Perché il 13 ottobre?

La data del 13 ottobre non è casuale ma è stata scelta per celebrare il compleanno di Rudolph Virchow, patologo tedesco che oltre 100 anni fa ha intuito i fondamentali meccanismi alla base della formazione del coagulo di sangue all’interno dei vasi sanguigni che chiamiamo “trombo”, utilizzando per primo il termine “trombosi”. Il trombo può formarsi all’interno di una vena (trombosi venosa profonda o superficiale) o di una arteria, dando luogo a patologie come l’infarto e l’ictus.

La famosa “triade di Virchow”, ancora oggi studiata dagli studenti di medicina di tutto il mondo, sintetizza i tre principali fattori che, interagendo tra loro, sono alla base della formazione del trombo: la stasi (il sangue che “ristagna” circolando più lentamente), l’ipercoagulabilità del sangue e il danno alla parete del vaso sanguigno.

In pratica Virchow, oltre un secolo fa, aveva già spiegato i fondamenti del rischio, della terapia e della prevenzione della trombosi, in particolare di quella venosa: tutte quelle condizioni in cui c’è una immobilità protratta (stasi), un intervento chirurgico o un trauma (danno vascolare) e un aumento della coagulabilità del sangue; quest’ultimo può essere anche fisiologico, come in gravidanza, oppure favorito da malattie come i tumori, oltre che dalle condizioni congenite di trombofilia (tutte definite fattori di rischio). Chiaramente, più condizioni favorenti ci sono, più il rischio aumenta.

Muoversi contro la trombosi

“Muoversi contro la trombosi” è il tema della Giornata Mondiale della Trombosi (WTD), per ricordare a professionisti e cittadini che la prima prevenzione passa dal movimento.

Infatti, come si legge sul sito ufficiale del WTD,  “Stare seduti per lungo tempo senza mai alzarsi favorisce il ristagno di sangue nelle vene e la formazione di coaguli nel circolo venoso. Ognuno può ridurre il proprio rischio di andare incontro ad una trombosi venosa alzandosi in piedi e muovendosi, almeno una volta ogni ora, Qualsiasi movimento, inclusi lo stretching ed il camminare, migliora la circolazione e riduce il rischio di coaguli”

1. Vai a fare una passeggiata (30 minuti di movimento al giorno sono un obiettivo raggiungibile) 2. Metti un timer per alzarti e fare un pò di stretching per 5 minuti ogni ora 3. Balla a casa! Bastano 10 minuti al girono! 4. Durante i lunghi viaggi in macchina fermati ogni ora per scendere dall’auto e cammina 5 minuti

 

La trombosi venosa è poco conosciuta (e riconosciuta)

Nonostante il tromboembolismo venoso (trombosi venosa profonda ed embolia polmonare) sia una patologia estremamente diffusa, che colpisce circa 10 milioni di persone all’anno nel mondo (una su mille in Italia, considerando solo quelle che vengono diagnosticate), è ancora poco conosciuto e spesso riconosciuto con difficoltà dai clinici.

Come ci raccontano le storie dei pazienti, i sintomi vengono spesso sottovalutati perché possono essere sfumati o mimare quelli di altre patologie. Il mancato immediato riconoscimento di una trombosi venosa profonda od embolia polmonare può avere gravi conseguenze (come morte e disabilità), prevenibili se la patologia viene invece prontamente individuata e trattata.

 

Quali sono i “segnali di allarme” di una trombosi venosa profonda o embolia polmonare?

Nel sospetto di una trombosi venosa profonda o embolia polmonare va richiesta prontamente assistenza medica. Ma quali sono i segnali di allarme?

La trombosi venosa profonda può interessare numerosi distretti del corpo ma, nella maggior parte dei casi interessa gli arti inferiori o, meno frequentemente i superiori, che possono apparire gonfi, caldi e dolenti. Tuttavia, come ha raccontato Agostino Abbagnale, il sintomo iniziale può essere anche “subdolo” e scambiato, soprattutto negli sportivi, per uno “strappo muscolare”. Ma l’attenta analisi clinica, associata alla valutazione della presenza di condizioni predisponenti (fattori di rischio) può correttamente indirizzare il clinico verso gli accertamenti da eseguire, come spiega il prof. Gualtiero Palareti nell’articolo “Quando sospettare una trombosi venosa profonda”.

Se poi un trombo presente in una vena profonda si frammenta, può “migrare verso il polmone dando luogo all’embolia polmonare, una condizione grave e potenzialmente fatale che può manifestarsi con dolore al torace, tachicardia, difficoltà respiratoria, sensazione di svenimento o sincope vera e propria. Nonostante la gravità della patologia, in alcuni casi, soprattutto in persone giovani ed allenate, i sintomi iniziali possono essere “sfumati” o far pensare ad altro, come ha raccontato l’ex capitano della nazionale di basket Marco Mordente. Per approfondire gli aspetti di diagnosi e cura dell’embolia polmonare, si può consultare l’articolo: Come riconoscere l’embolia polmonare.

 

Come si previene il tromboembolismo venoso?

Come ci insegna Virchow con la sua “triade”, se uno  stile di vita sano e attivo aiuta a contrastare il terreno “fertile” su cui la trombosi può svilupparsi (ricordiamo che anche l’obesità e la dieta sono fattori di rischio), esistono situazioni, come una prolungata immobilizzazione in corso di una malattia, un intervento chirurgico, un trauma e\o gesso o una malattia oncologica (soprattutto in caso di chemioterapia), in cui il rischio può essere così aumentato da rendere necessaria una “prevenzione farmacologica” o “profilassi”. Se e come questa profilassi farmacologica andrà iniziata verrà valutato dal medico che ha in cura il paziente sulla base di “score del rischio”, disponibili sia per i pazienti medici che chirurgici.

L’importante è avere sempre presenti quali possono essere le condizioni di aumentato rischio e parlarne con il proprio medico.

Fattori di rischio: • Storia personale o familiare di trombosi venosa • Recenti interventi chirurgici • Immobilità prolungata • Ospedalizzazione (fino a 90 gironi dopo la dimissione)  • Gravidanza fino a 6 settimane dopo il parto • Trauma o gesso • Neoplasie maligne • Contraccettivi orali e la terapia ormonale sostitutiva • Trombofilia (alterazione ereditaria o acquisita della capacità del sangue di coagulare)

Le storie dei pazienti

Le storie dei pazienti sono di enorme impatto sul riconoscimento e la gestione (sia pratica che psicologica) della patologia da parte delle altre persone.

Se hai avuto una storia di trombosi venosa profonda o embolia polmonare, oppure vivi una condizione a rischio come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, e vuoi condividere la tua storia con noi e con i nostri lettori puoi scrivere a redazione@anticoagulazione.it