È una patologia importante. Molte persone presentano i sintomi, che spesso non risultano imputabili alla trombosi venosa profonda. Solo una diagnosi accurata può stabilire la presenza della patologia e le cure più adatte.
La Trombosi venosa profonda (TVP) è un’affezione seria e potenzialmente letale. Un elevato numero di soggetti presentano segni clinici compatibili con una TVP, ma la diagnosi risulta tale solo in un numero limitato di persone. È indispensabile una procedura diagnostica che dimostri con sicurezza la presenza o assenza di TVP. È importante che i servizi sanitari dispongano e seguano delle procedure utili a ottenere diagnosi sicure di presenza o assenza di TVP. Questo con il minor impiego possibile di risorse e di disagio per i pazienti, in modo da trattare tempestivamente e adeguatamente i pazienti con TVP dimostrata ed evitare terapie anticoagulanti ai soggetti che non risultano avere la TVP.
La trombosi venosa profonda
La trombosi venosa profonda (TVP) è un’occlusione completa o parziale provocata da un coagulo (trombo) di un tratto del sistema venoso profondo degli arti, più frequentemente quelli inferiori. La TVP è spesso l’origine di un embolo (una porzione più o meno grande del trombo) che seguendo il flusso centripeto venoso raggiunge il circolo arterioso polmonare causando una “embolia polmonare” (EP). Nel loro insieme la TVP e l’EP costituiscono il tromboembolismo venoso (TEV). Il TEV è la patologia vascolare più comune dopo l’infarto miocardico e l’ictus. Sia le TVP sia le EP spesso non vengono sospettate, e questo comporta un grave ritardo nella diagnosi e nell’avvio di una terapia idonea, con conseguenze cliniche severe. Superata la fase acuta, compare con una certa frequenza la cosiddetta “sindrome post-trombotica”, affezione che può essere altamente invalidante, caratterizzata da dolore, edema cronico, alterazioni della pelle e possibile insorgenza di ulcere trofiche croniche. La TVP tende a recidivare, con episodi di riacutizzazione che comportano un ulteriore rischio di EP ed aggravano la sindrome post-trombotica.
I fattori di rischio per TEV sono molteplici (vedi Tabella 1). L’incidenza della TEV nella popolazione generale nel mondo è di circa un caso ogni mille persone per anno.
La TVP degli arti inferiori viene distinta in:
• prossimale, quando coinvolge vene al di sopra della rima articolare del ginocchio (dalla vena poplitea inclusa in su)
• distale, quando interessa esclusivamente le vene del polpaccio, al di sotto della rima del ginocchio.
Questa distinzione ha importanza in quanto le trombosi a localizzazione solo distale sono a minor rischio di complicanze emboliche, rischio che tuttavia aumenta in caso la trombosi risalga fino a coinvolgere le vene prossimali.
La diagnosi di TVP
I sintomi e segni clinici che fanno sorgere il sospetto di TVP sono numerosi e variabili: gonfiore dell’arto o di alcune parti dello stesso, dolore a riposo e/o nel camminare, dolore spontaneo o provocato dallo stiramento dei muscoli, arrossamento ed altre alterazioni del colore della pelle, aumento della temperatura cutanea, aumento sensibilità cutanea, crampi, sviluppo di circoli collaterali. I segni e sintomi clinici non sono però affatto specifici e possono essere causati da altre malattie (vedi Tabella 2). Pertanto, il sospetto su base clinica di TVP deve essere sempre confermato da risultati di test diagnostici oggettivi.
Se l’incidenza annua nella popolazione generale di una vera TVP è di circa 1 caso su 1000 abitanti, l’incidenza di soggetti che presentano sintomi e segni che possono essere imputabili ad una TVP è molto più alta ed è stimata intorno a 3-4 per 1000. Quindi, nel 70-75% dei soggetti visitati in ambulatorio, che presentano segni e sintomi clinici potenzialmente indicativi di TVP, la TVP risulta poi essere esclusa ad un successivo controllo di conferma. È dunque indispensabile adottare una procedura diagnostica standardizzata, che utilizzi metodi obiettivi e sensibili, per confermare o escludere la presenza di TVP.
