Nel 2011 rivaroxaban Ë stato il primo anticoagulante orale diretto ad essere approvato per la terapia del tromboembolismo venoso. L’approvazione è stata ottenuta dopo che lo studio EINSTEIN DVT, pubblicato nel 2010, aveva dimostrato che una terapia orale con un singolo farmaco era efficace e sicura quanto la terapia convenzionale basata sulla somministrazione di eparina a basso peso molecolare (EBPM) e antagonisti della vitamina K (AVK).

Su richiesta dell’Agenzia europea del farmaco, pochi mesi dopo l’immissione in commercio di rivaroxaban partì lo studio di fase IV, XALIA, il cui obiettivo era di confermare, in una popolazione non selezionata, i risultati dello studio di fase III. Questo studio osservazionale non interventistico è stato condotto in numerosi paesi europei, Israele e Canada. L‘Italia ha partecipato con un solo centro in quanto in pochissimi mesi è stato completato l’arruolamento e in quel momento il centro coordinatore, era l’unico, ad aver ottenuto l’autorizzazione a procedere.

Sono stati arruolati 5142 pazienti, trattati secondo le indicazioni dei medici curanti, sia per quanto riguarda la scelta del farmaco che per la durata del trattamento. Il follow-up è stato minimo di un anno.

Criteri di inclusione erano: diagnosi oggettiva della trombosi venosa profonda e indicazione a ricevere la terapia per almeno 3 mesi. Inizialmente, il criterio di esclusione era: presenza di embolia polmonare. Tuttavia, dopo la successiva approvazione di rivaroxaban anche per quell’indicazione, è stato deciso di consentire l’arruolamento anche dei pazienti con embolia polmonare concomitante a trombosi venosa profonda, mentre i pazienti con embolia polmonare isolata sono rimasti esclusi. L’analisi principale aveva lo scopo di confrontare con la terapia standard i pazienti trattati con rivaroxaban secondo lo schema utilizzato nello studio EINSTEIN, che prevedeva l’inizio dell’anticoagulante dopo non oltre 48 ore di eventuale precedente terapia con EBPM.

Al termine dello studio, 2619 pazienti erano stati trattati con rivaroxaban secondo protocollo e 2149 con la terapia standard. Vi erano altri 368 pazienti che sono stati trattati con EBPM per più di 48 ore, ma meno di 15 giorni. Questi pazienti sono stati definiti “early switchers” e sono stati analizzati separatamente. Le caratteristiche di base di questi 3 gruppi hanno mostrato che i pazienti trattati con il farmaco anticoagulante orale, in circa il 75% dei pazienti somministrato senza alcuna dose di EBPM precedente, erano significativamente più giovani di quelli trattati con la terapia standard (57 anni vs 63), meno frequentemente avevano un’insufficienza renale moderata (3.4% vs 7.3%), un’embolia polmonare (8.4% vs 11.9%) o una neoplasia associata (5.6% e 19.1%). Gli “early swithcers” avevano caratteristiche intermedie rispetto ai due gruppi, con l’eccezione della concomitante embolia polmonare che era molto più frequente rispetto ad entrambi gli altri gruppi (20.9%).

L’analisi statistica per confrontare l’incidenza degli eventi clinici durante lo studio è stata condotta con la metodica del “propensity score” in modo da poter aggiustare le differenti caratteristiche della popolazione. Dopo questa analisi, l’incidenza di emorragie maggiori è stata dello 0.8% nei pazienti trattati con rivaroxaban e 2.1% nei pazienti trattati con terapia standard (hazard ratio 0.77, intervalli di confidenza al 95% 0.40-1.50); l’incidenza di tromboembolismo venoso recidivante è stata di 1.4% e 2.3%, rispettivamente (0.91; 95% 0.54-1.54).

Un altro dato di interesse era relativo all’ospedalizzazione e alla durata del ricovero. I pazienti trattati con rivaroxaban sono stati ricoverati meno frequentemente, come ci si poteva attendere viste le minori comorbidità, e, se ricoverati, la durata della degenza è stata significativamente inferiore anche dopo aggiustamento con il “propensity score” (5 giorni vs 7.7 giorni).

La conclusione dello studio è stata pertanto che nella pratica clinica relativa ai primi 2 anni di impiego di rivaroxaban, i clinici hanno scelto questo trattamento per pazienti meno complessi e che questo è risultato essere comunque un farmaco molto sicuro ed efficace con una bassa incidenza di eventi clinici anche dopo aggiustamento mediante “propensity score”.

 

Bibliografia

Ageno W et al XALIA: rationale and design of a non-interventional study of rivaroxaban compared with standard therapy for initial and long-term anticoagulation in deep vein thrombosis. Thromb J. 2014; 12: 16

Ageno W et al. Safety and effectiveness of oral rivaroxaban versus standard anticoagulation for the treatment of symptomatic deep vein thrombosis (XALIA): an international prospective non-interventional study. Lancet Haematology 2015 DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S2352-3026(15)00257-4