La seconda giornata del 6° Convegno di Fondazione Arianna Anticoagulazione si è aperta con una tavola rotonda, guidata dal Dott. Alberto Tosetto, sull’utilizzo degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) nelle situazioni “difficili”, come il paziente anziano o di peso “estremo”.

La sicurezza e l’efficacia dei DOAC in queste condizioni “particolari”, spesso non è stata sufficientemente indagata nei grandi studi clinici randomizzati controllati (RCT), pertanto scarseggiano evidenze sull’atteggiamento terapeutico migliore. Nell’ analizzare queste situazioni il gruppo di esperti si avvalso anche dei dati relativi agli oltre 20.000 pazienti inclusi nel registro START (Survey on anticoagulated pAtients RegisTer).

Il Prof. Gualtiero Palareti, Presidente di Fondazione Arianna Anticoagulazione, ha aperto il confronto su una condizione che, seppur non rara, è spesso trascurata dagli studi RCT: l’età avanzata. Questo fa sì che esistano domande ancora senza una risposta definitiva, come, ad esempio, l’effettiva incidenza di recidiva tromboembolica negli anziani. Solo l’11% dei pazienti arruolati negli studi sulla fase estesa sui DOAC (Amplify-Extension, Einstein Choice) avevano più di 75 anni ed in questo sottogruppo i dati di efficacia e sicurezza erano peggiori rispetto ai pazienti più giovani. Questo aspetto trova riscontro in quanto emerge dai dati del registro START: “su una casistica di circa 700 pazienti in DOAC e 400 pazienti in AVK con età superiore a 75 anni, non abbiamo riscontrato differenze nell’incidenza di emorragie (maggiori e clinicamente rilevanti) che, in entrambi i casi è stata di circa il 4% all’anno1,2” – ha osservato il Prof. Gualtiero Palareti- “pertanto, sull’estensione della terapia dopo i primi 6 mesi nell’anziano c’è ancora tutto da imparare” – ha concluso.

Del resto, anche per quanto riguarda i pazienti più giovani, la Prof.ssa Benilde Cosmi dell’Università di Bologna, ha ricordato come gli studi disponibili sui DOAC si fermino ad un anno di osservazione. Mancano pertanto dati di efficacia e sicurezza nel lungo periodo, come confermato da due recenti meta-analisi3,4. Secondo i risultati di questi lavori di revisione, ad un anno, il rischio emorragia maggiore durante la terapia con i DOAC è globalmente più basso rispetto al trattamento con AVK (1.12 per 100 pz/anno vs 1,74)3 ed anche il rischio di recidiva tromboembolica risulta minore (1.08% in DOAC e 1.5% in AVK)4. Tuttavia, la Prof. ssa Cosmi ha sottolineato come i dati della vita reale dal registro START1 sembrano lievemente discordanti, riportando un’incidenza simile di emorragie tra pazienti trattati con DOAC o con AVKed un rischio lievemente maggiore di recidiva di tromboembolismo venoso dopo i primi sei mesi di trattamento se il paziente era in DOAC1. Quest’ultima osservazione, verosimilmente legata ad una ridotta compliance del paziente, mette in luce la necessità di ulteriori dati sul lungo termine con i DOAC, uno degli obiettivi futuri del registro START, che si propone di arrivare ad almeno tre anni di follow-up.

Il Prof. Domenico Prisco dell’Università degli Studi di Firenze ha condotto la discussione riguardante i pazienti di peso “estremo” (< 50 kg o >120 Kg) per i quali esiste una preoccupazione relativa al rischio di sanguinamento (pesi troppo bassi) o insufficiente efficacia del farmaco (pesi troppo alti). L’adattamento al peso corporeo è previsto in scheda tecnica solo per alcuni DOAC (come edoxaban) ma non per altri. Tuttavia, sulle base delle poche coorti osservazionali disponibili “non sembrerebbero esserci grossi problemi seguendo le indicazioni della scheda tecnica”, ha sottolineato il Prof. Prisco, portando anche i dati (non ancora pubblicati) del registro START in merito alla sostanziale equiparazione tra DOAC e AVK (anti-vitamina K) per quanto riguarda le emorragie nei sottopeso (< 50 kg) e l’efficacia nei sovrappeso ( >120 Kg). Tuttavia, “un problema di sicurezza nel sottopeso c’è, almeno come trend” – ha detto il Dott. Tosetto- “per cui è molto importante prestare un’attenzione particolare a questo tipo di pazienti” che potrebbero, inoltre, nascondere condizioni concomitanti “di rischio” come un’età molto anziana o un’insufficienza renale. Attenzione che va comunque rivolta anche al soggetto in sovrappeso che spesso “nasconde un paziente particolare – ha spiegato il Prof. Prisco- “come quello sottoposto a chirurgia bariatrica, che potrebbe presentare problemi nell’assorbimento dei farmaci, in questi casi”- ha continuato- “potrebbe essere opportuno, occasionalmente, un dosaggio del farmaco per valutarne la presenza in circolo”.

