Durante la prima giornata del Congresso della Società Internazionale di Trombosi ed Emostasi (ISTH) che si è tenuto a Londra dal 9 al 12 Luglio 2022 sono state presentate le Linee Guida ISTH per i pazienti affetti da COVID-19.

Le Linee Guida (LG), appena pubblicate1, contengono 12 raccomandazioni due delle quali basate su un alto livello di evidenza (high-quality evidence) e le rimanenti su un livello di evidenza moderato (moderate-quality evidence).

Le raccomandazioni “forti” (Classe 1) riguardano principalmente i pazienti non critici ospedalizzati per COVID-19 e confermano le indicazioni di altre linee guida2 in merito all’utilizzo di eparina a basso peso molecolare o non frazionata (EBPM/ENF) a dosaggio di profilassi (1 B-NR); per pazienti selezionati (ad alto rischio trombotico e basso rischio emorragico) viene indicato che “dosi terapeutiche di EBPM o ENF possono essere di maggior beneficio, rispetto a dosi di profilassi o intermedie per ridurre il rischio di tromboembolismo o insufficienza d’organo” (1A). Il gruppo di lavoro dà anche una raccomandazione forte contro l’aggiunta di un antiaggregante piastrinico alla terapia eparinica (3 A), per l’aumentato rischio emorragico in assenza di beneficio clinico.

Come selezionare i pazienti da sottoporre a dosi terapeutiche viene discusso in un ulteriore documento presentato durante il convegno3, dove sulla base delle caratteristiche dei pazienti inclusi negli studi randomizzati che hanno condotto alla raccomandazione, vengono indicati come “candidati ideali per l’anticoagulazione con dosi terapeutiche di eparina come tromboprofilassi” pazienti con 1) basso rischio emorragico 2) elevati valori di D-dimero (≥2 volte il limite superiore della norma) o ridotta saturazione di ossigeno (≤ 93% in aria ambiente).”(Statement 4)

Negli studi randomizzati controllati considerati per la stesura delle LG erano stati esclusi per l’alto rischio emorragico i pazienti in terapia con doppio antiaggregante piastrinico, un sanguinamento nell’arco dell’ultimo mese, cancro attivo (soprattutto se gastrointestinale o intracranico), bronchiectasie o cavitazioni polmonari, disfunzione epatica con INR basale >1.5, insufficienza renale severa (clearance della creatinina <15mL/min/1.73m2) o conta piastrinica <25000/μL.

Nei pazienti “critici” (che richiedono supporto d’organo) ospedalizzati per COVID-19, coerentemente con altre linee guida1 non viene raccomandato di preferire una dose intermedia o terapeutica di eparina rispetto a quella di profilassi (3 B-R). Come raccomandazione debole (2b B-R) viene introdotta la possibilità, sempre in pazienti selezionati, di associare un farmaco antiaggregante alla profilassi eparinica al fine di ridurre la mortalità.

Anche in questo caso, come selezionare i pazienti “critici” per l’eventuale aggiunta dell’antiaggregante viene discusso nel documento di consenso secondo il quale l’aggiunta dell’antiaggregante (aspirina a basso dosaggio o P2Y12 inibitore) alla profilassi eparinica (con dosi standard) può essere presa in considerazione per i pazienti a pazienti a basso rischio emorragico, che non siano in terapia con anticoagulanti a dosi piene e che assumano un gastroprotettore (Statement 13).

Per i pazienti non ospedalizzati affetti da COVID-19 lieve o moderato, le linee guida non forniscono raccomandazioni specifiche riguardo all’opportunità o meno di iniziare una profilassi o terapia eparinica per la mancanza di evidenze disponibili. Tuttavia, l’argomento viene discusso nel documento di consenso (Statement 2) dove viene ricordato come la tromboprofilassi eparinica possa essere indicata in pazienti allettati, con necessità di ossigeno terapia o con condizioni che possano esporli allo stesso rischio dei pazienti ospedalizzati.

