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Le linee guida internazionali consigliano un’anticoagulazione per un massimo di tre mesi in questa popolazione di pazienti, ma un recente studio ha dimostrato come queste indicazioni siano spesso disattese nel nostro Paese, portando a un incremento della probabilità di complicanze emorragiche, senza vantaggi clinici.

In Italia la maggior parte dei pazienti con trombosi venosa limitata al polpaccio viene trattata con anticoagulanti molto più a lungo di quanto raccomandato dalle linee-guida internazionali. È quanto emerge da un recente studio di vita reale1, che ha sottolineato anche come questo prolungamento della terapia si associ a un sostanziale aumento di complicanze emorragiche senza sostanziali vantaggi per il rischio di recidiva (sicuramente basso in questi pazienti).

Queste trombosi si chiamano profonde “distali” isolate (TVPDI) e sono quelle limitate alle vene profonde del polpaccio, ma non raggiungono la vena poplitea (che si trova nel cavo del ginocchio). Le trombosi che coinvolgono la vena poplitea e da questa possono risalire più centralmente si definiscono profonde “prossimali” (TVPP). L’importanza di questa distinzione è tutt’altro che limitata al solo aspetto di nomenclatura, ma riguarda problemi clinici ben più rilevanti. Infatti, il rischio associato alla trombosi in fase acuta, come per esempio la comparsa di embolia polmonare, e quello di recidiva della trombosi stessa, sono entrambi molto inferiori per le TVPDI rispetto a quelle prossimali; inoltre, spesso le TVPDI si risolvono spontaneamente senza lasciare conseguenze apparenti.

Per questo motivo le Linee Guida (come quella nord-americana dello ACCP2) non solo discutono la necessità della diagnosi stessa e conseguente terapia delle TVPDI, ma nel caso si decida per il loro trattamento raccomandano una durata dell’anticoagulazione fino a un massimo di tre mesi, per evitare il rischio di emorragie durante l’inutile prolungamento dell’anticoagulazione oltre questo termine. Ma cosa succede a questo proposito nella vita reale?

Il già citato studio di vita reale1 segnala un diffuso comportamento da parte di numerosi colleghi italiani molto diverso dalle indicazioni delle linee-guida. Lo studio ha esaminato la storia clinica di oltre 400 pazienti che erano stati inseriti nel registro START per la comparsa di una TVPDI, esaminando quanto a lungo i pazienti venivano trattati con anticoagulanti e quali complicazioni sono avvenute durante l’anticoagulazione. I risultati del lavoro indicano che la grande maggioranza dei pazienti con TVPDI stava facendo terapia anticoagulante da oltre 3 mesi, mentre più della metà dei 412 pazienti esaminati (il 53%) era in terapia da più di 6 mesi. Nei pazienti con TVPDI, episodi emorragici clinicamente rilevanti si sono verificati durante la terapia anticoagulante con una frequenza del 5,6% anni-paziente, che è quasi il doppio di quanto osservato nei pazienti con trombosi venosa profonda prossimale (2,8% anni-paziente). Importante inoltre considerare che la maggior parte degli episodi emorragici si è verificata nei periodi successivi ai primi 90 giorni di terapia.

È bene che i professionisti coinvolti nella terapia di questi pazienti e i medici di famiglia, siano consapevoli che prolungare oltre i tre mesi raccomandati la terapia anticoagulante nei pazienti con trombosi profonde limitate al polpaccio si accompagna a un incremento della probabilità di complicanze emorragiche, senza vantaggi clinici.


Bibliografia

  1. Palareti G, Legnani C, Antonucci E, et al. Management and Outcomes of Isolated Distal Deep Vein Thromboses: A Questionable Trend toward Long-Lasting Anticoagulation Treatment. Results from the START-Register. TH open 2021; 5: e239-e50.
  2. Kearon C, Akl EA, Ornelas J, et al. Antithrombotic Therapy for VTE Disease: CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest 2016; 149: 315-52.