Una delle sequele di lungo termine più temute nei pazienti con tromboembolismo venoso è rappresentata dalla comparsa di sindrome post-trombotica, che colpisce fino al 30-40% delle persone con trombosi degli arti inferiori, specie se localizzata nei distretti più prossimali quali le vene iliache o femorali comuni. In questi pazienti, una rimozione precoce del trombo potrebbe ridurre la comparsa di una severa sindrome post-trombotica. Sono state proposte varie tecniche di rimozione precoce del trombo, dalla trombectomia meccanica fino all’uso di trombolitici somministrati da cateteri a guida ecografica. I dati provenienti da studi randomizzati hanno portato a risultati inconclusivi al momento, con due trial che hanno mostrato o un beneficio ridotto o solo nei pazienti con trombosi ileofemorale1,2.

Un recente studio randomizzato olandese ha tentato di aggiungere dei dati su questo problema3. I ricercatori hanno randomizzato 184 pazienti a trattamento aggiuntivo con trombolisi accelerata diretta dal catetere (n = 91) o a trattamento standard anticoagulante (n = 93). Dopo un anno, la sindrome post-trombotica si è verificata in 22 (il 29%) dei pazienti assegnati al trattamento aggiuntivo rispetto a 26 (il 35%) dei pazienti in trattamento standard (OR 0.75, p = 0.42).

Si è inoltre verificato un sanguinamento maggiore in quattro (il 5%) pazienti nel gruppo di intervento, e nessun evento avverso nel gruppo di trattamento standard. Lo studio pertanto mostra, anche in una popolazione di pazienti ad alto rischio per sindrome post-trombotica, che l’uso di misure aggiuntive al trattamento anticoagulante standard porta al più un modesto vantaggio in termini di riduzione della sindrome post-trombotica, a fronte del rischio di complicanze maggiori e a un impegno clinico e per il paziente importante (compreso il ritorno all’ospedalizzazione dei pazienti).

Inoltre, occorre tenere conto che i pazienti hanno ricevuto in circa l’ottanta percento dei casi un trattamento con warfarinico, mentre solo il 10-15% dei pazienti sono stati trattati con anticoagulanti diretti. Appare pertanto incerto al momento – in attesa di una valutazione metanalitica – affermare se esistono effettivamente gruppi di pazienti in cui un trattamento più costoso, più impegnativo e non totalmente scevro da complicanze possa effettivamente risultare utile.


Bibliografia

  1. Vedantham S et al. Pharmacomechanical catheter-directed thrombolysis for deep-vein thrombosis. N Engl J Med. 2017 Dec 7;377(23):2240-2252. doi: 10.1056/NEJMoa1615066.
  2. Haig Y et al. Post-thrombotic syndrome after catheter-directed thrombolysis for deep vein thrombosis (CaVenT): 5-year follow-up results of an open-label, randomised controlled trial. Lancet Haematol. 2016 Feb;3(2):e64-71. doi: 10.1016/S2352-3026(15)00248-3.
  3. Notten P et al. Ultrasound-accelerated catheter-directed thrombolysis versus anticoagulation for the prevention of post-thrombotic syndrome (CAVA): a single-blind, multicentre, randomised trial. Lancet Haematol. 2020 Jan;7(1):e40-e49. doi: 10.1016/S2352-3026(19)30209-1. Epub 2019 Nov 27.