.
- de Oliveira PG. et al. Impacts of Consumption of Ultra-Processed Foods on the Maternal-Child Health: A Systematic Review. Front Nutr. 2022 May 13;9:821657. doi: 10.3389/fnut.2022.821657. PMID: 35634416; PMCID: PMC9136982.
Sitografia
https://www.fao.org/publications/card/en/c/CA5644EN/
Figura 1
Classificazione NOVA. Da de Oliveira PG et al. 2022 (9)