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Due recenti editoriali hanno richiamato l’attenzione su questa sindrome, di cui si conosce ancora poco ma che sta colpendo una percentuale significativa della popolazione mondiale. Per contrastarla, l’Italia ha elaborato una strategia sanitaria basata su 5 pilastri.

Due editoriali, comparsi entrambi nell’agosto scorso, uno sul New England Journal of Medicine e l’altro su The Lancet richiamano l’attenzione dei medici sul disastro per la salute a livello mondiale. Mentre la pandemia di COVID-19 continua, si appalesa la constatazione del “Long Covid”, una sindrome clinica nei soggetti sopravvissuti al COVID-19. Infatti, dopo il COVID-19 compaiono dei sintomi (come un’astenia profonda e persistente, difficoltà di respiro, annebbiamento del cervello, perdita di alcuni sensi, cefalea, tosse, insonnia, ansia, depressione), che debilitano parecchi milioni di persone nel mondo. Si tratta di segni e sintomi che si sviluppano e continuano dopo la fase acuta del COVID-19.

Attualmente, non c’è un consenso ben definito sulla definizione di questa sindrome. È più facile sostenere ciò che non è. Non ci sono test diagnostici obiettivi o biomarker. Non è una trombosi, non è una miocardite, non è una malattia infiammatoria sistemica, non è una polmonite o altro. Si tratta di una serie di sintomi che possono durare settimane o mesi persino dopo 1 anno e più.

Sono stati registrati fino a 200 sintomi, che colpiscono 10 organi, con problemi vari (vascolari, cardiaci, neurologici, respiratori, renali), cui si aggiungono ansia e depressione. I sintomi si presentano singolarmente o in diverse combinazioni, sono transitori o costanti e possono cambiare nel tempo.
Nel Regno Unito si stimano 945.000 soggetti affetti da Long-Covid corrispondenti all’1,5% della popolazione, inclusi 34.000 bambini tra 2 e 16 anni (alcuni soffrono della grave sindrome infiammatoria multisistemica). La prevalenza più significativa è tra i 35 e 69 anni. Negli Stati Uniti, su 114 milioni di contagiati (fino a marzo 2021), si calcola che il 10-30% di essi, pari a circa 15 milioni di americani, accusino sintomi debilitanti per mesi dopo essere stati infettati dal SARS-CoV-2. Con un’età media di 40 anni, sono per lo più persone in età lavorativa.

In Italia si calcolo 200-400.000 soggetti colpiti dalla sindrome, che nel nostro Paese è stata riconosciuta come entità a parte dal Covid dall’Istituto Superiore di Sanità. Il Servizio Sanitario Nazionale ha provveduto a garantire gratuitamente esami, visite specialistiche e cure ai soggetti colpiti.

Dopo queste iniziative, è stata ritenuta, infine, urgente un’azione sanitaria coordinata a livello nazionale costruita su 5 pilastri:

  • prevenzione primaria con una campagna di educazione al vaccino, dando enfasi a messaggi culturali verso la popolazione esitante, sul rischio di contrarre anche il long Covid;
  • costituzione di un’agenzia di ricerca internazionale per identificare le cause, i meccanismi, infine i mezzi per prevenire e trattare i long Covid;
  • rifarsi alle lezioni storiche sulle sindromi post-virali, paragonabili a quella del COVID-19;
  • una risposta olistica alle necessità cliniche complesse di questi pazienti con cure multispecialistiche;
  • il coinvolgimento dei responsabili della salute pubblica.

La metafora di un treno elettrico che viaggia sui binari di dieta e attività fisica è stata utilizzata con un successo nel recente corso di formazione “Progetto Post Pandemia”. Diversi specialisti hanno discusso in ipotetiche stazioni delle manifestazioni patologiche da COVID-19, legate alla loro disciplina.

L’inaspettata evoluzione del decorso Long Covid per tanti pazienti e la necessità attuare misure sempre più aggiornate nella prevenzione virale, ci fa immaginare un treno a lievitazione magnetica diretto con più velocità e minor impatto ambientale. Alla luce di questo tutti (operatori sanitari, pazienti e decisori pubblici) dovremmo essere più uniti e veloci nella Cultura di Salute e Prevenzione.


Bibliografia

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