Condividi su:

Dallo studio EVE i primi dati a supporto di basse dosi di apixaban per prevenzione secondaria del tromboembolismo venoso  anche nel paziente neoplastico.

Quando un episodio di tromboembolismo venoso (TEV) occorre in un paziente con neoplasia ha un alto rischio recidiva. Per questo motivo le principali linee guida internazionali (1) raccomandano di continuare, dopo la fase iniziale di trattamento di almeno sei mesi, la terapia anticoagulante finché persiste una condizione di cancro attivo. Ma a quale dosaggio?

Se per la prevenzione secondaria del TEV in assenza di neoplasia è suggerito l’utilizzo di dosi ridotte di apixaban o rivaroxaban (2), cosa sia più opportuno fare nei soggetti con cancro attivo, non è chiaro. Infatti, tali pazienti, che sono ad alto rischio sia di emorragia che di recidiva trombotica, erano scarsamente (o quasi per nulla) rappresentati negli studi registrativi che hanno portato all’approvazione del basso dosaggio dei farmaci (nell’Amplify-extension erano solo 42 pazienti) (3,4).

Lo studio EVE, presentato dal prof. McBane della Mayo Clinic al recente Congresso della International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH), ha coinvolto 49 centri ed ha confrontato, in modo randomizzato in doppio cieco, apixaban a dose ridotta (2,5 mgx2) e standard (5 mg x2) per la prevenzione secondaria del TEV in pazienti con neoplasia attiva che avessero già completato da un minimo di 6 ad un massimo di 12 mesi di terapia. L’obiettivo primario era quello di dimostrare una riduzione dell’endpoint combinato emorragie maggiori (MB) ed emorragie clinicamente rilevanti (CRNMB) con l’utilizzo di dosi ridotte di apixaban (vs standard) assunto per ulteriori 12 mesi.

Sono stati inclusi 370 pazienti affetti da qualsiasi tipo di trombosi venosa profonda: l’embolia polmonare era presente il oltre il 50% dei soggetti, la trombosi profonda agli arti inferiori nel 40%, all’arto superiore nel 15%, addominale nel 6% e cerebrale nell’1%. Circa il 60% dei pazienti aveva metastasi a distanza ed i due terzi (74%) erano in chemioterapia. Le neoplasie di più frequente riscontro erano quelle gastrointestinali (pancreas ed epatobiliari 25%, colon retto 12-20 %, tratto gastrointestinale superiore 2%); le genitourinarie erano il 6%.

Lo studio non è riuscito a dimostrare una riduzione significativa delle emorragie totali (MB+CRNMB) ad un anno che, tuttavia, si sono verificate in un numero inferiore di pazienti in trattamento con apixaban 2,5 mgx2 (8.9% vs 12% p=0.39; HR 0.72 95%CI 0.38-1.37). La riduzione è stata legata soprattutto ai CRNMB (6.7% vs 9.9% p=0.26), in maggioranza gastrointestinali e genitourinari, in quanto i MB sono stati in numero sostanzialmente sovrapponibile nei due gruppi (2.8% vs 2.2% p=0.73). I sanguinamenti maggiori si sono verificati principalmente a livello del tratto gastrointestinale (quattro), genitourinario (due)e a livello intracranico (tre).

Sebbene si presuma che non vi fossero neoplasie endoluminali non resecate (che dovrebbero orientare verso una profilassi farmacologica diversa dall’anticoagulante orale diretto), questa informazione non è stata esplicitata.

Anche per quanto riguarda l’end point secondario, ovvero l’incidenza cumulativa ad un anno di recidive trombotiche (comprese le arteriose), non è stata osservata nessuna differenza. Infatti, gli eventi tromboembolici si sono verificati nel 5% dei pazienti in trattamento con apixaban 2,5 mgx2 e nel 4% dei soggetti in trattamento con il dosaggio più alto (p=1; HR 1.00 95% CI 0.40-2.53). Va notato che nessun evento trombotico od emorragico ha avuto esito fatale.

Pertanto, i risultati di questo lavoro, seppur preliminari, sembrano supportare l’utilizzo di dosi ridotte di apixaban anche nel paziente neoplastico. Tuttavia, sarà necessario aspettare la pubblicazione di questo studio e, soprattutto, dello studio API-CAT ancora in corso, per avere informazioni più complete.

 

Bibliografia

  1. Lyman GH, Carrier M, Ay C, et al. American Society of Hematology 2021 guidelines for management of venous thromboembolism: prevention and treatment in patients with cancer [published correction appears in Blood Adv. 2021 Apr 13;5(7):1953]. Blood Adv. 2021;5(4):927-974. doi:10.1182/bloodadvances.2020003442
  2. Stevens SM, Woller SC, Baumann Kreuziger L, Bounameaux H, Doerschug K, Geersing GJ, et al. Antithrombotic Therapy for VTE Disease: Second Update of the CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest. 2021 Jul 31:S0012-3692(21)01506-3. doi: 10.1016/j.chest.2021.07.055. Epub ahead of print. PMID: 34352278.
  3. Weitz JI, Lensing AWA, Prins MH, et al. Rivaroxaban or Aspirin for Extended Treatment of Venous Thromboembolism. N Engl J Med. 2017;376(13):1211-1222. doi:10.1056/NEJMoa1700518
  4. Agnelli G, Buller HR, Cohen A, et al. Apixaban for extended treatment of venous thromboembolism. N Engl J Med. 2013;368(8):699-708. doi:10.1056/NEJMoa1207541