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Gentile Redazione,

in merito all’articolo “Visite ambulatoriali in un Centro Emostasi e Trombosi: i “passi falsi” più comuni nelle richieste di consulenza (e come evitarli)”, confermo che nel periodo 2020-2022 ho visto in ambulatorio di  ematologia, su richiesta dei Medici di Medicina Generale,  soggetti infettati da COVID 19 che guariti   clinicamente, mantenevano valori elevati di D-dimero (per oltre un anno  valori compresi fra 1500-2000 ng/ml) sempre asintomatici, provenienti anche da PS dove avevano eseguito accertamenti strumentali  (anche scintigrafia polmonare per DD superiore a 5000ng/ml in paziente  asintomatico).

Visto che alcuni pazienti venivano anche da mesi di terapia con EBPM (non mi sembra vi siano indicazioni), pazienti sottoposti ad accertamenti strumentali di non semplice gestione, ho continuato il monitoraggio non rilevando mai sintomi clinici di trombosi.

Il D-dimero ha valore predittivo negativo ed utilizzarlo in questi casi ove vi sono difetti della fibrinolisi del sistema PAI1 non è   opportuno nel paziente asintomatico. In attesa di un riscontro porgo cordiali saluti.

Medico Specialista in Ematologia.

 

La risposta dell’esperto.

Il D-dimero (DD) è un frammento della fibrina stabilizzata, quando quest’ultima è digerita dalla plasmina che si produce a seguito dell’attivazione della fibrinolisi. Come tale, l’aumento della sua concentrazione nel sangue suggerirebbe la formazione e dissoluzione di un trombo venoso. Sfortunatamente il DD può aumentare in molte altre condizioni che hanno poco o niente a che vedere con la trombosi venosa. Ad esempio, il DD è un importante marcatore dello stato infiammatorio e come tale la sua concentrazione nel sangue potrebbe aumentare anche per una banale influenza. In altre parole, esistono molte condizioni (non ultima letà) nelle quali si registra un aumento della concentrazione del DD nel sangue, senza la presenza di trombosi venosa, anche se quest’ultima è attivamente cercata mediante test strumentali (ecografia per compressione o angio-TC). In questo contesto, la misura del DD non è utile per confermare la trombosi venosa, ma è sicuramente utile per escluderla in combinazione con la valutazione clinica pre-test, secondo lo score di Wells (v. oltre).

A fronte di questa situazione si è però creato un equivoco di fondo che farebbe pensare che l’aumento dei DD nel sangue sia associato a un evento trombotico venoso. Questa convinzione porta spesso alla decisione di trattare gli elevati livelli di DD con farmaci antitrombotici (eparina), anche in assenza di trombosi venosa. Questa situazione sta creando una vera e propria psicosi nei medici e nei pazienti e, peggio ancora, l’uso di terapie inutili e dannose. Per complicare le cose, il DD aumenta in maniera ragguardevole anche nei pazienti con COVID-19, dove può essere legato anche alla deposizione di fibrina extravascolare  e può permanere elevato per molto tempo anche dopo la guarigione.

Alcuni piccoli studi osservazionali hanno documentato la persistenza di valori di DD superiori al cut off (>500 ng/ml) nel 15-25% dei pazienti circa 3 mesi dopo la guarigione da COVID-19 e nel 15% fino ad un anno (1,2,3,4). Tuttavia, in questi studi manca una solida valutazione prospettica; il follow-up dei pazienti non è adeguato e verosimilmente molti pazienti sono stati arruolati, ma poi persi al follow-up, il che pregiudica fortemente la validità degli studi. Pertanto, il significato da attribuire a questo riscontro laboratoristico nel paziente asintomatico per trombosi venosa rimane non chiarito e potenzialmente fuorviante. Si può ragionevolmente pensare che la causa degli aumenti di DD sia uno stato infiammatorio che persiste per molto tempo dopo la guarigione dal COVID-19.

Pertanto, il ruolo del DD nel paziente ambulatoriale rimane legato al suo valore predittivo negativo nel sospetto clinico di tromboembolismo venoso, oggettivabile mediante l’esame clinico del paziente (box) e non andrebbe utilizzato come test di screening generico o per valutare l’andamento del paziente nel post COVID-19. Altri impieghi del DD rimangono attualmente limitati a scopi di ricerca. Peraltro, il riscontro di valori di DD positivo in pazienti asintomatici pone il medico nell’imbarazzo di non poter dare una spiegazione a questo fenomeno e può indurlo ad effettuare accertamenti diagnostici non appropriati (5).

