“Cosa manca di più a mio figlio? Non poter giocare a calcio con gli amici”. Lisa Bigolin è la mamma di Leonardo, 7 anni, cardiopatico dalla nascita.
“A dicembre 2016 è stato sottoposto a intervento chirurgico e gli hanno messo una valvola meccanica – continua la mamma –. Da quel momento ci hanno detto che avrebbe dovuto seguire la terapia anticoagulante, di cui io non avevo mai sentito parlare”.
La somministrazione del warfarin inizia direttamente nell’ospedale di Padova, dove è stato operato il piccolo. Nel frattempo i genitori si informano su chi possa seguire Leonardo una volta lasciata la struttura. “È stato un momento problematico – ammette Bigolin –. Il pediatra ci ha comunicato di non essere la figura adatta a seguire nostro figlio in questo percorso: serviva uno specialista. Mi sono rivolta all’ospedale di Noventa Vicentina, il più comodo per noi. Da lì ci hanno dirottati sulla struttura di Vicenza”.
Nel centro vicentino la famiglia trova professionisti disponibili a spiegare come funziona la terapia e cosa comporta: prelievi periodici di monitoraggio e una visita di controllo ogni sei mesi. “Effettuiamo i prelievi a Noventa, in modo che Leonardo perda solo un’ora di scuola – continua la mamma –. Da parte nostra non ci sono grandi problemi organizzazione: io lavoro part-time e conosciamo in anticipo la data del prelievo successivo, che comunque consente una certa flessibilità. Mi piacerebbe però avere una figura cui rivolgermi per domande in apparenza banali: se mio figlio ha mal di testa può essere il sintomo di qualcosa che non sta funzionando a dovere, oppure è un malessere di cui non dobbiamo preoccuparci? Come riconoscere i colpi che lo espongono al rischio di emorragie interne? Soprattutto all’inizio, quando tutto è nuovo, è importante avere la possibilità di porre a qualcuno queste questioni”. Bigolin lo ha fatto durante la prima visita programmata dal centro, ottenendo le risposte che cercava. “Mi spiace però che il mio pediatra non sia in grado di fornirmele”.
Il piccolo Leonardo conduce una vita normale, con alcune attenzioni: “Non può praticare sport dove rischi di subire dei colpi, come il calcio, il basket o il ciclismo. E questo purtroppo gli pesa. Compensiamo con il nuoto e la musica, ma non è la stessa cosa. A scuola per fortuna può fare educazione fisica, senza esoneri”.
Già, la scuola. Come sono vissute dai compagni le “strane abitudini” di Leonardo? “Per fortuna non ha mai avuto problemi. Solo una volta, al centro estivo, un altro bambino ha cominciato a prenderlo in giro perché non giocava a calcio, dandogli della femminuccia. È stata l’unica volta in cui siamo intervenuti andando a parlare con i genitori, lui era davvero abbattuto”.
E alle maestre come è stato spiegato il problema? “All’inizio è bastata una comunicazione orale, poi hanno chiesto una lettera del medico curante. Recentemente ci hanno detto che se Leonardo dovesse subire dei traumi come ricevere una pallonata o cadere dalle scale, l’indicazione è quella di chiamare il 118, indipendentemente dalla gravità dell’infortunio. Solo dopo la procedura permette di avvisare i genitori”.
A Leonardo non pesano i frequenti prelievi (che recentemente si sono assestati a uno al mese, ma in passato sono arrivati a uno ogni 3-5 giorni per via di un’infezione da tenere sotto controllo): dopo aver subito un intervento a sei anni e aver vissuto settimane di ricovero, sottoporsi al monitoraggio è diventata una routine nella sua vita.
Per poter godere di una maggiore autonomia, la famiglia ha richiesto un coagulometro: “Quest’estate abbiamo incastrato le vacanze tra due prelievi: siamo stati via cinque giorni – racconta la madre –. Se avessimo avuto il dispositivo, avremmo potuto effettuare il monitoraggio e magari prenderci qualche giorno di ferie in più”. La richiesta è stata inoltrata direttamente al centro dell’ospedale di Vicenza: “Non sappiamo se sarà accolta, ma nel caso saranno i medici vicentini a insegnarci a usarlo”, spiega Bigolin.
Per il momento, comunque, tutto è vissuto con molta naturalezza: “A ogni prelievo i medici del centro ci stampano o ci inviano via mail la terapia. Noi la attacchiamo sul frigo in modo da non dimenticarcene e la fotografiamo con il cellulare, per sapere con esattezza la dose anche quando siamo fuori casa”, sorride mamma Lisa.
Si trasportano facilmente e permettono ai pazienti in terapia AVK di effettuare le misurazioni dell’INR senza doversi sottoporre ai prelievi periodici. Sono i coagulometri portatili, dispositivi che potrebbero migliorare la vita dei pazienti anticoagulati ma che al momento restano quasi inaccessibili alle famiglie per via del loro alto costo. “Purtroppo nel nostro paese questi apparecchi non rientrano tra i presidi sanitari rimborsabili, costringendo il paziente che decida di utilizzarli a caricarsi di un costo considerevole”, afferma Daniela Poli, dirigente del Centro Trombosi di Firenze, che sottolinea come questi device sarebbero importanti “per i bambini, che potrebbero così evitare il più traumatico prelievo venoso, per le persone con difficoltà all’accesso venoso, per chi lavora e può così evitare di perdere tempo per raggiungere un laboratorio o un punto di prelievo. Va poi ricordato come il loro uso nei pazienti allettati potrebbe avere risvolti importanti anche per la spesa sanitaria, consentendo il monitoraggio dei valori di INR senza l’onere dell’invio di un infermiere per l’esecuzione di un prelievo domiciliare”.