Si tratta di alterazioni della coagulazione del sangue (congenite ed ereditarie, oppure acquisite) che costituiscono un fattore di rischio per patologie trombotiche, più spesso venose.
Alcune alterazioni sono molto rare (riduzione del livello di Antitrombina, o di Proteina C o di Proteina S), ma si accompagnano ad un rischio clinico di tutto rilievo. Altre sono molto frequenti nella popolazione generale (mutazione del Fattore V Leiden e mutazione del Fattore II o protrombina), ma si associano ad un rischio clinico molto più ridotto.
Nei laboratori clinici possono essere effettuate numerose altre indagini per alterazioni genetiche. Tuttavia, non vi è alcuna dimostrazione del rischio clinico associato alla presenza di queste mutazioni. In particolare, la mutazione dell’enzima MTHFR, estremamente frequente nella popolazione generale, non risulta associata ad un vero rischio clinico, di trombosi o altro. Questo enzima è coinvolto nel metabolismo dell’omocisteina (un aminoacido che se presente con alti livelli nel sangue viene ritenuto un fattore di rischio vascolare). Piuttosto che ricercare la mutazione dello MTHFR è più consigliabile misurare direttamente il livello ematico di omocisteina; in caso di livelli aumentati possono essere effettuate le terapie appropriate a base di acido folico, vitamine del complesso B e dieta a preferenza vegetale.
L’aumento di fibrinogeno >500 mg/dl associato a mutazione 455G>A in donna giovane può essere considerato un fattore di rischio protrombotico e, pertanto, tale da sconsigliare un trattamento estroprogestinico?
grazie
NO! nè il livello alto del fibrinogeno (spesso dovuto a fatti flogistici transitori, e legati anche il metodo per dosaggio), né quella mutazione (che non ha valore clinico) sono una controindicazione all’uso di estroprogestinici, che comunque e indipendentemente da eventuali alterazioni trombofiliche, è associato ad un rischio trombotico.
Prof. Gualtiero Palareti
Presidente Fondazione Arianna Anticoagulazione
Presidente AIPA-Bologna