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Un atteggiamento estremamente positivo quello nei confronti della ricerca clinica emerso dalla survey dell’FCSA (Federazione Centri per la diagnosi della trombosi e la Sorveglianza delle Terapia Antitrombotiche) recentemente pubblicata su Bleeding, Thrombosis and Vascular Biology.

L’indagine, che ha valutato la propensione alla ricerca dei medici e biologi afferenti agli oltre 200 Centri della Federazione, ha evidenziato come il 90% dei clinici dei 97 centri che hanno riposto alla survey ritenga che dedicare tempo alla ricerca migliori la qualità del proprio lavoro. Infatti, nonostante la maggioranza degli intervistati non appartenesse a strutture accademiche, nell’85% dei casi aveva partecipato a studi clinici in precedenza.

Un dato importante se si considera che la ricerca clinica promossa dai centri FCSA è principalmente una ricerca spontanea e, soprattutto, no profit. Pertanto, gli operatori non ricevono compensi economici!

Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), la ricerca no-profit in Italia si è ridotta del 50% nel decennio 2009-2019, assestandosi su un 23% del totale degli studi di intervento sul farmaco (il 77% è profit e finanziato dalle aziende).

Un calo non difficile da interpretare se si valuta l’enorme carico burocratico ed organizzativo richiesto dalle sempre più labirintiche normative ed il progressivo depauperamento di medici ed altre figure professionali nelle strutture sanitarie. Inoltre, laddove i centri clinici non siano universitari (o IRCSS), il lavoro di ricerca non viene “riconosciuto” dall’azienda (sia economicamente che in termini di carriera) e diventa puro “volontariato”.

Tuttavia, una ricerca diffusa sul territorio che coinvolga tutte le figure sanitarie che si occupano di assistenza dei pazienti è di prioritaria importanza per ottenere informazioni fondamentali per il miglioramento delle cure.

Fortunatamente i clinici italiani afferenti ai centri FCSA sembrano ben coscienti di questo se si osserva che, nonostante il 90% dei sanitari che hanno risposto alla survey appartenesse a Centri non accademici, la maggior parte di questi (142/167, 85.0%) aveva preso parte in precedenza a studi clinici, in gran parte collaborativi. Valutando solo uno di questi studi, il registro START, sono 59 i centri FCSA attualmente coinvolti.

Il 45% dei sanitari ha risposto di essere incoraggiati nell’attività di ricerca dal loro istituto. Tuttavia, il sovraccarico di lavoro è un problema sentito e lamentato dal 43% dei partecipanti alla survey.

Nonostante queste difficoltà l’impegno dei clinici è probabilmente motivato anche dal “sentirsi parte di un gruppo di ricerca che ottiene risultati significativi su questioni clinicamente rilevanti riguardanti la gestione degli anticoagulanti” – ha spiegato la Dott.ssa Daniela Poli, Presidente FCSA.  Infatti, una delle caratteristiche della ricerca portata avanti dai centri FCSA è quella di essere “spontanea”, cioè proposta direttamente dagli operatori sanitari per dare risposte ai quesiti clinici che emergono nella gestione quotidiana dei pazienti.

“Un atteggiamento sostanzialmente positivo verso la ricerca è risultato evidente da questa indagine” -ha concluso Poli- “suggerendo che le società scientifiche indipendenti possano essere di valido supporto per la crescita della cultura di ricerca”.

Bibliografia

  1. Poli D, Tartaglia R, Barcellona D, Bucciarelli P, Ciampa A, Grandone E, Malcangi G, Rescigno G, Toschi V, Testa S, Squizzato A. Attitude to clinical research among health professionals affiliated with the Italian Federation of Centers for the Diagnosis of Thrombotic Disorders and the Surveillance of the Antithrombotic Therapies (FCSA). Bleeding, Thrombosis, and Vascular Biology, 2023;2(1).
  2. Agenzia Italiana del Farmaco. La sperimentazione clinica dei medicinali in Italia. 20° Rapporto nazionale 2020 (disponibile sul Portale dell’Agenzia Italiana del Farmaco https://www.aifa.gov.it/web/guest/pubblicazioni)
  3. https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=58548