Uno studio canadese conferma che le donne che hanno un evento di tromboembolismo venoso durante trattamento con anticoncezionali orali hanno un rischio significativamente ridotto di recidiva, come già indicato dallo score DASH. Un dato questo che influisce sulla decisione in merito alla durata del trattamento anticoagulante.
La gestione del paziente con tromboembolismo venoso non provocato nel lungo termine è una questione che a tutt’oggi resta aperta. È ben noto che la malattia tromboembolica venosa ha un alto rischio di recidiva e che i trattamenti anticoagulanti hanno un’elevata efficacia nella prevenzione delle recidive. Tuttavia sono trattamenti a rischio emorragico non trascurabile, per cui bilanciare il rischio di recidiva e quello emorragico richiede grande competenza da parte del medico.
In particolare, osservate speciali sono sempre state le donne che avevano sviluppato TEV mentre assumevano una terapia contraccettiva orale. Per aiutare il clinico in questa e altre situazioni, sono stati elaborati una serie di algoritmi decisionali basati sulle caratteristiche cliniche dei pazienti, sui risultati di test di laboratorio e sulle indagini ecoDoppler.
Lo studio canadese, pubblicato sul Journal of Thrombosis and Haemostasis1, ha preso in esame una coorte di donne che avevano avuto un episodio di tromboembolismo venoso spontaneo e ha confermato che quelle che avevano sviluppato l’evento durante trattamento con contraccettivi orali, presentavano un rischio significativamente più basso di sviluppare una recidiva rispetto a quelle che non assumevano contraccettivi (1.1% per anno vs 3.2 % per anno).
A questa coorte di pazienti è stato poi applicato l’algoritmo HERDOO22, un modello elaborato nel 2008 secondo il quale tutti i soggetti di sesso maschile con eventi spontanei hanno indicazione a un trattamento a lungo termine, senza necessità di alcuna ulteriore stratificazione. Nelle donne, invece, l’indicazione a un trattamento a lungo termine si ha nel caso che coesistano 2 o più delle seguenti condizioni: segni di sindrome post-trombotica, elevati valori di D-dimero durante la terapia anticoagulante, obesità (BMI ≥30) o un’età uguale o superiore ai 65 anni.
Applicato alla coorte di pazienti dello studio canadese, HERDOO2 ha dimostrato che le donne che, presentando 2 o più fattori di rischio associati, erano classificate ad alto rischio di recidiva avevano un rischio di 3,5% anno se erano in trattamento contraccettivo e di 6,1% anno se non assumevano contraccettivi. Pertanto, anche per le donne definite ad alto rischio di recidiva e con indicazione a un trattamento a lungo termine, tale indicazione è messa in discussione quando si considera anche l’uso di contraccettivi.
Questa conclusione ha ribadito quanto suggerito dallo score DASH3,4, un algoritmo sviluppato da ricercatori italiani che attribuisce 2 punti ai pazienti che presentino elevati valori di D-dimero un mese dopo la sospensione della terapia anticoagulante, 1 punto a soggetti di età inferiore ai 50 anni, 1 punto ai maschi, mentre un punteggio negativo (-2) alle donne che stavano assumendo contraccettivi orali al momento dell’evento. È infatti noto che questa categoria di soggetti presenta un basso rischio di recidiva e lo score DASH ha il pregio di avere sottolineato in maniera forte questa caratteristica.
L’utilità quindi dell’approccio proposto dall’algoritmo DASH è stata confermata dallo studio canadese, muovendo ancora le carte sul tavolo difficile e complesso della gestione a lungo termine del tromboembolismo venoso. Quando ci si trovi di fronte al caso di una giovane donna che abbia avuto un evento in corso di trattamento contraccettivo, la decisione sulla durata del trattamento anticoagulante dovrà tenere conto anche di questi dati.
Bibliografia
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- Rodger MA, Kahn SR, Wells PS, et al. Identifying unprovoked thromboembolism patients at low risk for recurrence who can discontinue anticoagulant therapy. CMAJ 2008; 179:417–426.
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