Le malattie cardiovascolari e i tumori sono responsabili di oltre due terzi delle morti nel mondo occidentale. La società rischia di non poter più far fronte ai costi sanitari di questa pandemia, senza considerare il prezzo in termini di qualità della vita delle persone.
La partita si gioca su un delicato equilibrio tra fattori di rischio, sia ambientali che genetici. Finora l’approccio prevalente, e su cui si è molto investito, è stato quello di tipo farmacologico. La ricerca ha prodotto risultati notevoli in questo settore, basti pensare al successo dell’aspirina e dei farmaci anticoagulanti nella prevenzione cardiovascolare secondaria, ossia in soggetti già colpiti da un evento.
Tuttavia, non sempre le terapie farmacologiche si sono dimostrate all’altezza delle aspettative, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione primaria. Ecco perché la scienza ha iniziato a esplorare nuovi sentieri, trovando risposte in ciò che semplicemente è sempre stato sotto i nostri occhi: a cominciare dall’alimentazione, più precisamente dalla dieta mediterranea, un patrimonio secolare che lega culturalmente tutti i paesi del bacino del Mediterraneo. Il riconoscimento ufficiale è arrivato qualche anno fa, con l’inserimento di questo modello alimentare nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO.
La dieta mediterranea è caratterizzata da un diffuso consumo di cibi di origine vegetale, come frutta, verdura e legumi, l’utilizzo di farine non raffinate, pesce fresco, olio extra vergine d’oliva come principale fonte di grasso e un consumo moderato di vino ai pasti principali. Carne, latticini e uova vengono invece consumati in moderazione. Le evidenze scientifiche sono tutte dalla sua parte.
Nonostante l’età, la dieta mediterranea continua a confermare i suoi effetti benefici contro tutta una serie di patologie, da quelle cardiovascolari e tumorali, alle malattie cerebrovascolari e neurodegenerative fino alla mortalità totale. Notevoli benefici sono stati dimostrati non solo nel campo della prevenzione primaria, ma anche nei soggetti già colpiti da un precedente evento o ad alto rischio cardiovascolare. Nei diabetici, ad esempio, un’alimentazione di tipo mediterraneo si è rivelata particolarmente efficace nella riduzione del rischio di morte o nell’incidenza di nuovi eventi cardiaci. Non solo, la sfida della prevenzione attraverso gli stili di vita è focalizzata anche sul ruolo dell’attività fisica, un autentico toccasana per mantenersi in salute e potenziare l’attività di prevenzione.
Ma anche la messa al bando del fumo, per la quale l’Italia ha fatto da apripista in Europa nel 2005, ha prodotto risultati notevoli con la riduzione del numero di infarti del miocardio nel nostro Paese.
Ma come spesso accade, il percorso non è privo di difficoltà. Gli investimenti non sono sufficienti a garantire serie politiche di prevenzione. Questo anche perché prevenire significa aspettare molto tempo prima di ottenere risultati concreti. Ecco perché forse si preferisce adottare misure in grado di garantire il raggiungimento di obiettivi in tempi molto più brevi. Tuttavia, sappiamo bene che i farmaci da soli non bastano. Assumere statine per il controllo del colesterolo serve a ben poco se non lo si accompagna con una sana alimentazione e un minimo di movimento.
Anche il farmaco funziona meglio in un contesto di scelte salutari. Ecco perché le due cose devono andare necessariamente di pari passo. È anche opportuno che il miglioramento dello stile di vita, a cominciare da quello che abbiamo ogni giorno a tavola, deve restare il primo terreno in cui far germogliare un serio proposito di prevenzione.
A cura di Giovanni de Gaetano, Direttore Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione, IRCCS Istituto Neurologico mediterraneo NEUROMED, 86077 Pozzilli (IS)