Ampio spazio a queste riflessioni e alle possibili soluzioni dei problemi condivisi è stato dato nella seconda giornata del 9° Convegno di Fondazione Arianna Anticoagulazione e anticoagulazione.it , che ha visto la partecipazione di Nino Cartabellotta, Presidente di Fondazione GIMBE, Nicola Magrini, direttore dell’Unità Operativa di Ricerca Clinica dell’IRCCS S. Orsola di Bologna, Giancarlo Castaman, presidente della Società Italiana per lo studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET),   Marco Marietta, presidente della Federazione dei Centri per la diagnosi della trombosi e la Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche (FCSA) e di Gualtiero Palareti, presidente dell’Associazione Italiana Pazienti Anticoagulati (AIPA)-Bologna.

Dalla crisi di sostenibilità al rilancio del Servizio Sanitario Nazionale?

La riduzione “inesorabile” della percentuale di spesa pubblica sul PIL dall’8 al 5%, lo “scivolamento” inconsapevole verso una sistema sanitario” misto” in cui il 23% della spesa sanitaria è a carico del cittadino, l’inadempimento dei LEA (Livelli Essenziali di assistenza) in molte regioni italiane e la mancanza di personale sanitario, sono alcuni dei punti evidenziati da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, nella sua analisi delle attuali criticità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

“Criticità che possono essere superate solo da un nuovo patto politico e sociale che tenga conto del fatto che il Servizio Sanitario Nazionale è una conquista sociale irrinunciabile, un pilastro della nostra democrazia, uno strumento di coesione sociale e un motore per lo sviluppo economico del Paese” -ha detto Cartabellotta.

Dall’analisi di Cartabellotta, risulta particolarmente preoccupante anche la situazione del personale sanitario che, dopo aver subito il marcato definanziamento del SSN che ha avuto luogo in modo sistematico dal 2010 al 2019, portando al blocco delle assunzioni, si trova ora, dopo l’emergenza COVID-19, demotivato ed in burn-out, con le inevitabili conseguenze di pensionamenti anticipati, dimissioni volontarie, fuga verso il privato e mancata attrattività delle professioni sanitarie per i giovani.

Un piano di rilancio del SSN è stato elaborato da Fondazione GIMBE e viene portato avanti anche attraverso la campagna #SalviamoSSN.

L’importanza della ricerca indipendente

Il dott. Nicola Magrini, ex direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ed attuale direttore dell’Unità di Ricerca Clinica dell’IRCCS S. Orsola, Bologna e coordinatore scientifico della Commissione Regionale del Farmaco, ha sottolineato i numerosi ambiti, nel campo delle terapie anticoagulanti, in cui la ricerca clinica indipendente (e quindi non finanziata dalle ditte farmaceutiche) è essenziale per poter garantire la migliore gestione terapeutica dei pazienti.

“L’OMS stima che più della metà dei farmaci sono prescritti in modo inappropriato e la metà dei pazienti li prende in modo non corretto-ha detto Magrini- quindi si può fare molto per usarli in modo appropriato ”.

Fondamentale, secondo Magrini, favorire iniziative di stewardship che consentano a medici esperti nella gestione di farmaci “delicati” come quelli che agiscono sulla coagulazione di fornire un supporto ai colleghi per la corretta gestione di queste terapie.

Inoltre, essendo i farmaci anticoagulanti tra i più utilizzati in modo cronico da una fetta sempre più ampia della popolazione, risulta di estrema importanza effettuare studi clinici indipendenti che riescano a valutare le migliori strategie terapeutiche (ad esempio dosi e durata dei trattamenti), al fine di minimizzare i rischi, potenzialmente gravi, associati alla loro assunzione.

Dello stesso parere la dott.ssa Emilia Antonucci, coordinatrice della ricerca di Fondazione Arianna Anticoagulazione, la quale ha evidenziato come solo il 17% della ricerca clinica sui farmaci in Italia sia indipendente, secondo il rapporto AIFA 2024, e di come il “patrimonio” costituito dalla ricerca indipendente vada preservato, nonostante la mancanza di finanziamenti.

I pazienti anticoagulati nel nostro paese: problemi sanitari e sociali

Quali devono essere i LEP (livelli essenziali di prestazioni) e i LEA (livelli essenziali di assistenza) per i pazienti anticoagulati? Se lo sono chiesti e lo hanno discusso con i colleghi e i rappresentanti delle associazioni dei pazienti il prof. Alessandro Squizzato (FCSA) e la prof.ssa Doris Barcellona (FCSA).

