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Sono stati pubblicati due nuovi score (CHAP e VTE-PREDICT) per la valutazione del rischio emorragico e trombotico al fine di supportare il clinico nella difficile scelta terapeutica sulla durata ottimale della terapia anticoagulante dopo un primo episodio di tromboembolismo venoso non provocato.

Dopo che sono trascorsi i primi 3-6 mesi di terapia anticoagulante a seguito di un episodio di tromboembolismo venoso (TEV), inevitabilmente ci si interroga sulla necessità di proseguirla e sulla sua durata ottimale. Ad eccezione che per casi selezionati, come pazienti con patologie neoplastiche, con trombofilie maggiori o con storia personale o familiare di TEV, nei quali c’è ampio accordo sulla necessità di prosecuzione, resa indispensabile dall’alto rischio di recidiva in caso di sospensione, in tutti gli altri l’atteggiamento è discordante e finisce per essere condizionato dall’esperienza dei singoli medici e dalle preferenze dei singoli pazienti. Benché l’orientamento prevalente, incoraggiato dalle più autorevoli linee guida, sia verso la sospensione in caso di TEV provocato da un fattore scatenante maggiore (chirurgia o trauma) e verso la prosecuzione in caso di eventi spontanei (cosiddetti idiopatici) o scatenati da fattori provocanti minori, i comportamenti rilevati nella pratica clinica risultano imprevedibili e spesso discordanti. Le ragioni di ciò sono evidenti. Anzitutto, una classificazione dei rischi, siano essi di natura tromboembolica o emorragica, si è sin qui basata sull’appartenenza a determinate categorie piuttosto che su fattori individuali. In secondo luogo, il rischio emorragico è meno facilmente prevedibile di quello tromboembolico.

IN BREVE…
Una volta completati i primi 3-6 mesi di terapia anticoagulante in seguito a un episodio di trombosi venosa degli arti o di embolia polmonare, verificatosi per cause di incerta interpretazione, la scelta se interrompere o continuare la terapia è difficile ed in gran parte legata all’esperienza dei medici ed alle preferenze dei pazienti. Oggi la scienza ha messo a disposizione due modelli che la facilitano, in quanto consentono il calcolo del rischio di recidiva e del rischio di emorragia imputabili rispettivamente all’interruzione ed al proseguimento dei farmaci anticoagulanti. Uno di questi, il VTE-PREDICT, è liberamente accessibile a tutti (medici e pazienti) su un sito internet di rapido accesso e di facile interpretazione, e riporta in base a 14 parametri la frequenza attesa dell’uno e dell’altro evento fino a 5 anni di distanza dall’evento trombotico. Il sito è il seguente: https://vtepredict.com

Per aiutare il clinico in questa scelta, si sono resi recentemente disponibili due modelli di potenziale rilevanza

Il primo modello (CHAP), ricavato e validato internamente da un gruppo canadese1, aiuta a prevedere il rischio di emorragia e richiede un calcolo a partire da poche informazioni rapidamente ottenibili: età, creatininemia, emoglobina e necessità di farmaci anti-piastrinici. Il calcolo è il seguente: 0.02 x [(creatinina in µmol/L x 0.0017) + (emoglobina in g/L x -0.0127) + (età x 0.0251) + (1 x 0.8995 in caso di contemporaneità di farmaci anti-piastrinici)] = attesa di frequenza annuale di emorragie maggiori. Questo calcolo, così facilmente ottenibile con l’uso di una semplice calcolatrice, ha consentito di distinguere i pazienti ad alto da quelli a basso rischio emorragico, inteso come una probabilità di 2,5 per 100 anni-paziente di complicanze emorragiche maggiori. Tali rilievi hanno trovato una recente autorevole conferma in un’inchiesta basata su alcune decine di migliaia di pazienti reclutati nel registro internazionale RIETE (Prandoni P, Thromb Res 2023, in corso di pubblicazione).

