Contrariamente a quanto atteso, dopo l’immissione in commercio dei nuovi anticoagulanti orali diretti (DOAC), una decina di anni fa, il numero degli accessi in pronto soccorso (PS) per emorragia legata all’utilizzo di anticoagulanti orali è aumentato. Infatti, nonostante i DOAC si siano dimostrati più sicuri (in termini di emorragie maggiori, soprattutto intracraniche) negli studi registrativi rispetto ai “vecchi” anti-vitamina K (AVK), l’enorme incremento nel consumo di questi farmaci (si stima che il 2% della popolazione nei pazienti occidentali ne faccia uso) ha inevitabilmente aumentato il numero complessivo delle problematiche emorragiche che arrivano all’attenzione del medico urgentista.
Ma sono pronti i nostri ospedali per gestire al meglio queste emorragie, che possono costituire una vera e propria emergenza clinica? Lo studio GALENO, una ricerca italiana indipendente, osservazionale e multicentrica, condotta nella regione Sardegna, fa suonare un campanello di allarme che ci sprona a migliorare, applicando al meglio le conoscenze disponibili (1).
L’indagine, sebbene limitata ad una sola regione italiana, ha coinvolto cinque importanti centri clinici. Tuttavia, a causa delle difficoltà legate alla pandemia, la maggior parte dei pazienti sono stati arruolati presso l’azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, un Centro universitario che offre prestazione specialistiche avanzate nel campo dell’emostasi e della trombosi.
Da gennaio 2020 a dicembre 2022 sono stati inclusi 526 pazienti in terapia con anticoagulanti orali che si sono rivolti al PS per un evento emorragico, 354 (67%) erano in trattamento con DOAC e 173 (33%) con anti-vitamina K (AVK). Il 93,9 % delle emorragie si è verificata spontaneamente, mentre solo il 6,1 % era conseguente a trauma (1).
La maggioranza dei pazienti giunti al PS presentava una emorragia maggiore (70,7%), un quarto (26,5%) una emorragia non maggiore ma clinicamente rilevante e solo il 2,8% una emorragia minore (che quindi non avrebbe richiesto l’accesso in PS se il paziente fosse stato intercettato da un servizio territoriale in grado di gestire questo tipo di complicanze) (1).
Le manifestazioni emorragiche più frequenti sono state: le emorragie gastrointestinali, presenti in oltre la metà dei casi (51%), le epistassi (16,3%) e le emorragie cerebrali, quest’ultime verificatesi in 30 pazienti (5,7%). Trasfusioni con globuli rossi concentrati sono state necessarie in oltre il 50% dei pazienti (1).
Nonostante le indicazioni del documento di consenso europeo, utilizzato come riferimento dal gruppo che ha realizzato lo studio (2) e del recente documento FCSA (3), la maggior parte (60%) dei pazienti in terapia con AVK (coumadin o sintrom) non ha ricevuto nessun trattamento specifico ( vitamina K e\o concentrati di complesso protrombinico) per correggere l’assetto emocoagulativo.
Inoltre, una qualche azione di reversal è stata intrapresa molto di rado in pazienti in terapia con DOAC: l’antidoto specifico idracizumab è stato utilizzato solo in 3 casi su 47 di emorragia maggiore in terapia con dabigatran, mentre l’antidoto per rivaroxaban ed apixaban (andexanet alfa) non è stato mai utilizzato, anche a causa degli alti costi e della conseguente difficile accessibilità a quest’ultimo farmaco nei vari presidi ospedalieri (condizione comune alle altre realtà regionali italiane). Tuttavia, solo il 16,5% dei pazienti trattati con DOAC ha ricevuto concentrati di complesso protrombinico (PCC) (1,2).
Nel complesso la mortalità ospedaliera è stata dell’11% per i pazienti in trattamento DOAC e del 17% per quelli in trattamento AVK, confermando un effetto protettivo sulla mortalità degli anticoagulanti orali diretti (OR = 0,43, 0,26–0,72).
Va segnalato che dall’11 al 19% (a seconda del farmaco) dei pazienti giunti in PS per una emorragia in corso di DOAC stava assumendo dosaggi eccessivamente elevati in quanto non era stata ridotta la dose come sarebbe stato necessario in quel caso.