Il “problema” del dosaggio dei DOAC è stato affrontato nel particolare dal Prof. Armando Tripodi, dell’IRCCS Ospedale Maggiore di Milano, il quale ha sottolineato come, l’attuale mancanza di criteri standardizzati per effettuare i dosaggi ma, soprattutto, anche per interpretare i risultati nell’ottica di un aggiustamento terapeutico (quando necessario) richiede uno sforzo “di ricerca” da parte di tutti i centri prescrittori. Inoltre, attualmente solo un centro FCSA su tre è organizzato per poter effettuare i dosaggi dei DOAC (tecnicamente non dissimili da altri esami di laboratorio che si eseguono routinariamente). Infatti, se è vero che i DOAC non richiedono il monitoraggio del farmaco e vanno somministrati a dosi fisse, è altresì vero che in condizioni particolari, nelle quali si può avere un dubbio sul fatto che il farmaco sia presente nel sangue in concentrazioni troppo alte o troppo basse (come nel caso di “pesi estremi”, insufficienza renale, recidive o sanguinamenti in corso di terapia, necessità di interventi chirurgici o procedure invasive “urgenti”) deve essere possibile fare il dosaggio. Attualmente, sul territorio nazionale, vi è forte disomogeneità non solo nella disponibilità dei test ma anche nella prescrivibilità degli stessi quando disponibili. Il Prof. Gresele, presidente della Società Italiana di Emostasi e Trombosi (SISET) ha riferito che un tavolo di lavoro è già stato portato avanti con il Ministero su questo tema per rendere prescrivibili i dosaggi dei DOAC su tutto il territorio nazionale.

Tuttavia, la prescrizione dei DOAC stessi per il tromboembolismo venoso, tutt’ora soggetta a piano terapeutico, pone medici e pazienti di fronte a difficoltà “organizzative” non giustificate, come sottolineato dal Prof. Francesco Marongiu dell’Università di Cagliari. Infatti, impiegare le scarse e preziose risorse mediche dei Centri Emostasi e Trombosi per compilare i piani terapeutici porta ad una inevitabile riduzione del tempo a disposizione per controllare il paziente, monitorarlo e dare le giuste indicazioni sulla gestione e durata della terapia, riducendo così l’inappropriatezza prescrittiva, ancora molto diffusa. “Quello che vediamo nei nostri Centri Trombosi sono pazienti con una trombosi venosa provocata che vengono mantenuti in terapia a volte per anni” – ha detto il Prof. Marongiu – sottolineando l’importanza dei Centri Trombosi per il follow-up e la corretta gestione terapeutica dei pazienti.

Le osservazioni del Prof. Paolo Prandoni dell’Università di Padova sulle differenze tra i DOAC, ormai sempre più evidenti in base agli studi osservazionali disponibili, e quelle del Dott. Eugenio Bucherini Responsabile dell’Unità di Medicina Vascolare ed Angiologia dell’AUSL Romagna sulle situazioni in cui gli AVK sono ancora la scelta più appropriata, hanno consentito di mettere in luce temi di estrema rilevanza che, insieme ai precedenti, verranno trattati nelle prossime uscite di anticoagulazione.it

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Bibliografia

  1. Palareti G, et al; START2 Register Investigators. Bleeding and thrombotic complications during treatment with direct oral anticoagulants or vitamin K antagonists in venous thromboembolic patients included in the prospective, observational START2-register. BMJ Open. 2020 Nov 27;10(11): e040449. doi: 10.1136/bmjopen-2020-040449. PMID: 33247017; PMCID: PMC7703414.
  2. Poli D, et al; coordinator of START2 Register. Very elderly patients with venous thromboembolism on oral anticoagulation with VKAs or DOACs: Results from the prospective multicenter START2-Register Study. Thromb Res. 2019 Nov; 183:28-32. doi: 10.1016/j.thromres.2019.08.024. Epub 2019 Aug 26. PMID: 31536872.
  3. Khan F, et al; MAJESTIC Collaborators. Long-Term Risk for Major Bleeding During Extended Oral Anticoagulant Therapy for First Unprovoked Venous Thromboembolism: A Systematic Review and Meta-analysis. Ann Intern Med. 2021 Oct;174(10):1420-1429. doi: 10.7326/M21-1094. Epub 2021 Sep 14. PMID: 34516270.
  4. Khan F,et al. Long-term risk of recurrent venous thromboembolism among patients receiving extended oral anticoagulant therapy for first unprovoked venous thromboembolism: A systematic review and meta-analysis. J Thromb Haemost. 2021 Nov;19(11):2801-2813. doi: 10.1111/jth.15491. Epub 2021 Aug 22. PMID: 34379859