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Che lo sport faccia bene a tutti è risaputo. Ma non basta. E’ anche un grande alleato di chi è in terapia anticoagulante cronica.

Sono oltre due milioni le persone in Italia, che ogni giorno assumono anticoagulanti per il controllo di patologie importanti, come l’infarto miocardico acuto, il tromboembolismo venoso (TEV), la fibrillazione atriale e l’ictus. I farmaci anticoagulanti vengono utilizzati sia in forma preventiva, ad esempio in chi è affetto da fibrillazione atriale (quasi seicentomila persone), sia in chi ha avuto un episodio di malattia: in questo caso sono necessari per mantenere il sangue fluido ed evitare la formazione di trombi. Il beneficio di questi farmaci, sia quelli tradizionali come il warfarin sia quelli di nuova generazione, può essere aumentato con uno stile di vita sano, dove l’attività fisica gioca un ruolo fondamentale. Ognuno, in base all’età e alle condizioni fisiche personali può trovare lo sport più adatto.

“L’esercizio fisico tende a migliorare l’efficacia dell’anticoagulante quando si è in terapia, inoltre, svolge un’azione che favorisce i processi di fibrinolisi per cui previene la formazione di trombi. – spiega il Dr. Michelangelo Giampietro, Specialista in medicina dello sport e nutrizione clinica presso la ASL di Viterbo. – Non ci sono particolari prescrizioni per la pratica dello sport. Andrebbero evitati quelli da combattimento e da contatto, come boxe, pallacanestro, calcio e arti marziali, che per loro natura sono a rischio di trauma. Meglio tenersi alla larga da ciò che potrebbe provocare incidenti o causare traumi maggiori e necessitare di interventi chirurgici. – E continua – Perché l’attività sia veramente efficace deve essere svolta con regolarità; questa, infatti, favorisce la regolazione della coagulazione, della fibrinolisi e dell’aggregazione piastrinica, agisce anche sulle componenti lipidiche del sangue e aumenta la concentrazione di colesterolo buono HDL. Ha un effetto positivo anche sullo “shear stress”, cioè la capacità di contrazione e dilatazione dell’endotelio, il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e del cuore, producendo un’azione benefica sulla circolazione del sangue e sulla prevenzione della stasi sanguigna”.

Gli sport indicati sono il nuoto, la bicicletta, la palestra senza eccedere con i carichi di peso, la camminata veloce, e anche la corsa. “L’organismo perde notevoli quantità di acqua attraverso la respirazione e la sudorazione mentre si svolge attività fisica, per mantenere la fluidità del sangue e l’idratazione devono essere reintrodotti i liquidi persi. Non ci sono controindicazioni per il cibo: conviene mangiare un po’ di tutto senza eccessi e soprattutto con regolarità. Per chi è in terapia con warfarin, consigliato moderare il consumo di fegato e cavoletti di Bruxelles e gli altri alimenti ad alto contenuto di vitamina K”. – “Bisogna praticare sport e nutrirsi seguendo le regole del buon senso: non fare attività in modo sporadico e usare cautela”.

Ci sono molti esempi di pazienti che hanno raggiunto mete importanti nello sport, numerosi i maratoneti che dopo un infarto o un tromboembolismo venoso hanno corso la maratona di New York.
Il più famoso è Agostino Abbagnale. Ha, infatti, un difetto congenito che priva il suo sangue della proteina C e questo lo mette a rischio di eventi trombo-embolici. I primi segnali li ebbe dopo l’oro vinto nel quattro di coppia a Seul nel 1988, cui seguì un lungo stop fino al 1995. Poi, quando le terapie anticoagulanti si dimostrarono efficaci e la Commissione Medica della Federazione Italiana Canottaggio e dell’Istituto di Scienza dello Sport del Coni diede l’ok, Abbagnale tornò a gareggiare e fu un successo, nel 1996 ad Atlanta oro in doppio con Davide Tizzano e poi ancora oro sul quattro di coppia a Sydney.

A cura di Livia Gamondi