Che l’assunzione di contraccettivi estroprogestinici aumenti il rischio di un primo evento di tromboembolismo venoso (TEV) è un dato confermato dalla letteratura scientifica internazionale (2). Pertanto, dopo un primo episodio di TEV, ne viene generalmente sconsigliata l’assunzione.

Tuttavia, esistono situazioni (come l’eccessivo sanguinamento uterino, l’endometriosi ecc.), in cui la contraccezione ormonale dopo una trombosi venosa, in associazione alla terapia anticoagulante, può essere necessaria. Tale scelta terapeutica, contemplata anche dalle linee guida (3), è però supportata da pochi studi clinici che abbiano valutato il rischio di recidiva tromboembolica in queste pazienti, che peraltro varia considerevolmente in base al tipo di contraccezione ormonale e via di somministrazione. Tra i più importanti lavori che hanno indagato questi aspetti vi è quello di Martinelli e colleghi, di cui ci ha parlato l’autrice stessa in un precedente articolo.(4)

Lo studio del gruppo di Leiden

In aiuto giunge una recente analisi dell’importante studio osservazionale di popolazione MEGA condotto dal gruppo dell’Università Leiden. I dati, che sono stati raccolti dal 1999 al 2010, si riferiscono (purtroppo) solo a pazienti in terapia con anti-vitamina K. Sono state incluse 650 donne in età pre-menopausale (<50 anni) con un primo episodio di tromboembolismo venoso che sono state seguite sia durante il periodo di trattamento con l’anticoagulante che durante il periodo successivo alla sospensione della terapia antitrombotica (mediana 6,2 anni; IQR, 3,9-7,5).

Quanto la terapia ormonale incida, in generale, sul “carico” complessivo di tromboembolismo venoso nelle donne in età fertile emerge anche dalla casistica analizzata. Infatti, nel 70% delle pazienti con meno di 50 anni ed un primo episodio di TEV incluse nello studio, l’evento tromboembolico era associato all’assunzione di contraccettivo ormonale; tuttavia, va sottolineato che in un’alta percentuale di casi era presente anche un fattore di rischio aggiuntivo (es. chirurgia, immobilizzazione, trauma…).

È interessante osservare che, dopo il primo evento di TEV, la maggioranza (62%) delle donne nella casistica analizzata, ha assunto un qualche tipo di terapia ormonale (durante il periodo di trattamento con l’anticoagulante, dopo oppure in entrambe le fasi), mentre solo il 38% l’ha definitivamente sospesa.

Rischio di recidiva tromboembolica durante la terapia anticoagulante in donne che assumevano estroprogestinico

L’incidenza di recidive tromboemboliche è stata di 8,1 per 1000 p/y (95% CI 0,2-45,1) nel gruppo in trattamento sia con anticoagulanti che con terapia ormonale combinata (estroprogestinica) e 14,4 per 1000 p/y (95% CI 3,9-36,8) nel gruppo che non assumeva terapia ormonale, senza che si evidenziasse una differenza di rischio tra i due gruppi (HR 0,8; 95% CI 0,1-8,2).

Diverso il discorso, ovviamente, per chi ha sospeso l’anticoagulante ed ha ripreso o continuato la terapia estroprogestinica, con un evidente aumento del rischio di recidiva trombotica (HR, 2.4; 95%CI, 1.2-5.0). Questi risultati non si modificavano neanche analizzando solo il sottogruppo che aveva anche un altro fattore di rischio rimovibile alla diagnosi di TEV, a conferma del fatto che la terapia estroprogestinica deve essere fermamente sconsigliata in donne con un primo episodio di TEV in assenza di una terapia anticoagulante associata, che le protegga da questo rischio.

Rischio trombotico e tipo di terapia ormonale

Come è noto, il rischio trombotico legato alla terapia ormonale si differenzia moltissimo in base al tipo di farmaco, di posologia e di via di somministrazione.

