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Dai dati emersi dalla survey “Dar voce alla popolazione anticoagulata” presentati al 6° Congresso bolognese di Anticoagulazione.it emergono le difficoltà e i timori legati alla pandemia.

Moderati livelli di alfabetizzazione sanitaria, difficoltà nella comprensione delle informazioni sanitarie e problemi nell’identificazione del professionista più adatto: sono queste le maggiori difficoltà emerse dai pazienti all’interno della survey “Dar voce alla popolazione anticoagulata”, promossa da un partenariato tra l’Area di Ricerca e Sviluppo delle Professioni Sanitarie dell’IRCCS Policlinico San Donato, il centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Anticoagulazione.it. L’iniziativa ha anche ottenuto il patrocinio da parte di Feder-AIPA, AICCA e l’Ordine Professioni Infermieristiche Milano-Lodi-Monza e Brianza.

I risultati dell’indagine sono stati presentati e discussi durante il 6° Convegno di Fondazione Arianna Anticoagulazione e Anticoagulazione.it.
“Dar voce” ha cercato di intercettare tre popolazioni: i pazienti, i loro caregiver e gli specialisti. In questa sezione ciò che è emerso per quanta riguarda la situazione e le difficoltà degli anticoagulati. I rispondenti sono stati 359, un numero statisticamente non significativo della popolazione anticoagulata in Italia. Tuttavia, le questioni emerse sono un utile spunto di discussione.

Ecco i principali risultati emersi:

  1. Health literacy – I livelli di alfabetizzazione sanitaria sono moderati e limitati, soprattutto nel genere femminile. La valutazione dell’attendibilità della fonte di comunicazione e la comprensione delle informazioni sanitarie, così come l’identificazione del professionista sanitario a cui rivolgersi, sono le aree maggiormente auto-percepite come difficoltose. Solo il 40% dei pazienti si è rivolto ad un professionista sanitario per ricercare e comprendere le informazioni sanitarie sulla gestione del proprio trattamento con anticoagulanti orali durante la pandemia COVID-19.
  2. Engagement – La maggior parte del campione presenta livelli di engagement sufficienti (il 42% si trova in uno stato definito di consapevolezza): i pazienti hanno dunque sviluppato un buon adattamento psicologico e comportamentale nella gestione del proprio trattamento in una fase di criticità, che è rimasto costante nel corso della pandemia. Tuttavia, sono i pazienti di genere maschile e con più alti livelli di health literacy a presentare maggiori livelli di engagement.
  3. Lo switch terapeutico e la gestione dell’anticoagulante – Nel corso dell’emergenza sanitaria, il 10% dei pazienti è passato a un trattamento con anticoagulanti orali diretti (DOAC). La principale difficoltà percepita dai pazienti in trattamento con anticoagulanti cumarinici (AVK) riguardava la paura di contrarre l’infezione presso il centro TAO (lo temeva il 56% dei rispondenti). Per quanto riguarda i pazienti in trattamento con anticoagulanti orali diretti, il 19% ha dichiarato di aver avuto difficoltà nel rinnovo del piano terapeutico. La gestione dei nuovi anticoagulanti orali risulta essere la componente di maggiore preoccupazione da parte dei pazienti nel 44% dei casi.
  4. L’aderenza al trattamento – Il 2% del campione è risultato non aderente al trattamento. Tra questi, i pazienti in trattamento con gli anticoagulanti orali diretti risultano essere quelli meno aderenti, e il genere femminile è più soggetto all’adozione di comportamenti di salute inadeguati rispetto al proprio stato di salute e al trattamento terapeutico.
  5. Livello di soddisfazione – La maggior parte dei pazienti riferisce un livello di soddisfazione intermedio rispetto all’assistenza ricevuta nel corso della pandemia. In particolare, coloro che presentano un alto livello di soddisfazione hanno un livello di engagement adeguato e risultano essere più aderenti al trattamento terapeutico. Tuttavia, i pazienti più giovani, il genere femminile e coloro che hanno una posizione lavorativa in attivo presentano più bassi livelli di soddisfazione. Infine, l’80% del campione non si è detto preoccupato sull’influenza della pandemia sulla gestione del proprio trattamento terapeutico. Ciò nonostante, coloro che dichiarano di essere preoccupati (il 20%) presentano livelli di engagement inadeguati.
  6. L’esitanza vaccinale – Nel corso della pandemia, i livelli di esitanza vaccinale sono progressivamente diminuiti. Nello specifico, nell’ultimo periodo di rilevazione dei dati (ultimo semestre 2021), il 93% del campione si è dichiarato favorevole alla vaccinazione COVID-19. Ciononostante, risultano essere più favorevoli alla vaccinazione i pazienti di genere maschile e che presentano livelli di health literacy più alti e un livello di engagement adeguato.
  7. L’autogestione – La maggior parte del campione (l’81%) risulta essere favorevole ad acquisire competenze e conoscenze per una gestione autonoma del proprio trattamento nel corso della pandemia COVID-19. Tuttavia, solo una minoranza del campione provvede all’autogestione del proprio trattamento e tra questi, il 78% non ha ricevuto una formazione adeguata e riscontra come principale difficoltà il costo relativo all’acquisto del coagulometro portatile.

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