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Lo studio ADAGE, presentato durante il recente Congresso della Società Internazionale di Trombosi ed Emostasi (ISTH) a Londra e non ancora pubblicato, ha confermato come, pazienti anziani trattati con lo stesso dosaggio di apixaban o rivaroxaban, possano avere livelli molto diversi di attività plasmatica del farmaco. I soggetti presi in analisi avevano un’età uguale o superiore a 80 anni ed erano in terapia per fibrillazione atriale non valvolare.

Lo studio esplorativo, prospettico e multicentrico, è stato condotto dai ricercatori dell’Università di Parigi analizzando i sieri di 215 pazienti ricoverati nei reparti di geriatria (età media 87±4 anni). 104 erano in terapia con rivaroxaban e 111 con apixaban da almeno 4 giorni. Il 79,5% dei pazienti assumeva la dose ridotta del farmaco (rivaroxaban 15 mg od e apixaban 2,5 mg bid). È stata misurata sia la concentrazione plasmatica degli anticoagulanti orali diretti (DOACs) che la generazione della trombina (TG) su prelievi ematici eseguiti per necessità cliniche correlate al ricovero. Il momento dell’ultima somministrazione del farmaco anticoagulante è stato registrato in tutti i casi. Per ogni soggetto è stato possibile ottenere da 1 a 5 campioni di siero nell’arco di 20 giorni. Analogamente a quanto evidenziato da precedenti studi1-5 per entrambi i farmaci e i dosaggi è stata osservata un’ampia variabilità inter-individuale delle concentrazioni plasmatiche sia di picco che di valle [CV) Cmax (47% – 45%) and Cmin (38% – 65%) in pazienti che assumevano rivaroxaban 15 mg e apixaban 2,5 mg rispettivamente].

Sebbene numerosi dati stiano emergendo in letteratura, non è ancora chiaro cosa determini queste differenze tra un individuo ed un altro esposto alla stessa dose di farmaco. Si può supporre che in questo studio, che ha preso in analisi pazienti ospedalizzati sottoposti a più di una misurazione, la compliance possa aver giocato un ruolo minore rispetto ad altri fattori come le comorbidità e le polifarmacoterapie associate (i soggetti analizzati assumevano, in media altri sei farmaci).

Tuttavia, analogamente a quanto riscontrato in precedenti lavori1la funzionalità renale, che era lievemente ridotta nella maggior parte dei pazienti (Cl Cr media 50,5 +-17,1 nel gruppo in rivaroxaban e 47,9 +-15,9 nel gruppo in apixaban), non è risultata significativamente correlata con i livelli plasmatici dei DOAC. All’analisi multivariata il regime terapeutico (bassa dose vs dose piena) è risultato correlato ai livelli plasmatici del farmaco e all’altezza del picco di generazione della trombina sia per i valori di picco che di valle (T max p=0,0058 and 0,0074 and Tmin p=0,0222 and 0,0516 rispettivamente) solo per l’apixaban mentre per il rivaroxaban ciò che è risultato influenzare maggiormente i livelli plasmatici del farmaco è stata l’assunzione di amiodarone o altri farmaci modulatori del CYP3A4/5. Il test di generazione della trombina, effettuato sugli stessi prelievi ematici, ha mostrato come, per analoghi intervalli di concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban o apixaban, l’altezza del picco di generazione di trombina potesse variare molto tra un soggetto e l’altro, “suggerendo” – concludono gli autori – “un impatto dello stato coagulativo di base nel modulare l’intensità dell’anticoagulazione” nei pazienti molto anziani.

Quest’ultima osservazione, meritevole di ulteriori approfondimenti, risulta di particolare interesse se consideriamo che è esperienza comune riscontrare livelli plasmatici di DOAC all’interno “dell’intervallo di riferimento” anche in pazienti che si presentano con episodi emorragici clinicamente rilevanti, in particolare se si tratta di anziani, sottopeso e con comorbidità. Tuttavia, come noto, l’intervallo di riferimento che viene utilizzato per i DOAC (5-95% percentile delle curve di concentrazione dei DOAC ottenute durante gli studi registrativi dei farmaci) non corrisponde a un vero e proprio “range terapeutico” (intervallo di concentrazioni entro le quali deve cadere la misurazione del nostro paziente per avere la massima protezione dalla trombosi e il minimo rischio di emorragia).

Ad un follow-up di 6 mesi si sono verificate emorragie maggiori nel 6% dei pazienti ed eventi trombotici nel 2,3%. Non è stato possibile correlare gli eventi clinici con i livelli plasmatici dei DOAC sia per la scarsa numerosità del campione che per la metodologia dello studio (i campioni sono stati ottenuti durante il ricovero mentre gli eventi si sono verificati due o tre mesi dopo). L’alta mortalità riscontrata nel gruppo di pazienti a 6 mesi (18,1%) rivela la considerevole comorbilità.

In conclusione, questo lavoro si aggiunge ad altri precedentemente pubblicati nel suggerire come la misurazione dei livelli plasmatici dei DOAC in certe condizioni e categorie di pazienti, come gli anziani affetti da molte comorbilità e politerapie, potrebbe consentire, insieme alla definizione di adeguati range terapeutici, una migliore gestione clinica del singolo paziente.


Bibliografia

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  2. Testa S, Paoletti O, Legnani C, et al. Low drug levels and thrombotic complications in high-risk atrial fibrillation patients treated with direct oral anticoagulants. J Thromb Haemost. 2018;16(5):842-848. doi:10.1111/jth.14001
  3. Suwa M, Morii I, Kino M. Rivaroxaban or apixaban for non-valvular atrial fibrillation - efficacy and safety of off-label under-dosing according to plasma concentration. Circ J. 2019;83(5):991-999. doi:10.1253/circj.CJ-18-1282
  4. Roşian AN, Roşian ŞH, Kiss B, et al. Interindividual variability of apixaban plasma concentrations: influence of clinical and genetic factors in a real-life cohort of atrial fibrillation patients. Genes (Basel). 2020;11(4):438. Published 2020 Apr 17.
      doi:10.3390/genes11040438
  5. Miklič M, Mavri A, Vene N, et al. Intra- and inter- individual rivaroxaban concentrations and potential bleeding risk in patients with atrial fibrillation. Eur J Clin Pharmacol. 2019;75(8):1069-1075. doi:10.1007/s00228-019-02693-2