La probabilità clinica
La presenza e la valutazione dei sintomi o segni sopra citati contribuiscono a determinare la cosiddetta Probabilità clinica pre-test (PCPT). Molto usato per una valutazione standardizzata della PCPT è il punteggio secondo Wells (vedi Tabella 3), che consente di classificare i pazienti in due categorie con diversa probabilità di avere effettivamente una TVP probabile o non-probabile. In linea generale, la valutazione della PCPT influenza fortemente il valore predittivo negativo e positivo di tutti i test diagnostici e consente di adottare percorsi diagnostici diversi, così come test di differente sensibilità, a seconda del grado di probabilità clinica. Quando la probabilità clinica è bassa anche risultati negativi di un test di limitata sensibilità possono portare ad una diagnosi corretta. Al contrario, risultati negativi di test a bassa sensibilità non consentono di escludere la presenza della patologia in soggetti ad alta PCPT.
È sulla base della PCPT che il paziente deve essere avviato agli accertamenti indispensabili per raggiungere una diagnosi di certezza.
Il D-dimero
È il prodotto finale della degradazione della fibrina stabilizzata da parte del potenziale fibrinolitico del sangue. L’aumento del livello di D-dimero è indice di aumentata coagulabilità e di formazione di fibrina intra- o extra-vascolare. L’interpretazione del risultato del D-dimero deve essere fatta in relazione con la PCPT: in caso PCPT bassa o moderata un D-dimero negativo consente di escludere la TVP o l’embolia polmonare; se invece il risultato del D-dimero è alterato occorre procedere ad un test di immagine, che solitamente è la CUS (Compression UltraSonography) in caso di sospetta TVP, o l’Angio-TC polmonare se si sospetta un’embolia polmonare]. Se la PCPT è alta è sostanzialmente inutile eseguire il D-dimero in quanto il test di immagine deve comunque essere fatto.
La presenza di un D-dimero alterato non costituisce di per sé un segno di presenza di trombosi ed è un reperto frequente in molte condizioni morbose ed anche in soggetti sani. Nella diagnostica per TVP (come in quella per l’embolia polmonare) un D-dimero alterato indica che occorrono ulteriori accertamenti per escludere o dimostrare la presenza di una trombosi; nel caso del sospetto di TVP occorre procedere all’indagine ultrasonografica (ecodoppler venoso).
Diagnosi strumentale: l’Ultrasonografia
L’indagine ultrasonografica venosa non invasiva è oggi l’indagine di prima scelta per la diagnosi di TVP e si basa sulla compressione delle vene profonde, con o senza analisi Doppler ed imaging a colori. L’esplorazione è condotta dalla vena femorale comune all’inguine e prosegue in senso distale utilizzando il criterio basato sulla chiusura (completa, parziale o del tutto assente) della vena in sezione trasversale quando si eserciti una moderata pressione della sonda. La mancata chiusura della vena con la leggera pressione della sonda è un segno della presenza di un trombo in quel punto della vena). Questa metodica è facilmente eseguibile dagli operatori e ha un’elevata accuratezza diagnostica per le TVP prossimali (dal cavo del ginocchio in su) mentre richiede più esperienza e capacità da parte dell’operatore e ha una minore accuratezza diagnostica per le vene distali (le vene profonde del polpaccio). L’indagine ultrasonografica venosa non è purtroppo ancora standardizzata e varia a seconda del laboratorio e dell’esperienza tecnica.
Due approcci diagnostici sono attualmente disponibili e praticati:
1. l’indagine CUS semplificata, cioè limitata alle vene profonde prossimali, che viene ripetuta dopo 5-10 giorni nei soggetti negativi alla prima indagine ma nei quali vi è una “probabile” possibilità di presenza di una trombosi di una vena profonda del polpaccio. Il rischio clinico per questi pazienti aumenta in caso di estensione di una trombosi distale, che non viene diagnosticata, in direzione prossimale; evento non frequente e che viene diagnosticato ripetendo a distanza la CUS semplificata e quindi tempestivamente trattando la trombosi che è diventata prossimale.
