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Sebbene i farmaci anticoagulanti orali diretti non richiedano un monitoraggio costante, è stata osservata un’associazione tra bassi livelli plasmatici dei farmaci allo steady-state e ricorrenza dell’ictus ischemico. Uno studio ha indagato questa correlazione nel mondo reale.

I farmaci anticoagulanti orali ad azione diretta (DOAC) rappresentano lo standard di cura per la prevenzione dell’ictus a genesi cardioembolica per la maggior parte dei pazienti affetti da fibrillazione atriale. Nonostante il trattamento anticoagulante raccomandato, i pazienti rimangono però esposti a un rischio rilevante di stroke ischemico. A differenza dei farmaci anticoagulanti orali anti-vitamina K (AVK) il trattamento con DOAC non richiede un monitoraggio di laboratorio routinario.

È stato però osservato che i livelli plasmatici di questi farmaci allo steady-state (quando il paziente è già in terapia da un numero sufficiente di giorni per raggiungere concentrazioni plasmatiche “stabili”) mostrano importanti variazioni interindividuali e i fattori responsabili dei livelli più bassi non sono ancora pienamente indagati.

IN BREVE… Uno studio ha provato a indagare con pazienti del mondo reale l’associazione, osservata anche in altri lavori, tra bassi livelli plasmatici dei quattro anticoagulanti orali diretti (DOAC) disponibili sul mercato assunti per fibrillazione atriale e ricorrenza dell’ictus ischemico. I risultati del lavoro, che ha arruolato 397 pazienti, non sono conclusivi ma suggeriscono che la misura dei livelli plasmatici dei DOAC allo “steady state” (quando il paziente è già in terapia da un numero sufficiente di giorni per raggiungere concentrazioni plasmatiche “stabili”) potrebbe essere utile in particolari sottogruppi di pazienti per identificare chi è a rischio di recidiva di ictus e guidare eventuali adeguamenti terapeutici.

In molti studi prospettici sono stati misurati i livelli plasmatici basali e al picco per tutti e 4 i farmaci attualmente disponibili (apixaban, dabigatran, edoxaban e rivaroxaban) ed è stata ripetutamente segnalata l’associazione tra bassi livelli plasmatici e ricorrenza dello ictus ischemico. La possibilità di misurare i livelli plasmatici allo steady-state dei pazienti con ictus, così come l’associazione dei livelli plasmatici con il rischio di ricorrenza di ictus non sono stati ancora sufficientemente studiati.

In uno studio di coorte osservazionale monocentrico, pubblicato su Journal of Thrombosis Haemostasis1, i ricercatori si sono proposti l’obiettivo di identificare i fattori predittivi dei livelli plasmatici dei DOAC e di indagare la loro associazione con il rischio di ricorrenza di ictus in una coorte “real-world” di pazienti affetti da ictus ischemico e fibrillazione atriale (FA).
Nello studio sono stati arruolati 397 pazienti, di cui il 50,6% di sesso femminile, con stroke ischemico e FA e sono stati misurati i livelli plasmatici dei DOAC allo steady-state. Il CHA2DS2VASc-Score mediano è risultato pari a 6 (range 5-7), l’età media 78 (+/- 9) anni. Il 63% dei pazienti arruolati era in trattamento con apixaban, il 21% con dabigatran, l’11% con edoxaban e il 5% con rivaroxaban; il 23,2% assumeva il basso dosaggio, in accordo con le indicazioni riportate in scheda tecnica. I livelli plasmatici basali sono stati ottenuti dopo una media di 3 giorni (intervallo 3-5 giorni) dopo la prima dose assunta; la media dei livelli è risultata 95,9 (+/-66,9) ng/mL. Il principale parametro valutato è stato il rischio di ricorrenza precoce di ictus ischemico entro 3 mesi.
Sono state considerate diverse variabili per l’analisi multivariata, come l’età, il sesso, un precedente stroke, il CHA2DS2VASc-Score e la velocità di filtrazione glomerulare (GFR) e solo quest’ultima è risultata essere un fattore predittivo indipendente dei bassi livelli plasmatici. Nello specifico un’elevata GFR è associata a più bassi livelli plasmatici basali (R=-0,174, P=0,014).
Nei 3 mesi di osservazione 10 pazienti (3%) hanno presentato un evento emorragico clinicamente rilevante (6 sanguinamenti gastrointestinali, 3 epistassi ed un sanguinamento dal cavo orale), non si è registrato nessun sanguinamento intracranico né sanguinamento fatale.

I livelli plasmatici basali dei pazienti con sanguinamento non sono risultati differenti dai pazienti senza complicanze emorragiche. 10 pazienti (3%) hanno avuto una recidiva precoce di stroke nel periodo di osservazione: 1 paziente in trattamento con edoxaban (2.4% dei pazienti trattati con la molecola), 3 pazienti trattati con dabigatran (3.6%), 5 pazienti che assumevano apixaban (2%) e 1 paziente in rivaroxaban (5%). Dopo l’analisi con il propensity score i pazienti con recidiva precoce di ictus in terapia con apixaban e dabigatran sono risultati avere livelli plasmatici significativemente inferiori rispetto ai pazienti senza recidiva.

Sebbene la misura dei livelli plasmatici dei DOAC allo steady-state non sia raccomandata dalle linee guida internazionali, gli argomenti a favore del suo utilizzo sono in continua crescita. La misura dei livelli plasmatici potrebbe aiutare a identificare i pazienti ad aumentato rischio di recidiva di ictus e potrebbe essere utile soprattutto in particolari sottogruppi di pazienti, inclusi quelli con GFR elevato. Sono comunque necessari studi più ampi, multicentrici a conferma di questi dati.


Bibliografia

  1. Siedler G, Macha K, Stoll S, Plechschmidt J, Wang R, Gerner ST, Strasser E, Schwab S, Kallmünzer B. Monitoring of direct oral anticoagulants plasma levels for secondary stroke prevention. J Thromb Haemost. 2022 May;20(5):1138-1145