Un primo fondamentale problema relativo alle prestazioni che vanno garantite, è che “anche se la disciplina emostasi e trombosi è ampiamente praticata sul territorio nazionale, non è possibile prenotare la relativa prestazione specialistica al CUP”- ha sottolineato Barcellona. Infatti, non solo il paziente che necessita di una visita specialistica relativa alla corretta gestione (o per valutare la sospensione) delle terapie anticoagulanti spesso non sa a chi rivolgersi, benché esistano oltre 200 centri FCSA su tutto il territorio nazionale ma, soprattutto, il medico di medicina generale non sa cosa “scrivere sulla ricetta” per accedervi visto che in alcuni casi queste attività fanno capo a medicine interne, in altri ad ematologie, in altri ancora a medicina di laboratorio ecc. Fondamentale quindi il riconoscimento “ufficiale”  della disciplina ed il suo inserimento tra le prestazioni “richiedibili”.

“In realtà basterebbe l’applicazione dell’accordo stato-regioni del 2010 – ha ricordato Barcellona- per risolvere molti dei problemi principali.

Ma quali sono le strutture, le visite, i prelievi, le tecnologie che vanno garantiti?

“Oggi i pazienti in terapia con AVK (anti-vitamina K) si stanno riducendo ma sono i più complessi. – ha spiegato Barcellona-Sicuramente i coagulometri (dispositivi portatili per la misurazione dell’INR n.d.r.) dovrebbero essere a carico del SSN (…) oggi il massimo di cui il paziente può usufruire sono i 4 euro per il prelievo di sangue capillare” – ha sottolineato.

Ma quali altri prelievi vanno garantiti e quando? “Ad esempio- ha sottolineato Squizzato-il controllo periodico dell’emocromo va fatto perché tanti sanguinamenti occulti vengono scoperti così”.

“E’ auspicabile la costituzione di reti regionali in grado di collegare rapidamente i diversi operatori sanitari ai Centri”- ha detto Barcellona.

Due esempi positivi vengono dalla regione Emilia-Romagna. “In Emilia-Romagna ci sono 14 Centri TAO (per la Terapia Anticoagulante Orale n.d.r) tutti in rete, per cui i pazienti passano da un centro TAO all’altro solo burocraticamente e non si perde la storia clinica”- ha spiegato la dott.ssa Mariarosaria DI Niro dell’Ospedale Maggiore di Bologna.

A Modena, una procedura organizzativa che prevede un primo ed un secondo livello di assistenza per i pazienti in terapia anticoagulante, è stata siglata dalle Direzioni delle due Aziende Sanitarie della provincia. “La procedura prevede un primo livello che, per il territorio,  è a carico dei medici di medicina generale  (MMG) ed un secondo livello che è a carico dei centri trombosi. Per l’ospedale il primo livello sono gli specialisti di area medica (geriatria e medicina), mentre il secondo è rappresentato dalle consulenze specialistiche emocoagulative”- ha spiegato il dott. Luca Sarti, responsabile del Centro Trombosi del Policlinico di Modena. “La procedura è ancora perfettibile ma sta iniziando a dare buoni frutti.- Ha detto Sarti- Inoltre, il MMG può contattarci con un servizio chiamato “specialist on-call”, oppure richiedendo una vista formale tramite il CUP”.

Suggestioni positive anche dalla Lombardia dove esiste già una rete tra i MMG, che recentemente sono entrati a far parte dell’ ASST (Azienda Socio-Sanitaria Territoriale) ed il Centro trombosi dell’ASST di Lecco. In questa realtà, come spiegato dalla dott.ssa Valeria De Micheli, i MMG assistiti dai colleghi specialisti, stanno prendendo efficientemente in mano la gestione della terapia anticoagulante tramite i POC (Point of Care o coagulometri portatili).

Tuttavia, la mancanza di omogeneità tra le varie regioni sulla “dicitura” con cui le visite possono essere richieste ai centri specializzati in problemi coagulativi, i quali in questo modo faticano a “dimostrare di esistere”, rimane un problema sentito dai professionisti e dai rappresentanti delle associazioni di pazienti.