Tuttavia non è dato sapere se questi pazienti avessero livelli plasmatici di DOAC eccessivamente elevati in quanto, nonostante la metodica di laboratorio fosse disponibile, in nessun caso è stata misurata la concentrazione plasmatica dei DOAC, ne prima ne dopo il trattamento; misurazione che, se non deve ritardare la messa in atto delle opportune procedure di reversal o somministrazione di emoderivati in emergenza, è indicata per valutare un eventuale accumulo di farmaco e la risposta ai trattamenti utilizzati per ripristinare un normale assetto coagulativo ( 3,4).
Pertanto, con i limiti legati al fatto che lo studio osservazionale GALENO è stato condotto in una unica regione italiana, questa ricerca ha messo in evidenza importanti carenze nella gestione dei pazienti anticoagulati con un grave evento emorragico nel setting del Pronto Soccorso.
Al fine di supportare i professionisti che si trovano a dover trattare questi pazienti ad alta complessità, Fondazione Arianna Anticoagulazione, mette a disposizione un webinar gratuito sulla gestione delle emergenze emorragiche in terapia anticoagulante che si terrà il 15 ottobre (FAD dal 20 ottobre 2025 al 14 ottobre 2026).
Ci si può registrare al seguente link: Gestione delle emorragie in corso di terapia anticoagulante orale nel contesto dell’emergenza-urgenza – anticoagulazione.it
Leggi anche Trattamento emorragie in corso di terapia anticoagulante
Guarda il video Emorragie in corso di terapia anticoagulante con DOAC: aggiornamento sull’uso degli antidoti e concentrati protrombinici
Bibliografia
- Doris B, Melis G, Bussu A, et al. Oral anticoagulants-related bleeding: what happens in the emergency room? The Galeno study. Intern Emerg Med. Published online August 19, 2025. doi:1007/s11739-025-04078-z
- Backus B, Beyer-Westendorf J, Body R, et al. Management of major bleeding for anticoagulated patients in the Emergency Department: an European experts consensus statement. Eur J Emerg Med. 2023;30(5):315-323. doi:1097/MEJ.0000000000001049
- Tripodi A, Ageno W, Ciaccio M, et al. Position Paper on laboratory testing for patients on direct oral anticoagulants. A Consensus Document from the SISET, FCSA, SIBioC and SIPMeL. Blood Transfus. 2018;16(5):462-470. doi:10.2450/2017.0124-17
- Douxfils J, Adcock DM, Bates SM, et al. 2021 Update of the International Council for Standardization in Haematology Recommendations for Laboratory Measurement of Direct Oral Anticoagulants. Thromb Haemost. 2021;121(8):1008-1020. doi:10.1055/a-1450-8178

Articolo molto interessante e studio interessantissimo anche se limitato alla sola Sardegna. Brava Dottoressa Cavazza
Grazie dell’ottimo articolo. Mi sono posto però un problema: lo studio osservazionale è stato condotto in epoca di piena pandemia CoViD. Ritiene che quel particolare contesto abbia influito sulle rilevanti carenze di gestione di questi pz in pronto soccorso? Grazie
Gentilissimo dott. Fontanini,
La ringraziamo per la giusta domanda.
Di seguito trova la risposta della Prof.ssa Doris Barcellona, prima autrice dello studio.
Gentilissimo dott. Fontanini,
La ringrazio per la giusta domanda. Non è facile rispondere, la raccolta dei dati è andata avanti per tre anni e credo che nel 2020, colti completamente di sorpresa dalla pandemia, il caos di quell’anno possa aver giustificato il mancato intervento dei medici del PS, ma questa situazione ha interessato anche gli anni successivi, incluso il 2022 quando la pandemia faceva meno paura ed erano stati adottati dei protocolli ad hoc per la gestione del COVID-19. Credo quindi che tutto sommato la pandemia abbia influito poco sulla gestione delle emorragie da parte dei medici del PS. Infatti una percentuale piuttosto alta di pazienti, dal 59% in caso di pazienti in AVK al 92% dei pazienti in terapia con edoxaban, sono stati trasfusi. La terapia trasfusionale richiede più tempo rispetto all’esecuzione del reverse (il nostro ospedale non ha il Centro Trasfusionale), per cui se il problema poteva essere il fattore tempo credo che questo dato lo escluda. Sono convinta invece della necessità di sensibilizzare i medici del Pronto Soccorso (non generalizzabile a tutti i PS) circa i problemi inerenti il trattamento delle emorragie correlate agli anticoagulanti orali (indicazione al reverse, corretta esecuzione, verifica della riacquisizione del corretto potenziale coagulativo). Sarebbe interessante sapere che cosa succede nei PS degli altri ospedali Italiani in merito a questo problema, uno studio allargato sarebbe molto bello.