Le linee guida forniscono invece una raccomandazione contro l’inizio di una terapia con anticoagulanti orali diretti (DOAC) nei pazienti sintomatici per COVID-19 che non richiedono ospedalizzazione poiché non efficace nel ridurre il rischio di ospedalizzazione, trombosi arteriosa o venosa o mortalità (3 B-R). Chiaramente ciò non riguarda chi è già in terapia con anticoagulanti orali per altre indicazioni (come il tromboembolismo venoso o la fibrillazione atriale) anche se la gestione dell’anticoagulante orale deve essere molto cauta in caso di contemporanea assunzione di farmaci potenzialmente interferenti, come il Paxlovid, che possono aumentare il rischio emorragico. Quest’ultima situazione viene altresì discussa nel documento di consenso (Statement 1).

Per quanto riguarda il paziente non ospedalizzato è stata anche inserita una raccomandazione debole (2b B-R), in favore del possibile utilizzo di sulodexide. Alla base di questa indicazione vi è un unico studio randomizzato controllato che ha coinvolto 243 pazienti randomizzati a ricevere sulodexide (500 mg bid) entro 3 giorni dall’insorgenza dei sintomi o placebo (124 e 119 pazienti rispettivamente) riscontrando una significativa riduzione delle ospedalizzazioni e della necessità di ossigeno terapia nel gruppo di trattamento (17.7%vs 29.5%p=0.03 e 30 vs. 42% p = 0.05 rispettivamente). Si è verificato un unico episodio di emorragia maggiore ed è avvenuto nel gruppo placebo4. Nonostante questi risultati necessitino di essere confermati in ulteriori studi, sono stati considerati sufficientemente significativi da essere presi in considerazione.

L’ultima parte delle linee guida riguarda la prevenzione del tromboembolismo nei pazienti dimessi dopo un ricovero ospedaliero per COVID-19. Anche in questo caso le evidenze a disposizione sono limitate consentendo solo raccomandazioni deboli. Tuttavia, in considerazione dei risultati dello studio MICHELLE5, supportati da un vasto studio osservazionale6, gli esperti suggeriscono che “in pazienti selezionati una trattamento con dosi profilattiche di rivaroxaban (10 mg) per circa 30 giorni può essere preso in considerazione per ridurre il rischio di tromboembolismo venoso” (2b B-R). Anche in questo caso la selezione dei pazienti da trattare passa attraverso la valutazione del rischio emorragico (basso) e trombotico (alto, come nel caso di score IMPROVE ≥ 4 o 2–3 con un D-dimero al di sopra del limite della norma).


Bibliografia

  1. Schulman, S. et al. ISTH guidelines for antithrombotic treatment in COVID-19. J Thromb Haemost. Accepted Author Manuscript. https://doi.org/10.1111/jth.15808 doi: 10.1111/jth.15808
  2. .Moores LK et al. Thromboprophylaxis in Patients with COVID-19. A Brief Update to the CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest. 2022 Feb 12: S0012-3692(22)00250-1. doi: 10.1016/j.chest.2022.02.006. Epub ahead of print. PMID: 35167861; PMCID: PMC8839802
  3. Spyropoulos A.C., et al. Good practice statements for antithrombotic therapy in the management of COVID-19: Guidance from the SSC of the ISTH. J Thromb Haemost. Accepted Author Manuscript. https://doi.org/10.1111/jth.15809doi: 10.1111/jth.15809
  4. Gonzalez-Ochoa AJ, Raffetto JD, Hernández AG, et al. Sulodexide in the Treatment of Patients with Early Stages of COVID-19: A Randomized Controlled Trial. Thromb Haemost. 2021; 121: 944-5
  5. Ramacciotti E, Barile Agati L, Calderaro D, et al. Rivaroxaban versus no anticoagulation for postdischarge thromboprophylaxis after hospitalisation for COVID-19 (MICHELLE): an open-label, multicentre, randomised, controlled trial. Lancet. 2022; 399: 50-9
  6. Giannis D, Allen SL, Tsang J, et al. Postdischarge thromboembolic outcomes and mortality of hospitalized patients with COVID-19: the CORE-19 registry. Blood. 2021; 137: 2838-47