Il secondo modello (VTE PREDICT), frutto di un lavoro collaborativo internazionale2, aiuta a prevedere congiuntamente sia il rischio di recidiva trombotica che quello di emorragia fino a 5 anni di distanza dall’evento trombotico in tutti i pazienti con TEV (quindi non solo quelli con TEV idiopatico) ad eccezione dei neoplastici, e tiene conto dei farmaci utilizzabili. La sua elaborazione ha impegnato alcuni tra i più autorevoli esperti mondiali, i quali sulla base delle informazioni ricavate dal database di alcuni studi clinici sono riusciti a ricavare un modello a partenza da 14 semplici informazioni cliniche (fase di derivazione) ed a testarlo successivamente in studi diversi da quelli da cui era stato ricavato (fase di validazione). Il modello è liberamente disponibile in internet (https://vtepredict.com), ed il calcolo dei rispettivi rischi, in termini di probabilità di rischio trombotico e di complicanze emorragiche al termine dei primi tre mesi di terapia, è rapidamente ottenibile.

Di seguito sono indicati i parametri che hanno reso possibile l’identificazione e la validazione di tale modello ed il loro potenziale impatto sui rispettivi rischi, quale risulta individualmente dagli studi analizzati:

Figura 1. Fonte: de Winter MA et al. Recurrent venous thromboembolism and bleeding with extended anticoagulation: the VTE-PREDICT risk score. Eur Heart J. 2023. Su licenza di https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/

Ed ecco un esempio delle informazioni ottenibili accedendo al sito internet sopra indicato ed inserendo le informazioni richieste:

Figura 2. Fonte: de Winter MA et al. Recurrent venous thromboembolism and bleeding with extended anticoagulation: the VTE-PREDICT risk score. Eur Heart J. 2023. Su licenza di https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/

Sia per l’uno che per l’altro dei due modelli descritti (CHAP e VTE PREDICT), il limite è che si tratta pur sempre di modelli costruiti con calcoli matematici, e come tali richiedono poi l’integrazione del buon senso clinico di chi li gestisce. Inoltre, l’indice statistico della loro performance (<0.70 sia per la predizione del rischio trombotico che di quello emorragico), pur essendo soddisfacente non è brillantissimo. Ne consegue che le decisioni finali sul quid agendum non potranno che essere ancora affidate alle scelte dei singoli curanti, i quali a loro volta non potranno non tener conto delle esigenze dei loro pazienti. Ma sia gli uni che gli altri avranno finalmente a disposizione uno strumento obiettivo su cui basarle. Sono personalmente convinto che i due modelli recentemente messi a disposizione della classe medica (e dei pazienti), entreranno rapidamente a far parte della valutazione prognostica dei soggetti in cui c’è incertezza sulla decisione più opportuna da prendere dopo i primi mesi di terapia anticoagulante.

HIGHLIGHTS CLINICI
• Le decisioni sulla durata ottimale della terapia anticoagulante in pazienti reduci da un episodio di TEV spontaneo od imputabile a fattori di rischio minori che hanno completato i primi 3-6 mesi di terapia anticoagulante continuano ad essere in larga misura determinate da elementi che non tengono in considerazione le caratteristiche dei singoli individui. In particolare, nessuno tra gli scores predittivi di rischio emorragico fin qui disponibili ha incontrato il favore della classe medica.
• Del tutto recentemente sono stati pubblicati i risultati di due studi di potenziale rilevanza clinica, in quanto hanno lanciato per questa indicazione due modelli di semplice applicazione: il modello CHAP per la predizione del rischio emorragico, calcolabile con l’impiego di una semplice formula a partenza di 4 parametri clinici; ed il modello VTE-PREDICT, che consente il calcolo sia del rischio di recidiva trombotica che del rischio emorragico fino a 5 anni di distanza dall’evento trombotico a partire da 14 semplici parametri clinici. Il calcolo è automatizzato, e si ottiene inserendo tali parametri in una schermata messa a disposizione in un sito internet di libero accesso: https://vtepredict.com

Bibliografia

  1. Wells PS, Tritschler T, Khan F, et al. Predicting major bleeding during extended anticoagulation for unprovoked or weakly provoked venous thromboembolism. Blood Adv. 2022;6(15):4605-4616. doi:10.1182/bloodadvances.2022007027
  2. de Winter MA, Büller HR, Carrier M, et al. Recurrent venous thromboembolism and bleeding with extended anticoagulation: the VTE-PREDICT risk score [published online ahead of print, 2023 Jan 17]. Eur Heart J. 2023;ehac776. doi:10.1093/eurheartj/ehac776