2. l’indagine completa ed effettuata un’unica a volta di tutto l’asse venoso profondo, includendo le vene profonde del polpaccio in modo da diagnosticare o escludere subito la presenza di trombosi. Attualmente questa procedura diagnostica è la più frequentemente impiegata, e comporta un più elevato numero di trombosi delle vene distali del polpaccio, di cui non è ancora del tutto accertato il rischio clinico.
La terapia della TVP
La terapia della TVP è basata sulla somministrazione il più precocemente possibile di un anticoagulante diretto, ad azione pressoché immediata e alle dosi opportune. È possibile somministrare eparina non frazionata in bolo e in infusione continua, oppure una delle eparine a basso peso molecolare o fondaparinux per via sottocutanea (a dose aggiustata al peso corporeo), o infine Apixaban o Rivaroxaban, due dei nuovi anticoagulanti orali, che possono essere somministrati sin dall’inizio del trattamento, ma con dosi e per una durata specifiche per ciascun farmaco. L’inizio della terapia può anche precedere la diagnosi in pazienti ad alta probabilità clinica e in attesa della realizzazione dei test di conferma o esclusione. La terapia iniziale con eparine o fondaparinux va embricata con la somministrazione di un farmaco anticoagulante orale; può trattarsi di farmaci dicumarolici (antivitamina K) che richiedono non meno di 5 giorni per essere efficaci, o il Dabigatran o l’Edoxaban, che richiedono 5-9 gg di terapia parenterale prima della loro somministrazione.
La terapia della TVP prevede necessariamente anche l’applicazione di compressione elastica (calza classe II° di compressione) da consigliare per un periodo di tempo molto lungo (anche due anni) per evitare il più possibile la sindrome post-trombotica. I pazienti in terapia anticoagulante e con calza elastica devono essere spronati a camminare e ad evitare di passare troppo tempo a letto.
Tabella 1
Fattori di rischio di malattia tromboembolica venosa
• Storia di tromboembolia venosa
• Familiarità per tromboembolia venosa
• Recente chirurgia
• Prolungata immobilizzazione
• Traumi e/o fratture
• Cancro
• Trattamento chemioterapico
• Trombofilia congenita o acquisita
• Paralisi
• Età > 50 anni
• Gravidanza e puerperio
• Obesità
• Insufficienza cardiaca congestizia
• Uso di contraccettivi orali
• Malattie infiammatorie intestinali
• Vene varicose
Tabella 2
Possibili diagnosi alternative
• Erisipela(infezione della pelle)
• Strappo muscolo-tendineo, ematoma, trauma
• Cisti di Baker
• Trombosi venosa superficiale
• Sindrome post-trombotica
• Linfedema o linfangite
• Edema da insufficienza cardiaca
• Compressione esterna
• Altro
Tabella 3
Valutazione della probabilità clinica di TVP secondo Wells e coll. (1)
CARATTERISTICHE CLINICHE
(Se entrambi gli arti sono sintomatici valutare quello più accentuato) |
SCORE |
Cancro in atto (terapia in corso, o nei precedenti 6 mesi, o palliativa) | [1] |
Paralisi, paresi o recente immobilizzazione di un arto inf. | [1] |
Recente allettamento ≥ 3 gg o chirurgia maggiore (entro 12 sett.) | [1] |
Dolorabilità localizzata lungo il decorso del sistema venoso profondo | [1] |
Edema di tutto l’arto | [1] |
Gonfiore del polpaccio, 3 cm > controlaterale (10 cm sotto la tuberosità tibiale) | [1] |
Edema improntabile (più accentuato nell’arto sintomatico) | [1] |
Circolo collaterale superficiale (non vene varicose) | [1] |
Precedente tromboembolia venosa | [1] |
Diagnosi alternativa (verosimile almeno quanto quella di TVP) | [-2] |
Punteggio totale |
Valutazione conclusiva:
Presenza di TVP probabile se punteggio = 2 o >2
Presenza di TVP non-probabile se punteggio = 1 o meno
- Wells PS, Anderson DR, Rodger M, et al. Evaluation of D-dimer in the diagnosis of suspected deep-vein thrombosis. N Engl J Med 2003; 349: 1227-35.