Condividi su:

Al 7° Convegno di Fondazione Arianna Anticoagulazione la tavola rotonda coordinata dalla Dott.ssa Daniela Poli, Presidente F.C.S.A., e organizzata in collaborazione con A.I.P.A-Bologna, ha dato l’occasione a pazienti, clinici e istituzioni di confrontarsi sugli obiettivi concreti da indicare ai Sistemi Sanitari Regionali per migliorare la qualità di vita di pazienti trattati con farmaci anti-vitamina K (AVK) e la sicurezza di quelli in terapia con anticoagulanti orali diretti (DOAC).

La sorveglianza clinica

La necessità di definire percorsi di sorveglianza che riguardino non solo i pazienti in terapia con farmaci anti vitamina K (AVK: Coumadin® o Sintrom®), che necessitano di monitoraggio dell’INR, ma anche quelli in trattamento con un DOAC, è stata evidenziata da Antonia Pertosa, coordinatrice regionale di A.I.P.A (Associazione Italiana Pazienti Anticoagulati) Regione Puglia. “I pazienti in terapia con DOAC spesso sono abbandonati a loro stessi dopo la prescrizione del farmaco” – ha sottolineato Pertosa -“è prioritario per le associazioni evitare la chiusura dei centri, conseguenza del pensionamento dei medici attualmente in servizio e della mancanza del ricambio generazionale”  -ha continuato Pertosa- “E molto importante che ci sia una rete dei centri che si occupino di terapia anticoagulante (TAO) perché la rete dà delle garanzie”- ha concluso.

Attualmente l’unica Regione ad aver istituito “formalmente” una rete dei centri di sorveglianza è stata, grazie anche all’impegno di A.I.P.A, la Regione Puglia. Tuttavia, a livello nazionale il “network” è fornito dalla Federazione dei Centri per Sorveglianza della Terapia Anticoagulante (F.C.S.A), che attualmente ne comprende circa 200.

La formazione dei medici

“L’obiettivo di F.C.S.A” -ha spiegato la Dott.ssa Daniela Poli, Presidente della Società Scientifica FCSA- “è quello di fornire una rete ai medici attraverso la quale dare un riferimento culturale e di scambio su questi problemi”.  Ed è proprio il tema della formazione dei medici a preoccupare anche i rappresentanti delle associazioni di pazienti, i quali evidenziano la difficoltà nel reperire personale qualificato nella gestione delle terapie anticoagulanti per la carenza di percorsi di studio universitari dedicati, per lo più limitati alla formazione post-laurea (quindi non obbligatoria per tutti i medici), come il master di secondo livello organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma in collaborazione con la Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET).

Chi è l’esperto di emostasi e trombosi?

Attualmente una figura definita non esiste e chi si occupa di “problemi coagulativi” è spesso un internista, un cardiologo o un ematologo “particolarmente interessato” all’argomento. Se non c’è, pazienza! Peccato che circa due milioni di persone in Italia siano in terapia con anticoagulanti e quando subentra una complicanza molti medici si trovino in difficoltà. La necessità di definire una figura specialistica riconosciuta ed inserire la disciplina “emostasi e trombosi” all’interno dei percorsi di cura ospedalieri è attualmente al centro dell’impegno di SISET, come sottolineato dal Prof. Valerio de Stefano, Presidente della Società Scientifica SISET.

I POC (dispositivi portatili per la misura dell’INR)

A differenza di quanto accade per chi è affetto da diabete mellito e deve misurare la glicemia, i dispositivi portatili per misurare l’INR in chi è in terapia con AVK non sono dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Esiste la possibilità per i pazienti di acquistarli autonomamente. Tuttavia “il costo di questi apparecchi è elevato per il singolo paziente ma molto contenuto per il SSN, in particolare se paragonato ai costi sostenuti per il trattamento con i DOAC”- ha detto Poli- che ha anche ricordato la necessità di un inquadramento normativo, tutt’ora assente, che regoli la gestione dei dispositivi. Una carenza che ne scoraggia l’utilizzo da parte dei Centri, nonostante per il paziente in AVK l’uso dei coagulometri portatili abbia dimostrato di consentire una gestione sicura ed efficace, con una riduzione del rischio tromboembolico.

“La terapia anticoagulante orale con AVK in futuro interesserà progressivamente meno pazienti, ma più giovani, in prevalenza portatori di protesi cardiache valvolari meccaniche o affetti da cardiopatia reumatica, per i quali i DOAC non  sono indicati ”-ha sottolineato il Prof. Gualtiero Palareti, Presidente di Fondazione Arianna Anticoagulazione ed AIPA Bologna “queste persone giovani hanno la necessità di lavorare e viaggiare, è pertanto prioritario che, per migliorare la loro qualità di vita, i POC siano resi disponibili gratuitamente per chi ne ha bisogno” – ha concluso.