Due studi hanno posto l’accento sul legame tra le due patologie, sottolineando in particolare come chi ha la prima presenti un rischio più elevato di contrarre anche la seconda rispetto alla popolazione generale affetta da fibrillazione atriale, anche se trattati con adeguata terapia anticoagulante orale.

Le amiloidosi sistemiche sono un gruppo di patologie infiltrative caratterizzate dal deposito extracellulare in vari organi e tessuti di materiale fibrillare insolubile definito “amiloide”, caratterizzato da una struttura a foglietto beta-ripiegato, che deriva da un processo di misfolding di precursori proteici1. La più recente classificazione delle amiloidosi sistemiche riporta 36 proteine identificate nell’uomo che possono dare origine alle fibrille di amiloide2.

Le forme di amiloidosi sistemica che più frequentemente danno un coinvolgimento cardiaco sono l’amiloidosi AL, in cui il precursore è rappresentato dalle catene leggere delle immunoglobuline prodotte da plasmacellule monoclonali (più spesso in pazienti affetti da MGUS o mieloma multiplo) e la forma di amiloidosi da transtiretina (ATTR), in cui il precursore è rappresentato da una proteina sierica prodotta principalmente dal fegato, deputata al trasporto di ormoni tiroidei e della proteina legante il retinolo.

Il coinvolgimento cardiaco è un fattore prognostico di tutte le forme di amiloidosi sistemica e si caratterizza per infiltrazione e ispessimento concentrico delle pareti ventricolari, ispessimento del setto interatriale e degli apparati valvolari e infiltrazione degli atri. La disfunzione diastolica legata alla progressiva rigidità delle camere cardiache e l’incremento delle pressioni di riempimento ventricolare contribuiscono alla dilatazione e disfunzione degli atri, con stasi ematica e aumentato rischio di trombosi atriali e di aritmie sopraventricolari. Già da alcuni anni è noto che i pazienti con amiloidosi cardiaca (CA) hanno un rischio aumentato di trombosi intracardiache, soprattutto se presentano la forma AL, una concomitante fibrillazione atriale e una disfunzione diastolica severa del ventricolo sinistro3,4.

Recentemente sono stati pubblicati due lavori (5,7) che hanno aggiunto dati interessanti su questo argomento. Martinez-Naharro e colleghi hanno studiato mediante RMN cardiaca 324 pazienti con diagnosi di CA (di cui 166 affetti da forma ATTR, 155 AL, 3 affetti da altre forme) e hanno identificato 20 pazienti con trombosi intracardiaca, pari ad una prevalenza del 6.2% (5.2% nel gruppo AL e 7.2% nel gruppo ATTR)(5) . Questo contrasta con dati di prevalenza di trombosi in auricola sinistra nella popolazione generale affetta da fibrillazione atriale e trattata con terapia anticoagulante orale (2.1% con anticoagulanti orali diretti e 2.6% con anti-vitK)(6) . Dei 20 pazienti con trombosi intracardiaca, 13 erano affetti da fibrillazione atriale e trattati con terapia anticoagulante orale (46% con anti-vitK e 54% con anticoagulanti orali diretti), mentre i restanti 7 non avevano storia di fibrillazione atriale. Nel 90% dei casi la trombosi era localizzata in auricola sinistra, negli altri casi si è registrato trombosi in auricola destra, in atrio sinistro o localizzazioni multiple. I fattori associati alla trombosi intracardiaca erano: severa disfunzione sistolica biventricolare, dilatazione atriale e maggior grado di infiltrazione amiloidotica del miocardio.