In conclusione, non si può chiedere al DD quello che il DD non può dare. Allo stato dell’arte, l’uso appropriato del DD è l’esclusione del tromboembolismo venoso, quando usato in combinazione con lo score di Wells. Il suo utilizzo come test di screening o per confermare la trombosi è da scoraggiare. Inoltre, la valutazione del post-COVID-19 mediante la misura del DD non ha, al momento, fondate basi scientifiche, al di là di un generico stato infiammatorio, per il quale non si hanno elementi per un intervento.

Partirà a breve uno studio SISET (investigatori principali Tripodi e De Stefano) che avrà come scopo la raccolta di informazioni su pazienti con livelli di DD superiori al cut off, negativi per COVID-19 al momento dell’arruolamento, per i quali sia stata esclusa la presenza di TEV e per i quali ci sia una documentazione di laboratorio sullo stato infiammatorio (PC-reattiva). Per informazioni sullo studio scrivere a armando.tripodi@unimi.it.

 

•  In caso di sospetto clinico di trombosi venosa si raccoglie uno score clinico (score di Wells) che include domande relativamente semplici e che tendono a stabilire se il paziente ha fattori di rischio per trombosi (es. cancro, immobilizzazione, allettamento, chirurgia maggiore, presenza di edema e vene collaterali superficiali, gonfiore del polpaccio e diagnosi alternative). Lo score prevede un punteggio di “0” se la risposta è negativa e “1” se positiva. Se la somma totale, (dopo aver sottratto 2, nel caso esista una diagnosi alternativa), è prossima allo “0”, significa che la trombosi è improbabile. Viceversa, un punteggio alto significa che la trombosi è clinicamente plausibile. Contestualmente il paziente è avviato alla misura del DD. Se a seguito dell’esecuzione di queste procedure, il DD è normale (al di sotto del cut-off) e la probabilità clinica di trombosi è bassa (score di Wells prossimo allo “0”), la trombosi può essere ragionevolmente esclusa, senza ricorrere a ulteriori indagini strumentali. Viceversa, nei casi in cui il DD è elevato (al di sopra del cut-off), la trombosi non può essere confermata e il paziente deve essere avviato alle indagini strumentali (ultrasonografia per compressione e angio-TC). L’algoritmo descritto si applica a pazienti ambulatoriali con sospetto di trombosi venosa degli arti inferiori o embolia polmonare, usando in quest’ultimo caso l’apposito score. La validità dell’algoritmo di esclusione è stata accertata mediante studi di management.

 

Bibliografia:

  1. Townsend L et al. Prolonged elevation of D-dimer levels in convalescent COVID-19 patients is independent of the acute phase response. J Thromb Haemost. 2021 Apr;19(4):1064-1070. doi: 10.1111/jth.15267. Epub 2021 Mar 8. PMID: 33587810; PMCID: PMC8013297.
  2. Lehmann A, et al. (2021) Impact of persistent D-dimer elevation following recovery from COVID-19. PLoS ONE 16(10): e0258351. https://doi.org/10.1371/journal. Pone.0258351
  3. Meisinger C, Kirchberger I, Warm TD, Hyhlik-Dürr A, Goßlau Y, Linseisen J. Elevated Plasma D-Dimer Concentrations in Adults after an Outpatient-Treated COVID-19 Infection. 2022 Nov 3;14(11):2441. doi: 10.3390/v14112441. PMID: 36366539; PMCID: PMC9699049.
  4. Fan BE, Wong SW, Sum CLL, Lim GH, Leung BP, Tan CW, Ramanathan K, Dalan R, Cheung C, Lim XR, Sadasiv MS, Lye DC, Young BE, Yap ES, Chia YW; COVID-19 Clotting and Bleeding Investigators. Hypercoagulability, endotheliopathy, and inflammation approximating 1 year after recovery: Assessing the long-term outcomes in COVID-19 patients. Am J Hematol. 2022 Jul;97(7):915-923. doi: 10.1002/ajh.26575. Epub 2022 Apr 28. PMID: 35477923; PMCID: PMC9073976.
  5. Franchini M, Focosi D, Pezzo MP, Mannucci PM. How we manage a high D-dimer. 2023 Oct 26. doi: 10.3324/haematol.2023.283966. Epub ahead of print. PMID: 37881856.