Da quando abbiamo a disposizione il CHA2DS2-VASC score per la stratificazione del rischio di stroke in soggetti fibrillanti, ci comportiamo in accordo con le linee guida, che assegnano concordemente un rischio elevato ai maschi con score di almeno 2 ed alle femmine con score di almeno 3, mentre discordano sull’interpretazione da dare ad uno score 1 nei maschi e 2 nelle femmine (se 1 è il sesso femminile), ed i più propendono per un atteggiamento attendistico in costoro.
È innegabile che sia sorprendente vedere che da una parte si accredita di un superiore rischio il sesso femminile, dall’altra ci si affretta a negarlo scomputando tale parametro nel momento in cui si deve decidere se assegnare o meno la terapia anticoagulante. Come stanno veramente le cose? Sono realmente le donne a superiore rischio di stroke rispetto agli uomini e, soprattutto, lo sono in ogni fascia d’età? Questo quesito si innesta poi con un altro: tra i parametri del CHA2DS2-VASC quale ruolo gioca l’età? Il valore di un’età compresa tra 65 e 74 anni (perché qui sta il problema, nessuno discute sul comportamento da adottare in entrambi i sessi negli ultra75nni) è lo stesso degli altri parametri dello score (scompenso cardiaco, diabete, ipertensione arteriosa, vasculopatia aterosclerotica)? Siamo così sicuri che il punteggio 1 dato ad un settantenne esente da altri fattori di rischio pesa quanto quello conferito da ciascuno degli altri parametri? Pesa in modo differente tra maschi e femmine?
Sono quesiti di scottante attualità, ai quali cerca di dare una risposta un bellissimo lavoro compiuto nel territorio svedese registrando lo sviluppo di ictus ischemico in un’ampia serie non selezionata di soggetti con fibrillazione atriale non valvolare (diagnosticata in strutture ospedaliere od ambulatoriali) a cui non era stata assegnata terapia anticoagulante tra il 2006 ed il 20141. Si tratta di un ampio studio retrospettivo di coorte, in cui oltre 230.000 fibrillanti di entrambi i sessi (48% donne) sono stati seguiti a lungo nel tempo (mediamente per 2,5 anni), ne è stato registrato lo sviluppo di ictus ischemico e di morte (quale risultava dagli appositi registri nazionali) separatamente negli uomini e nelle donne, ed è stato analizzato in ciascuno dei due sessi il rischio associato con ciascuno dei parametri dello score CHA2DS2-VASC adottando i più adeguati accorgimenti per evitare fattori confondenti1. L’età media era 82 anni nelle donne, 75 nei maschi. Limitiamoci a commentare i risultati sull’ictus ischemico. Quelli sulla mortalità sono più eterogenei e soprattutto, non essendo in linea con quelli dell’ictus ischemico, ne confonderebbero l’interpretazione. Chi desidera può fare riferimento alla pubblicazione originale.
Il primo risultato che emerge è in linea con le attese, e questo è rassicurante perché induce a considerare con maggiore attenzione le altre conclusioni. Si conferma, dopo aggiustamento per ciascuno degli altri parametri dello score, che le donne con fibrillazione atriale hanno un rischio nettamente più alto dei maschi di ictus ischemico (HR=1.53; 95% CI: 1.49-1.58). Quando però si analizzano le diverse fasce d’età, le differenze si attenuano.
Per esempio, nella fascia d’età tra 65 e 74 anni (che è quella che ci interessa) la differenza è irrilevante (HR=1.03, CI: 0.96-1.12) quando confrontata con le fasce d’età superiori. Ancora, quando si considerano i soggetti con CHA2DS2-VASC score di 1 (comunque raggiunto), il rischio di ictus ischemico è addirittura inferiore nel sesso femminile rispetto a quello maschile, attestandosi rispettivamente su incidenze (per 100 anni/paziente) di 0.46 (CI: 0.39-0.54) e 1.02 (CI: 0.93-1.11). Altrettanto dicasi per uno score di 2, dove le incidenze nel sesso femminile ed in quello maschile sono rispettivamente 1.22 (CI: 1.10-1.35) e 2.21 (CI: 2.09-2.33). Solo al crescere dello score si slatentizza il maggior rischio nelle donne, ma finisce per essere ininfluente sulle decisioni operative. Ed ora veniamo al punto forse più importante. Qual è il rischio di stroke in soggetti con CHA2DS2-VASC pari ad 1 in relazione a ciascuno dei parametri costitutivi dello score stesso? E c’è differenza tra uomini e donne? La figura allegata parla da sé [Figura 1].