Il lavoro di El-Am e colleghi è uno studio caso-controllo che ha arruolato pazienti con CA riferiti per sottoporsi a cardioversione elettrica (CVE) programmata previo ecocardiogramma transesofageo (ETE), appaiandoli con rapporto 2:1 per età, sesso, tipo di aritmia sopraventricolare e data della cardioversione ad un gruppo di controllo (7). I pazienti con CA hanno presentato un tasso di cancellazione della CVE significativamente più elevato per identificazione all’ETE di trombosi in atrio sinistro/auricola sinistra (13 su 46 [28%] nel gruppo CA vs. 2 su 79 [2.5%] nel gruppo controllo). Dei 13 pazienti con CA e trombosi intracardiaca all’ETE, 4 avevano ricevuto un’adeguata terapia anticoagulante (INR nel range terapeutico) nelle tre settimane precedenti e altri 2 presentavano fibrillazione atriale da meno di 48 ore. La prevalenza di trombosi intracardiaca nelle due forme AL e ATTR non è risultata significativamente differente (6/24 [25%] per il sottogruppo AL e 7/21 [33%] per il sottogruppo ATTR).
L’efficacia della procedura di CVE non è risultata differente nei due gruppi in studio, mentre le complicanze periprocedurali sono risultate più frequenti nel gruppo CA (tra cui aritmie ventricolari, bradicardia marcata richiedente impianto di pacemaker, stroke e ipossiemia acuta).

In conclusione, questi recenti lavori suggeriscono i seguenti punti di riflessione:

  • i pazienti con CA hanno un rischio più elevato di trombosi auricolari/atriali rispetto alla popolazione generale affetta da fibrillazione atriale, anche se trattati con adeguata terapia anticoagulante orale;
  • nei pazienti con CA senza dimostrazione di fibrillazione atriale vi è un rischio di trombosi intracardiaca probabilmente da imputare alla dilatazione e disfunzione degli atri caratteristiche della cardiopatia amiloidotica;
  • nonostante la dimostrazione di una maggiore prevalenza di trombosi intracardiaca nei pazienti con CA rispetto alla popolazione generale, al momento non ci sono dati che dimostrino che questo si traduca in un maggior rischio di eventi tromboembolici;
  • in tutti i pazienti affetti da CA che devono essere sottoposti a CVE per aritmie sopraventricolari appare tuttavia prudenziale eseguire un ETE pre-cardioversione per escludere una trombosi atriale/auricolare anche in pazienti che non avrebbero indicazione all’esame secondo le attuali linee guida internazionali (adeguata anticoagulazione nelle tre settimane precedenti o durata dell’aritmia inferiore alle 48 ore).

Bibliografia

  1. Perfetto F, Cappelli F, Bergesio F et al. Cardiac amyloidosis: the heart of the matter. Intern Emerg Med. 2013 Apr;8(3):191-203.
  2. Benson MD, Buxbaum JN2, Eisenberg DS et al. Amyloid nomenclature 2018: recommendations by the International Society of Amyloidosis (ISA) nomenclature committee. Amyloid. 2018 Dec;25(4):215-219.
  3. Feng D, Edwards WD, Oh JK et al. Intracardiac thrombosis and embolism in patients with cardiac amyloidosis. Circulation. 2007 Nov 20;116(21):2420-6.
  4. Feng D, Syed IS, Martinez M et al. Intracardiac thrombosis and anticoagulation therapy in cardiac amyloidosis. Circulation. 2009 May 12;119(18):2490-7.
  5. Martinez-Naharro A, Gonzalez-Lopez E, Corovic A et al. High Prevalence of Intracardiac Thrombi in Cardiac Amyloidosis. J Am Coll Cardiol. 2019 Apr 9;73(13):1733-1734.
  6. Da Costa A, Delolme C, Guichard JB et al. Comparison of prevalence and management of left atrial appendage thrombi under old and new anticoagulants prior to left atrial catheter ablation. Am Heart J. 2017 Nov;193:8-15.
  7. El-Am EA, Dispenzieri A, Melduni RM et al. Direct Current Cardioversion of Atrial Arrhythmias in Adults With Cardiac Amyloidosis. J Am Coll Cardiol. 2019 Feb 12;73(5):589-597.

A cura di

Elisa Vignini

Università di Firenze, Scuola di specializzazione di Cardiologia