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Secondo un vasto studio multicentrico nordamericano, recentemente pubblicato nel New England Journal of Medicine, l’aspirina a basse dosi non è inferiore all’eparina a basso peso molecolare per la prevenzione della mortalità dopo chirurgia per frattura degli arti superiori o inferiori e nelle fratture del bacino. Tuttavia, tra i pazienti assegnati all’aspirina si registrava un numero superiore di trombosi venose degli arti.

Virtualmente abbandonata in Europa per questa indicazione, l’aspirina continua a rappresentare uno strumento di largo impiego nel Nordamerica e nel continente australiano per la prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) postoperatorio in chirurgia ortopedica. Le ragioni sono evidenti: il basso costo e la praticità d’impiego, che la rendono gradita a medici, amministratori e pazienti. A sostegno del suo impiego, virtualmente abbandonato dopo che la trialistica del passato (soprattutto quella incentrata sul riconoscimento di trombosi distali postoperatorie) ne aveva dimostrato la palese inferiorità nei confronti dell’eparina a basso peso molecolare, sono arrivati alcuni trials che in tempi recenti ne hanno dimostrato la non-inferiorità in termini di eventi tromboembolici sintomatici nella chirurgia elettiva sostitutiva di anca e ginocchio, a condizione di essere preceduta da almeno 10 giorni di eparina a basso pm o 5 giorni di rivaroxaban1,2. Ora, uno studio di recentissima pubblicazione (PREVENT CLOT) ne rilancia l’impiego per un uso più sistematico in vasti settori della chirurgia ortopedica a partire dall’immediato postoperatorio. È tutto oro quello che luce? Analizziamo con attenzione l’articolo3.

IN BREVE…Uno studio americano dimostra che l’aspirina a basse dosi (80 mg due volte al giorno) non è inferiore all’eparina a basso peso molecolare (enoxaparina 30 mg due volte al giorno) per la prevenzione della mortalità totale e di quella imputabile ad embolia polmonare nella chirurgia per frattura degli arti superiori o inferiori e nelle fratture del bacino. Da questo stesso studio risulta però che tra i pazienti assegnati all’aspirina si registrava un numero superiore di trombosi venose degli arti. Tale rilievo, che combacia con quelli provenienti da molti studi del passato, concorre ad indicare nell’eparina il farmaco di scelta per la protezione di questi pazienti.

Oltre 12.000 soggetti candidati a chirurgia in seguito a frattura degli arti superiori o inferiori in qualunque sede (ad eccezione di mani e piedi) o che avevano riportato la frattura della pelvi o dell’acetabolo (prescindendo dalla necessità del ricorso a chirurgia) sono stati randomizzati a ricevere enoxaparina (30 mg due volte al giorno, secondo lo schema americano, che ne prevede l’inizio nel postoperatorio) o aspirina (81 mg anch’essa due volte al giorno, per rendere la tempistica di somministrazione paragonabile nei due gruppi di studio). Il trial ha avuto caratteristiche pragmatiche, cioè fortemente aderenti ai procedimenti in uso nei centri partecipanti. Era prevista obbligatoriamente la somministrazione dei farmaci durante il periodo di ricovero ospedaliero (mediamente 5 giorni), mentre la sua prosecuzione nel postoperatorio era lasciata a discrezione degli operatori, ed è risultata di circa tre settimane in entrambi i gruppi. L’endpoint primario era la mortalità totale computata fino a tre mesi dall’arruolamento. Endpoint secondario di efficacia era il tromboembolismo venoso clinicamente sintomatico (fatale e non fatale). Endpoint di sicurezza erano le emorragie maggiori, le infezioni su ferita chirurgica e la necessità di re intervento.

I principali parametri all’ingresso nello studio, di natura sia anamnestica che clinica, sono risultati del tutto confrontabili tra i due gruppi di studio, ivi inclusi i fattori di rischio per TEV, la sede della frattura e la tipologia dell’eventuale intervento. L’aderenza al programma terapeutico è risultata molto elevata in entrambi i gruppi, superando il 90% durante il periodo di ricovero ospedaliero. La mortalità a 90 giorni (endpoint primario dello studio) è risultata bassa nei due gruppi (0.78% nel gruppo aspirina, 0.73% nel gruppo enoxaparina) e del tutto confrontabile, in termini sia di mortalità totale che di mortalità verosimilmente imputabile ad embolia polmonare. Simile era anche l’incidenza di embolia polmonare non fatale e la frequenza degli end-point secondari di sicurezza (emorragie maggiori, infezioni sulla ferita chirurgica, necessità di re intervento). Risultava invece differente tra i due gruppi l’incidenza di trombosi venose profonde (TVP) clinicamente sintomatiche, calcolata anch’essa fino al completamento dei tre mesi di follow-up (2.51% nel gruppo aspirina, 1.71% nel gruppo enoxaparina), e tale differenza raggiungeva la significatività quando il calcolo era limitato alle TVP sottopoplitee.

