A questo tema è stata dedicata una Tavola Rotonda durante il 6° Convegno di Anticoagulazione.it che si è tenuto a Bologna l’1-2 aprile scorsi, che ha analizzato i bisogni dei pazienti.

La pandemia di COVID-19 ha messo in difficoltà il Sistema Sanitario Nazionale, limitando gli accessi a ospedali e centri specializzati e isolando sempre di più i pazienti. Per capire quale sia stato l’impatto sui pazienti anticoagulati negli ultimi due anni, è stata condotta una survey con l’obiettivo di indagare i bisogni insoddisfatti (cioè la “solitudine”) dei pazienti anticoagulati.

I dati sono stati illustrati e commentati in una Tavola Rotonda (TR) dedicata ai pazienti dalla coordinatrice dell’iniziativa, Arianna Magon, infermiera ricercatrice dell’Area di Ricerca e Sviluppo delle Professioni Sanitarie, IRCCS Policlinico San Donato, e discussi dai presenti. I risultati riguardanti i pazienti sono qui: leggi “Le paure dei pazienti”.

La discussione nella TR ha riguardato innanzitutto l’assoluta necessità che il Sistema Sanitario Nazionale finalmente organizzi in modo efficiente l’uso di strumenti portatili (POC: point-of-care) per la misurazione dell’INR nei pazienti anticoagulati con Coumadin® o Sintrom® (farmaci AVK), dandoli ai pazienti che ne necessitano (soprattutto quelli lontani dai Centri), o dotandone il personale sanitario per le visite a domicilio ed anche i Centri per ridurre il traumatismo nei pazienti con difficoltà al prelievo venoso.

La discussione, coordinata dalla Dott.ssa Daniela Poli (Firenze), ha ribadito unanimemente che l’approvvigionamento e la rimborsabilità di strumenti POC e di strisce per il test INR deve essere il primo e immediato obiettivo da raggiungere per i pazienti anticoagulati con farmaci anti-vitamina K.

L’ottimo risultato dell’uso di POC nell’area di Cagliari è stato commentato dalla Dott.ssa Doris Barcellona: da alcuni anni infatti è in atto un progetto di telemedicina che ha coinvolto finora oltre 90 pazienti. È l’anticoagulato a misurarsi direttamente l’INR con il coagulometro portatile. Il dato viene poi inviato al Centro TAO che si esprime sul dosaggio del farmaco, confermandolo o correggendolo.

Giuliana Matassi, presidente dell’AIPA di Firenze, ha invece evidenziato gli sforzi per coinvolgere le istituzioni locali: qualche tempo fa alcuni tavoli territoriali avevano definito obiettivi condivisi tra Regione, pazienti e centri TAO, mai messi in pratica. Oggi, con nuovi responsabili in Regione da poche settimane, l’AIPA ha ripreso l’attività di lobbying per ricordare ai nuovi insediati gli impegni presi.

L’organizzazione e il riconoscimento dei Centri per la sorveglianza degli anticoagulati e dei Centri trombosi è del tutto carente sul territorio nazionale. La Regione Puglia è però molto avanti in questa materia rispetto al panorama nazionale e rappresenta un vero punto di riferimento. È notizia di qualche giorno fa, infatti, che la telemedicina per i pazienti anticoagulati è finalmente realtà. Durante la TR, Antonia Pertosa, presidente AIPA Monopoli-Polignano, ha illustrato le iniziative istituzionali regionali della Puglia in favore dei pazienti anticoagulati.

In questo panorama è grave – ha stigmatizzato il prof. Armando Tripodi da Milano – che i laboratori specialistici in grado di misurare i valori dei DOAC vengano drasticamente ridotti. E non parliamo solo di laboratori del Pronto soccorso, ma anche di quelli che afferiscono a un Centro FCSA. Credo che si tratti di un problema urgente che dovremo cercare di portare all’attenzione quanto prima”. Attualmente, infatti, spesso si usano antidoti su anticoagulati che necessitano di interventi d’urgenza senza sapere quali siano i livelli di DOAC che hanno nel sangue.

Quali sono dunque gli obiettivi che pazienti ed esperti si pongono?

  • I pazienti anticoagulati in Italia sono circa 2 milioni. Il rischio di complicanze (soprattutto emorragie) è basso, ma inevitabilmente presente in una percentuale che varia tra l’1 e il 3% di pazienti trattati all’anno; il rischio è maggiore se i pazienti non sono seguiti adeguatamente, cioè educati e informati per fare una terapia sicura, controllati periodicamente con gli opportuni test necessari durante il trattamento o in emergenza;
  • Organizzare sul territorio nazionale i punti di riferimento (Centri) idonei per realizzare il controllo periodico (sorveglianza) dei pazienti anticoagulati, fornire le informazioni necessarie e dare risposte ai loro bisogni con una preziosa azione di counseling;
  • L’uso dei POC deve essere organizzato e realizzato a livello nazionale per ridurre le difficoltà e malessere dei pazienti anticoagulati con AVK; questa azione implica anche un idoneo e razionale sistema di telemedicina, risolvendo i problemi legati alla privacy;
  • Fornire ai pazienti (anche quelli trattati con i “nuovi” anticoagulanti) la necessaria educazione alla terapia e garantire risposte idonee ai loro bisogni di informazioni;
  • Promuovere una formazione specifica al personale sanitario (a partire da medici e infermieri), organizzando idonei percorsi formativi (utilizzando le società scientifiche di riferimento (ad es. FCSA e SISET);
  • Garantire la persistenza del personale professionale (medici e infermieri adeguatamente formati) nei Centri di riferimento per i pazienti anticoagulati, limitando gli spostamenti tra reparti che vanno a discapito della corretta formazione del personale (spesso manca infatti il tempo per istruire chi arriva);
  • Tutti i Pronto soccorso devono poter fare riferimento a laboratori in grado di misurare l’effettivo livello dell’effetto anticoagulante di qualsiasi farmaco anticoagulante. Come si fa infatti a curare bene un paziente con una grave emorragia senza sapere quale sia l’effetto anticoagulante presente?

Questi argomenti saranno discussi in dettaglio nelle prossime uscite di Anticoagulazione.it.