Uno studio internazionale si propone di dimostrare che 2,5 mg al giorno di questo anticoagulante orale diretto sia non inferiore alla dose completa per la prevenzione delle recidive della trombosi e che sia superiore in termini di sicurezza. L’obiettivo è arruolare almeno 1.700 pazienti.
Il tromboembolismo venoso (TEV) è una frequente complicanza del cancro e, nei pazienti oncologici, è associato a un elevato rischio di recidiva. Pertanto, le linee guida internazionali raccomandano una terapia anticoagulante estesa che, se da un lato protegge i pazienti dalle recidive di trombosi, dall’altro li espone a un elevato rischio di sanguinamento.
IN BREVE…
Il tromboembolismo venoso (TEV) è una frequente complicanza del cancro e, nei pazienti oncologici, è associato a un elevato rischio di recidiva. Pertanto, le linee guida internazionali raccomandano una terapia anticoagulante estesa che, se da un lato protegge i pazienti dalle recidive di trombosi, dall’altro li espone a un elevato rischio di sanguinamento. Per capire come ridurre il rischio, un gruppo di ricercatori ha disegnato uno studio per valutare se un regime a dose ridotta di apixaban (2,5 mg due volte al giorno) sia non inferiore a un regime a dose piena del farmaco (5 mg due volte al giorno) per la prevenzione delle recidive di TEV in pazienti con cancro attivo che abbiano comunque completato i 6 mesi di terapia anticoagulante a dosaggio pieno per un evento documentato di TEV. Gli autori si propongono anche di dimostrare che la dose ridotta di apixaban sia addirittura superiore alla dose standard in termini di sicurezza.
Il lavoro coinvolgerà 160 centri in 11 Paesi, in cui i pazienti affetti da cancro con TEV documentato riceveranno o apixaban 2,5 mg o 5 mg due volte al giorno per 12 mesi, dopo aver completato almeno 6 mesi di terapia con eparina a basso peso molecolare, anticoagulanti orali diretti o antagonisti della vitamina K. Perché i risultati raggiungano la potenza statistica è previsto l’arruolamento di oltre 1.700 pazienti.
Se l’ipotesi dei ricercatori dovesse rivelarsi vera, rivoluzionerà ulteriormente l’approccio terapeutico ai pazienti oncologici con TEV, rendendolo del tutto sovrapponibile a quello dei pazienti non affetti da cancro, con enormi vantaggi in termini di miglioramento della qualità della vita.
Lo studio AMPLIFY EXTENSION1 ha mostrato risultati promettenti del dosaggio di apixaban 2,5 mg, rispetto al dosaggio di 5 mg, dopo 6 mesi di terapia anticoagulante a dose piena, in termini di incidenza di recidiva di TEV (1,7% in entrambi i gruppi apixaban) e di sanguinamenti maggiori (rispettivamente 0,2 % e 0,1% nel gruppo apixaban 2,5 mg e 5 mg,) nei pazienti non affetti da neoplasia, sostanzialmente confermati nel sottogruppo di pazienti con cancro.
Sulla scia di questi risultati, un gruppo di ricercatori, coordinati da Isabelle Mahé, ha indetto lo studio API-CAT2, il cui disegno è stato recentemente presentato sulla rivista Thrombosis and Heamostasis. L’obiettivo del trial consiste nel valutare se un regime a dose ridotta di apixaban (2,5 mg due volte al giorno) sia non inferiore a un regime a dose piena del farmaco (5 mg due volte al giorno) per la prevenzione delle recidive di TEV in pazienti con cancro attivo che abbiano completato i 6 mesi di terapia anticoagulante a dosaggio pieno per un evento documentato di TEV. Non solo, gli autori si propongono di dimostrare che la dose ridotta di apixaban sia addirittura superiore alla dose standard in termini di sicurezza.
Si tratta di un trial internazionale, randomizzato, di non inferiorità, in doppio cieco, che coinvolgerà 160 centri in 11 Paesi, in cui i pazienti affetti da cancro con TEV documentato saranno randomizzati a ricevere apixaban 2,5 mg o 5 mg due volte al giorno per 12 mesi, dopo aver completato almeno 6 mesi di terapia con eparina a basso peso molecolare, anticoagulanti orali diretti o antagonisti della vitamina K. L’outcome primario di efficacia è rappresentato da un composito di recidiva sintomatica o accidentale di TEV durante il periodo di trattamento; l’endpoint principale di sicurezza è rappresentato da un composito di sanguinamento maggiore o non maggiore ma clinicamente rilevante. Altri endpoint del trial sono costituiti da incidenza di TEV sintomatico ricorrente, morte correlata al TEV, morte per tutte le cause, sanguinamento maggiore e un composito di TEV sintomatico ricorrente, morte correlata a TEV, morte per tutte le cause o emorragia maggiore. I pazienti saranno sottoposti a visite seriate di follow up nel momento dell’arruolamento e poi a 1 mese, 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi, 12 mesi, e 13 mesi dopo la randomizzazione. Ulteriori visite saranno previste in caso di comparsa di sintomi o segni di TEV durante il periodo di studio. Perché i risultati raggiungano la potenza statistica è previsto l’arruolamento di oltre 1.700 pazienti.
In conclusione, lo studio API-CAT si propone di dimostrare che una dose ridotta di apixaban, per la terapia a lungo termine del TEV nei pazienti con cancro, è non inferiore rispetto alla terapia standard in termini di efficacia, e addirittura migliore in termini di sicurezza. Questo risultato, se verrà raggiunto, rivoluzionerà ulteriormente l’approccio terapeutico ai pazienti oncologici con TEV, rendendolo del tutto sovrapponibile a quello dei pazienti non affetti da neoplasia, con enormi vantaggi in termini di compliance alla terapia e miglioramento della qualità della vita.
Bibliografia
- Agnelli G, Buller HR, Cohen A, et al; AMPLIFY-EXT Investigators. Apixaban for extended treatment of venous thromboembolism. N Engl J Med 2013;368:699–708.
- Mahé I, Agnelli G, Ay C, et al. Extended Anticoagulant Treatment with Full- or Reduced-Dose Apixaban in Patients with Cancer-Associated Venous Thromboembolism: Rationale and Design of the API-CAT Study. Thromb Haemost 2022;122:646–656.