Gentile Direttore,
come ente di ricerca no profit, che da oltre dieci anni si occupa di ricerca clinica indipendente, non possiamo che condividere le preoccupazioni della Società Italiana di Farmacologia (SIF) davanti alle difficoltà che ci troviamo ad affrontare per poter portare avanti, assistiti dalla CRO interna alla Fondazione, la nostra ricerca, che è principalmente una ricerca di fase IV o osservazionale, proprio quella “cruciale per valutare la tollerabilità e l’efficacia dei nuovi farmaci nel lungo termine”, come affermato dal dott. Scatigna.
Allarma, ma non sorprende, il dato che solo il 3,3% delle sperimentazioni totali nel 2023 sia rappresentato da studi di fase IV. È facile, infatti, comprendere come questo tipo di sperimentazione non interessi le aziende farmaceutiche e debba quindi essere portata avanti unicamente da chi ha interesse a capire l’efficacia e la sicurezza delle cure che sta offrendo ai pazienti, e cioè dai clinici.
Nella nostra realtà di Fondazione che si occupa di trombosi e terapie anticoagulanti, l’attività di ricerca viene portata avanti in modo del tutto gratuito e volontario dai medici di oltre cento centri clinici ospedalieri e non, interessati solo ad offrire le migliori cure ai propri pazienti, non ricevendo in cambio nessun supporto economico e spesso nemmeno nessun vantaggio in termini di “carriera”, in quanto non appartenenti a centri universitari. La nostra ricerca ha coinvolto, solo considerando lo studio START, studio osservazionale sulla sorveglianza delle terapie anticoagulanti, che stiamo proseguendo da oltre dieci anni, più di 24000 pazienti, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Tuttavia, la ricerca clinica, anche quella indipendente e no profit ha dei costi che sono ineliminabili in quanto necessari per condurre uno studio clinico (procedure autorizzative, monitoraggio, creazione e mantenimento dei database, le spese di segreteria, ecc.). Ebbene, nonostante questi costi siano molto contenuti e non siano paragonabili a quelli della ricerca finanziata dalle grandi aziende farmaceutiche, ci troviamo purtroppo a dover constatare che la nostra Fondazione, così come probabilmente molte altre, è in estrema difficoltà a trovare fondi per andare avanti.
La totale mancanza di accesso a finanziamenti pubblici per la ricerca indipendente e la scarsa disponibilità di finanziamenti privati (è evidente che il nostro ambito di ricerca, ovvero le terapie anticoagulanti, pur interessando attualmente oltre due milioni di persone in Italia, non ha lo stesso impatto emotivo di altri ambiti della ricerca che possono indurre i cittadini a fare donazioni) ci stanno infatti conducendo ad una ipotesi di chiusura dell’Ente di ricerca.
Ci uniamo pertanto all’appello della SIF affinché la Istituzioni si rendano conto dell’enorme patrimonio costituito dalla ricerca indipendente nel nostro paese e trovino la strada per riuscire a preservarlo.”
Lo staff di Fondazione Arianna Anticoagulazione