Purtroppo, nonostante il tentativo dei ricercatori, l’analisi per tipo di farmaco è stata inficiata dalla bassa numerosità del campione. Tuttavia, qualche informazione utile è emersa dall’osservazione che il rischio di recidiva in chi utilizzava il dispositivo intrauterino a rilascio di levonorgestrel è risultato simile a quello di chi non utilizzava alcuna terapia ormonale (HR 0,9; 95% CI 0,3-3,1), fornendo dati a supporto della sicurezza di questo approccio terapeutico, anche se non conclusivi.

Vanno segnalati inoltre, tra i limiti di questo studio osservazionale, che la totalità delle pazienti in trattamento anticoagulante assumeva anti-vitamina K (AVK). Tuttavia, non vi sono elementi sulla base dei quali ritenere che non siano estensibili anche a donne che assumono i DOAC, come suggerito già da alcune evidenze (4).

Inoltre, per la scarsa numerosità del campione, non è stato possibile fare un confronto fra le numerose diverse preparazioni orali di terapia ormonale combinata. Non si sono verificate recidive in chi assumeva il solo progestinico ma l’esiguo numero dei soggetti analizzati non consente di trarre conclusioni.

“Lo studio fornisce alcuni nuovi elementi che ci consentono di prescrivere con maggiore serenità COC (contraccezione ormonale combinata n.d.r.)  dopo un primo evento estrogeno correlato, purché la paziente venga protetta dall’ uso della terapia anticoagulante”- ha spiegato la prof.ssa Elvira Grandone dell’Università di Foggia- “Tuttavia, dobbiamo evidenziare che lo studio  ha numerosi limiti in quanto  è stato ottenuto da elaborazione di dati amministrativi, per definizione imprecisi, e riguarda un arco temporale estremamente ampio ( 1999-2004) durante il quale  i tipi di estroprogestinici e anche lo stile di vita delle donne si è molto modificato” -ha continuato Grandone- “Inoltre, lo studio si limita a fornire informazioni solo relativamente agli AVK, oggi prescritti, soprattutto nei giovani con TEV, in modo sempre più residuale. A tal proposito, sarebbe utile fare un nuovo studio che valuti se i DOAC siano ugualmente protettivi durante il trattamento ormonale come gli AVK, in particolare durante la somministrazione di dosi ridotte di DOAC dopo un iniziale periodo di trattamento dell’evento acuto con dosi piene” -ha concluso.

Bibliografia:

  1. Verlaan JPL, Stegeman BH, Timp JF, Scheres LJJ, Flinterman LE, Helmerhorst FM, Rosendaal FR, Cannegieter SC, van Hylckama Vlieg A. Hormonal contraceptive use after a first venous thrombotic event and the risk of recurrence in premenopausal women. J Thromb Haemost. 2024 Mar 28:S1538-7836(24)00172-7. doi: 10.1016/j.jtha.2024.03.014. Epub ahead of print. PMID: 38554933.
  2. Venous thromboembolic disease and combined oral contraceptives: results of international multicentre case-control study. World Health Organization Collaborative Study of Cardiovascular Disease and Steroid Hormone Contraception. 1995 Dec 16;346(8990):1575-82. PMID: 7500748.
  3. Baglin T, Bauer K, Douketis J, Buller H, Srivastava A, Johnson G; SSC of the ISTH. Duration of anticoagulant therapy after a first episode of an unprovoked pulmonary embolus or deep vein thrombosis: guidance from the SSC of the ISTH. J Thromb Haemost. 2012 Apr;10(4):698-702. doi: 10.1111/j.1538-7836.2012.04662.x. PMID: 22332937.
  4. Martinelli I, Lensing AW, Middeldorp S, Levi M, Beyer-Westendorf J, van Bellen B, Bounameaux H, Brighton TA, Cohen AT, Trajanovic M, Gebel M, Lam P, Wells PS, Prins MH. Recurrent venous thromboembolism and abnormal uterine bleeding with anticoagulant and hormone therapy use. Blood, 2015 Dec 22