A mio giudizio i risultati di tale studio vanno nella direzione osservata dalla stragrande maggioranza degli studi precedenti, sia pure impostati su campioni più piccoli e sulla rilevazione di tutte le TVP postoperatorie dimostrabili con flebografia bilaterale degli arti inferiori al termine del periodo di trattamento. Si dirà che trattavasi in larga misura di trombosi subcliniche, e che episodi di rilevanza clinica si registravano con simile frequenza nei diversi gruppi di trattamento. Ma in questo più ampio studio nordamericano la differenza ha riguardato anche le trombosi clinicamente manifeste.

Dovremmo ignorare tale rilievo e basarci solo sul dato della mortalità, risultata (qui come negli studi del passato) similmente bassa in entrambi i gruppi di studio? Innanzitutto, faccio notare che la precoce diagnosi ed il conseguente trattamento di tali trombosi ha certamente concorso a ridurne il rischio di progressione e la potenzialità emboligena. In secondo luogo, studi recenti hanno profondamente rivalutato la rilevanza clinica delle trombosi sottopoplitee, dimostrandone un rischio di estensione e di recidiva inaspettatamente alto in assenza di una terapia di durata analoga a quella minima (tre mesi) prevista per le TVP più prossimali4 ed un rischio di sequele a lungo termine (la cosiddetta sindrome post-tromboflebitica) di poco inferiore a quella attesa per le TVP prossimali5Non è ben chiaro (se non per motivi di costo) perché l’aspirina dovrebbe essere preferita alle eparine a basso pm, che ne condividono lo scarso rischio emorragicoCertamente no negli interventi di chirurgia ortopedica maggiore, in cui il suo impiego dovrebbe comunque, in base ai rilievi della letteratura più accreditata, essere preceduto da alcuni giorni di eparina o di rivaroxaban. Forse sì in altre circostanze, ad esempio la chirurgia dell’arto superiore o quella a carico di altri distretti degli arti inferiori, dove c’è poca letteratura a sostegno perfino della necessità stessa di profilassi, ma solo nei casi in cui rilievi di carattere clinico ed anamnestico non inducano comunque ad adottare provvedimenti più adeguati.
Con tutto il rispetto per questa indagine e per i suoi promotori, credo che nelle nostre realtà sia preferibile andare avanti per la strada sin qui percorsa, che prevede per queste indicazioni l’eparina a basso pm, od in alternativa il fondaparinux e gli inibitori del fattore Xa.

HIGHLIGHTS CLINICI
• L’aspirina a basse dosi, virtualmente abbandonata in Europa per le indicazioni di prevenzione del TEV postoperatorio in chirurgia ortopedica, continua invece ad essere largamente impiegata in Nordamerica in sostituzione di eparine od inibitori del Xa, essenzialmente per ragioni di costo.
• Recenti trials controllati ne hanno dimostrato l’equivalenza nei confronti dell’enoxaparina per la prevenzione del TEV sintomatico nella chirurgia sostitutiva di anca e ginocchio a condizione di essere preceduta da 10 giorni di eparina o di 5 giorni di rivaroxaban.
• Lo studio attuale ne dimostra l’equivalenza nei confronti dell’enoxaparina per la prevenzione della mortalità totale e di quella imputabile ad EP nella chirurgia per frattura di arti superiori od inferiori e nella frattura di pelvi o acetabolo prescindendo dal ricorso alla chirurgia.
• In questo stesso studio, così come in quelli del passato, l’aspirina risulta inferiore all’enoxaparina per la prevenzione delle TVP sintomatiche degli arti inferiori.
• Prudenza esige che la prassi europea che prevede l’impiego di eparina od inibitori del Xa per queste indicazioni non sia modificata.