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La tavola rotonda condotta dal Prof. Vittorio Pengo dell’Università degli Studi di Padova ha visto gli esperti confrontarsi sull’impiego, nella pratica clinica, di rivaroxaban a bassissimo dosaggio associato ad acido acetilsalicilico (ASA) nel paziente ad alto rischio con arteriopatia periferica degli arti inferiori e cardiopatia ischemica.

I risultati di recenti grandi trial randomizzati controllati (ATLAS, COMPASS, VOYAGER PAD)1,2,3 hanno portato all’autorizzazione, nel Gennaio 2021 da parte di AIFA, della prescrizione (con piano terapeutico) del rivaroxaban 2,5 mg (due volte al dì) associato all’ASA per la prevenzione degli eventi aterotrombotici nei pazienti con cardiopatia o vasculopatia periferica cronica (PAD) ad alto rischio di complicanze. La rimborsabilità da parte del SSN riguarda i pazienti nei quali sia stata confermata una PAD.

Ma quali sono i pazienti “ad alto rischio” nei quali prendere in considerazione questa associazione terapeutica, gravata da un inevitabile aumento del numero di emorragie?

Dai dati dello studio del COMPASS PAD4 (sotto analisi dello studio originale che ha preso in considerazione i circa 7500 pazienti affetti da arteriopatia periferica), commentati dal Prof. Paolo Gresele, dell’Università degli Studi di Perugia, è emerso come il vantaggio dell’associazione (ASA + rivaroxaban 2,5 mg) fosse particolarmente evidente nei pazienti con multipli fattori di rischio (malattia polivascolare, insufficienza renale cronica lieve-moderata, insufficienza cardiaca, diabete mellito), soprattutto se il paziente era già andato incontro ad un precedente episodio di amputazione o rivascolarizzazione per ischemia critica ad una arto.

Tali risultati sono stati confermati anche dallo studio VOYAGER PAD, presentato dal Dott. Beniamino Zalunardo dell’Ospedale di Castelfranco Veneto, che ha riguardato in particolare proprio i pazienti recentemente sottoposti a rivascolarizzazione di un arto per claudicatio invalidante o ischemia critica. Questo studio “che ha fornito evidenze dove prima non c’erano, e cioè nel paziente sottoposto a rivascolarizzazione” – ha commentato il Dott. Zalunardo – ha documentato come una percentuale molto alta di questi pazienti, il 20%, sia andata incontro a complicanze a 3 anni con il solo trattamento con ASAL’aggiunta di rivaroxaban ha portato ad una riduzione dell’outcome composito di efficacia (ischemia acuta dell’arto, amputazione maggiore, infarto miocardico, ictus ischemico o morte per cause cardiovascolari) del 15%, guidato soprattutto dalla diminuzione delle ischemie acute dell’arto (ridotte del 33%).

In entrambi gli studi, si è assistito ad un aumento delle emorragie maggiori nel gruppo trattato anche con rivaroxaban, tuttavia, come sottolineato dal Prof. Gresele, le complicanze emorragiche si sono verificate soprattutto nel primo anno di trattamento e prevalentemente a carico del tratto gastrointestinale alto, pertanto, “se si valuta attentamente il paziente e, quando opportuno, si fa una gastroprotezione, nel paziente grave (cioè nel paziente con multipatologia, che ad, esempio ha già avuto una rivascolarizzzaione periferica o un’amputazione), questo è un grande avanzamento potenziale della terapia e merita di essere implementato più ampiamente”- ha commentato il Prof. Paolo Gresele – “in quanto questi sono pazienti che, se fanno un’ulteriore episodio (ad esempio di ischemia acuta di una arto) vanno spesso incontro ad esito infausto”. Inoltre, il Prof. Gresele ha ricordato come l’arteriopatia periferica sia un fattore prognostico molto importante per il paziente con cardiopatia ischemica. La PAD andrebbe pertanto ricercata, anche tramite una semplice misurazione dell’ABI (indice caviglia/braccio), in questo tipo di pazienti che, se presentano una malattia multivascolare, andrebbero trattati in modo più completo, non dimenticando il controllo prioritario di tutti gli altri fattori di rischio come l’abolizione del fumo, il controllo della pressione arteriosa e della dislipidemia.

 

Rimane tuttavia un problema di prescrivibilità del farmaco in quanto il rivaroxaban, per questa indicazione, richiede un piano terapeutico che deve essere redatto da specialisti. Individuare quali siano questi “specialisti prescrittori” può non essere così semplice in quanto dipende dalla regione di appartenenza. Come evidenziato dal Dott. Roberto Parisi, responsabile dell’U.O di Angiologia dell’ULSS3 Serenissima di Venezia, se in Veneto e Lombardia sono il Cardiologo, il Chirurgo Vascolare, l’Angiologo e l’Internista a poter prescrivere, in Friuli e Sardegna sono solo il Cardiologo ed il Chirurgo Vascolare mentre in Liguria è solo il Cardiologo. In alcuni casi, come il Lazio o la Toscana, vi sono differenze che riguardano le diverse strutture sanitarie all’interno della stessa regione. “Quello che emerge” – ha concluso – ha concluso il Dott. Parisi- “è che molti di quelli che dovrebbero essere i prescrittori sono esclusi”.

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Bibliografia

  1. Mega JL, Braunwald E, Wiviott SD, et al. Rivaroxaban in patients with a recent acute coronary syndrome. N Engl J Med 2012; 366: 9-19.
  2. Eikelboom JW, Connolly SJ, Yusuf S. Rivaroxaban in Stable Cardiovascular Disease. N Engl J Med 2018; 378: 397-8.
  3. Bonaca MP, Bauersachs RM, Anand SS, et al. Rivaroxaban in Peripheral Artery Disease after Revascularization. N Engl J Med 2020; 382: 1994-2004.
  4. Kaplovitch E et al. A Subanalysis of the COMPASS Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2021 Jan 1;6(1):21-29.