Un recente studio italiano ha cercato di capire come comportarsi dopo questo evento, trovando che il rischio emorragico non è sempre uguale per tutti. Pertanto, serve una valutazione personalizzata sulle caratteristiche del paziente.

Se da un lato la terapia anticoagulante è in grado di ridurre in soggetti a rischio l’incidenza di ictus, infarto o tromboembolismo venoso, dall’altro l’anticoagulazione aumenta il rischio di sanguinamenti, soprattutto a livello del tratto gastrointestinale. Cosa viene fatto quando si verifica un sanguinamento gastrointestinale durante terapia?
Quest’ultima viene ripresa dopo l’evento o la si interrompe definitivamente? Qual è il rischio di un ulteriore sanguinamento se la terapia viene ripresa e il rischio di trombosi se invece non viene ripresa? Quali sono i pazienti a più alto rischio di tali eventi?

Abbiamo cercato di rispondere a queste domande in un nostro recente studio1 nel quale abbiamo analizzato i dati di oltre 900 pazienti, provenienti da cinque centri in Europa e Canada. Tutti i pazienti inclusi nello studio erano in terapia con anticoagulanti orali per fibrillazione atriale, valvola cardiaca meccanica o tromboembolismo venoso e avevano riportato un sanguinamento nel tratto gastrointestinale in corso di terapia. Le cartelle cliniche dei pazienti sono state revisionate registrando tutti gli eventi trombotici ed emorragici occorsi fino a due anni dal sanguinamento gastrointestinale, unitamente alla strategia terapeutica adottata successivamente al sanguinamento. Soltanto il 66% dei pazienti ha ripreso la terapia anticoagulante in seguito al sanguinamento e di questi l’84% ha ripreso lo stesso farmaco anticoagulante che riceveva prima dell’evento.

Le nostre analisi hanno mostrato come i pazienti che riprendono la terapia anticoagulante in seguito al sanguinamento hanno, indipendentemente dal tempo di ripresa, un rischio di un nuovo sanguinamento aumentato di circa il 55%, ma allo stesso tempo un rischio di avere un evento trombotico (ictus, infarto, embolia polmonare, trombosi venosa profonda) ridotto del 65% e un rischio di mortalità a due anni dimezzato. I pazienti a maggior rischio per un nuovo sanguinamento sono stati quelli con una storia pregressa di sanguinamento, con ridotta funzionalità renale e chi all’inizio dello studio aveva avuto un sanguinamento gastrointestinale definito come maggiore (quindi più importante).

Ovviamente i dati di un singolo lavoro non devono mai essere considerati come definitivi, ma possono essere importanti per indirizzare l’operato del clinico e per impostare ulteriori studi futuri. Se confermati, questi risultati suggeriscono che, sebbene esista un rischio maggiore di sanguinare nuovamente in coloro che riprendono la terapia anticoagulante dopo sanguinamento gastrointestinale, il rischio non è sempre uguale per tutti, ma varia e dipende dalle caratteristiche cliniche di ogni singolo paziente. Queste ultime assieme all’efficacia della terapia anticoagulante nel prevenire eventi trombotici andranno attentamente ponderate dal clinico per decidere se, quando e come riprendere la terapia dopo l’evento.


Bibliografia

  1. Candeloro M, van Es N, Cantor N, Schulman S, Carrier M, Ageno W, Aibar J, Donadini MP, Bavalia R, Arsenault MP, Coppens M, Ferrante N, D’Addezio A, Sormani S, Porreca E, Di Nisio M. Recurrent bleeding and thrombotic events after resumption of oral anticoagulants following gastrointestinal bleeding: Communication from the ISTH SSC Subcommittee on Control of Anticoagulation. J Thromb Haemost. 2021 Jul 28. doi: 10.1111/jth.15476. Epub ahead of print. PMID: 34318606.