Livelli plasmatici di DOAC in pazienti in terapia con dosi ridotte: cosa dice lo studio MAS

Una sub analisi dello studio MAS, appena pubblicata sull’International Journal of Cardiology, ha evidenziato come dosi ridotte di anticoagulanti orali diretti (DOAC) non siano sufficienti ad evitare livelli plasmatici di farmaco eccessivamente elevati o ridotti. Nello studio, i pazienti con fibrillazione atriale non valvolare in terapia con dosi ridotte hanno avuto la maggiore incidenza di eventi emorragici o trombotici (1).

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Gestione peri operatoria dei DOAC

Recentemente gli autorevoli James Douketis e Alex Spyropulos, già coautori di diverse linee guida internazionali, hanno pubblicato un interessante articolo di revisione delle attuali indicazioni sulla gestione peri operatoria degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) (1).

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Ictus ischemico: perché le donne sono più a rischio?

Perché l’ictus ischemico colpisce più severamente le donne? E se c’entrasse il sovraccarico di lavoro domestico ancora non equamente distribuito tra i componenti della famiglia? Un attento lavoro di revisione degli studi pubblicati negli ultimi anni sembra suggerire che non siamo lontani dalla realtà e fornisce indicazioni per correre ai ripari.

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Panzanella sotto l’ombrellone? Si grazie!

E se una bella insalata condita con olio extravergine d’oliva ci aiutasse, oltre ad evitare i guai dovuti al caldo, anche a prevenire il tromboembolismo venoso? Recenti studi suggeriscono che è proprio così, evidenziando che la prevenzione della trombosi venosa passa anche dalla tavola.

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Emorragie severe in terapia anticoagulante orale: quali esiti

Secondo uno studio retrospettivo di popolazione canadese presentato al Congresso ISTH 2024 di Bangkok, un quarto delle persone anziane ricoverate per una emorragia legata all’utilizzo di anticoagulanti orali va incontro a decesso durante il ricovero o nei primi trenta giorni successivi alla dimissione. Elevato anche il rischio di perdita di autonomia, con il 20% dei sopravvissuti ad emorragia intracranica che necessita di lungodegenza o residenza protetta alla dimissione.

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Anticorpi antifosfolipidi positivi in assenza di manifestazioni cliniche della sindrome (“carriers”): cosa fanno gli specialisti italiani?

Quando si tratta di sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS), le domande aperte sono ancora molte. Come comportarsi davanti ad una positività “di laboratorio” in assenza di eventi clinici? E se la trombosi o la complicanza della gravidanza si è verificata ma la positività degli anticorpi è singola o “a basso rischio”? Lo studio START2 antifosfolipidi, attualmente in corso (a cui è possibile aderire come professionisti), si propone di indagare questi e numerosi altri quesiti (1,2).

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