Un nostra Lettrice, che dopo una severa trombosi venosa profonda agli arti inferiori in giovane età (associata all’uso di terapia estroprogestinica), ha sviluppato, negli anni successivi, una importante sindrome post trombotica con ulcere agli arti inferiori, si è chiesta se, per evitarla, avrebbe dovuto continuare la terapia anticoagulante (interrotta insieme alla calza elastica dopo un anno), visto che era presente residuo trombotico alla sospensione.
La risposta della Redazione
Gentile Lettrice,
La durata della terapia (un anno) è stata adeguata ed in linea con le linee guida. Anzi oggi si tende a limitare ulteriormente la durata del trattamento dopo una trombosi venosa profonda “provocata” da terapia ormonale in una donna giovane. Questo in ragione del rischio emorragico non trascurabile di ogni trattamento anticoagulante e della mancata evidenza che una terapia a lungo termine riesca a prevenire la sindrome post trombotica (PTS).
Diverso il discorso della calza elastica in quanto, per ridurre il rischio che si sviluppi una PTS, soprattutto se vi è la persistenza del residuo, vi è ormai consenso sull’ utilità dell’elastocompressione (che andrebbe continuata per almeno due anni) e dell’adeguata attività motoria quotidiana (ad esempio almeno 30 minuti di camminata al giorno). Ricordiamo che è importante anche la riduzione del peso corporeo in caso di sovrappeso o obesità.
L’ intensità della compressione consigliata dopo una trombosi venosa profonda severa è di 30-40 mmHg alla caviglia (K2). Tuttavia, recenti studi hanno documentato che anche una calza elastica un po’ più “leggera” (25 mmHg rispetto 35 mmHg) può essere efficace, in chi non riesce a tollerare una compressione più “pesante”, purché sia indossata bene e con regolarità. Così come qualsiasi altro trattamento, anche l’utilizzo della calza deve essere corretto (indossata durante il giorno, anche durante la regolare attività motoria e rimossa alla sera) e seguito dal medico di riferimento.