Condividi su:

Se misurare la concentrazione plasmatica dei farmaci anticoagulanti orali diretti (DOACs) può rivelarsi una vera avventura per il medico ospedaliero (e non), soprattutto se lavora in un piccolo centro, ciò vale anche e sorprendentemente per farmaci in circolazione da ben più tempo, come le eparine a basso peso molecolare.

Infatti, in Italia, ancora oggi e nonostante le direttive delle principali società scientifiche che sollecitano i laboratori ad attrezzarsi1, solo due terzi dei laboratori afferenti a centri FCSA (Federazione Centri per la Sorveglianza della Terapia Anticoagulante) sono dotati della possibilità di misurare la concentrazione plasmatica dei DOACs e ancora più nebulosa è la situazione degli ospedali in merito alla possibilità di misurare l’attività plasmatica delle eparine a basso peso molecolare (EBPM) tramite il dosaggio dell’anti-Xa, sebbene la maggior parte delle linee guida sia concorde nel ritenere indicata la misurazione in condizioni particolari2, 3.

Ma la situazione non è migliore in altri paesi europei. Un recente survey condotta in Olanda4 ha messo in evidenza come la gestione del paziente con insufficienza renale che riceve una terapia con EBPM sia estremamente eterogenea tra un ospedale ed un altro e nel 40% dei casi il monitoraggio dell’anti-Xa non venga effettuato, sebbene sia consigliato delle stesse linee guida nazionali olandesi5.

Alla base di questa organizzazione lacunosa vi è probabilmente la scarsità di evidenze che suggeriscano l’utilità di questi test, la conseguente eterogeneità delle linee guida e la mancanza di veri e proprio “range terapeutici” che possano guidare il clinico in modo “sicuro”. Di fronte a tutta questa incertezza molti preferiscono… non misurare.

Cosa fare, ad esempio, nel caso di un paziente di 87 anni che pesa 80 kg e si presenta in reparto per trombosi venosa profonda acuta in trattamento con EBPM, lieve ematuria autolimitantesi e clearance della creatina 29 mg/dL? In questo caso, secondo le linee guida dell’American College of Chest Physicians2, potrebbe essere indicato (in alternativa al passaggio ad eparina non frazionata, più complicata da gestire) ridurre il dosaggio dell’EBPM rispetto alla dose piena (se si tratta di enoxaparina), ma viene suggerito di considerare il monitoraggio dell’anti-Xa per evitare sovra o sotto dosaggi. Tuttavia, altre linee guida non sono così concordi 6. In ogni caso, se ci si trova in un piccolo ospedale di provincia, inutile porsi il problema, tanto il monitoraggio dell’attività plasmatica dell’EBPM tramite anti-Xa spesso non è disponibile!

Al fine di fornire una guida basata sulle migliori evidenze possibili per la gestione sicura ed efficace della terapia con EBPM in pazienti con insufficienza renale, che possa informare anche le scelte di “policy” delle aziende sanitarie, è stato proposto, durante il recente Congresso della Società internazionale di Emostasi e trombosi (ISTH) di Londra, un progetto internazionale coordinato da Karina Meijer, componente del “SSC per il controllo della terapia anticoagulante”, che mira a effettuare una sorveglianza tra i membri dell’ISTH sul monitoraggio dell’anti-Xa al fine di individuare i migliori target terapeutici, definire o escludere una correlazione tra gli eventi clinici e i livelli di anticoagulazione misurati e colmare la carenza di evidenze scientifiche.

Ci auguriamo che, poiché la misurazione dei DOACs presenta le stesse, se non maggiori, “criticità” delle EBPM (in termini di disponibilità della metodica, indicazioni diagnostiche ed interpretazione dei risultati), analoghe iniziative internazionali siano presto avviate. Nel frattempo, sarebbe già sufficiente ed auspicabile che le aziende sanitarie locali prendessero atto di quanto richiesto con un documento di consenso dalle principali società scientifiche italiane1 e dotassero i laboratori di ogni struttura in cui vengono gestiti (o possono arrivare in urgenza) pazienti in terapia anticoagulante della relativamente semplice metodica per la misurazione della concentrazione plasmatica dei DOAC.

Bibliografia

  1. Tripodi A, Ageno W, Ciaccio M, et al. Position Paper on laboratory testing for patients on direct oral anticoagulants. A Consensus Document from the SISET, FCSA, SIBioC and SIPMeL. Blood Transfus. 2018;16(5):462-470. doi:10.2450/2017.0124-17
  2. Garcia DA, Baglin TP, Weitz JI, Samama MM. Parenteral anticoagulants: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines [published correction appears in Chest. 2012 May;141(5):1369. Dosage error in article text] [published correction appears in Chest. 2013 Aug;144(2):721. Dosage error in article text]. Chest. 2012;141(2 Suppl):e24S-e43S. doi:10.1378/chest.11-2291
  3. Farge D, Frere C, Connors JM, et al. 2022 international clinical practice guidelines for the treatment and prophylaxis of venous thromboembolism in patients with cancer, including patients with COVID-19. Lancet Oncol. 2022;23(7):e334-e347. doi:10.1016/S1470-2045(22)00160-7
  4. Jaspers TCC, Keyany A, Maat B, Meijer K, van den Bemt PMLA, Khorsand N. Therapeutically dosed low molecular weight heparins in renal impairment: a nationwide survey [published online ahead of print, 2022 Jun 17]. Eur J Clin Pharmacol. 2022;10.1007/s00228-022-03344-9. doi:10.1007/s00228-022-03344-9
  5. Dutch Internists Association (NVI) (2021) Richtlijn antitrombotisch beleid. Behandeling LMWH bij nierfunctiestoornissen en risico op VTE [in Dutch]. Utrecht: Dutch Internists Association
  6. Witt DM, Nieuwlaat R, Clark NP, Ansell J, Holbrook A, Skov J et al (2018) American Society of Hematology 2018 guidelines for management of venous thromboembolism: optimal management of anticoagulation therapy. Blood Adv 2(22):3257–329