Figura 1. Incidenza di ictus ischemico, espressa in % anni/paziente e relativi intervalli di confidenza, in maschi e femmine con un fattore di rischio aggiuntivo CHA2DS2-VASC diverso dal sesso
Sia nel sesso maschile che in quello femminile (con una lieve eccedenza nelle donne rispetto agli uomini con ipertensione) l’attesa di eventi è similmente bassa quando il parametro considerato è lo scompenso cardiaco, il diabete, l’ipertensione arteriosa o la vasculopatia aterosclerotica. Cresce invece in entrambi i sessi portandosi su valori meritevoli di attenzione quando si tratta dell’età nella fascia compresa tra 65 e 74 anni, con una lieve eccedenza nelle donne (incidenza per 100 anni paziente: 1.41; CI: 1.25-1.59) rispetto agli uomini (1.26; CI: 1.13-1.41). Sebbene la differenza tra donne e uomini sia importante al di sopra dei 75 anni d’età e nei soggetti con pregresso TIA/stroke, il rischio di stroke in queste categorie è in entrambi i sessi talmente alto da rendere la differenza tra i sessi irrilevante per le decisioni operative.
Commento. L’articolo fa molta chiarezza. Soprattutto su due punti che ne avevano bisogno. Anzitutto, se è vero che le donne con fibrillazione atriale sono a più alto rischio di ictus ischemico rispetto agli uomini, questo non vale nelle fasce più giovani della popolazione, ed in particolare nella fascia d’età tra 65 e 74 anni, dove l’attesa di rischio nei due sessi è virtualmente sovrapponibile. L’assegnazione di 1 punto in più al sesso femminile in questa fascia sembra ingiustificato. Anche perché in presenza di un CHA2DS2-VASC di 1 o 2, comunque raggiunti, il rischio di stroke è nettamente inferiore nelle donne rispetto agli uomini.
Il secondo punto, forse ancora più importante, riguarda l’interpretazione da dare ad uno score di 1. Non è la stessa cosa, né per gli uomini né per le donne, se il parametro in oggetto è diverso dall’età (diabete, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco o vasculopatia aterosclerotica), o se invece è la fascia d’età compresa tra 65 e 74 anni. Nel primo caso il rischio è basso e giustifica, per entrambi i sessi, l’astensione dalla terapia anticoagulante i cui rischi sono probabilmente superiori ai benefici. Nel secondo, invece, il rischio si porta su valori meritevoli di attenzione in entrambi i sessi, anche se con una lieve (e non significativa) eccedenza nelle donne rispetto agli uomini. Ed in entrambi i sessi appare superiore al rischio emorragico conferito dai nuovi farmaci anticoagulanti.
In altre parole, il CHA2DS2-VASC, conferendo all’età un punteggio paragonabile agli altri parametri, finisce per sottostimarne decisamente l’impatto (oltre a sovrastimare quello del sesso femminile). Per fare un esempio, un diabetico od un iperteso di età inferiore ai 65 anni hanno un rischio ben inferiore a quello di un ultra65nne altrimenti ‘sano’, del tutto prescindendo dal sesso. In assenza di controindicazioni alla terapia anticoagulante, gli ultra65nni con fibrillazione atriale, ancorchè esenti da altri fattori di rischio, dovrebbero pertanto essere avviati ad una terapia con DOAC a dosaggio appropriato, evitando il ricorso a dosaggi sub-terapeutici di dubbia efficacia. In tal modo si otterrà anche (è bene non dimenticarlo!) una efficace prevenzione del decadimento cognitivo, così comune nei fibrillanti non trattati o trattati in modo inadeguato.
Bibliografia
- Tomasdottir M, Friberg L, Hijazi Z, Lindbäck J, Oldgren J. Risk of ischemic stroke and utility of CHA2 DS2 -VASc score in women and men with atrial fibrillation. Clin Cardiol. 2019 Sep 6. doi: 10.1002/clc.23257. [Epub ahead of print]