Condividi su:

Questi dispositivi andrebbero tolti non appena la controindicazione assoluta all’anticoagulazione sia cessata. Ma come comportarsi con pazienti anziani e con comorbidità con lungo tempo di permanenza in sede del filtro?

L’utilizzo dei filtri cavali (IVCF) è una possibilità terapeutica nei pazienti affetti da tromboembolismo venoso (TEV) acuto, che abbiano controindicazioni a ricevere una terapia anticoagulante piena. Infatti, due studi randomizzati, PREPIC e PREPIC2, e numerosi studi retrospettivi hanno dimostrato la loro efficacia nella prevenzione di eventi embolici nei pazienti affetti da TEV acuto. Nonostante ciò, a causa del crescente numero di segnalazioni di eventi avversi legati alla permanenza dei IVCF, nel 2010 e successivamente nel 2014 la Food and Drug Administration (FDA) ha emanato due avvertimenti, consigliando la rimozione del dispositivo non appena la controindicazione assoluta all’anticoagulazione sia cessata.

In contemporanea al secondo avvertimento è stata anche pubblicata un’analisi di Morales et al. che confermava come il rapporto rischio-beneficio favorisca la permanenza del filtro per un tempo compreso tra 29 e 54 giorni dopo l’impianto. Numerose sono le complicanze che possono occorrere con l’utilizzo a lungo termine di questi dispositivi, prima fra tutte è lo sviluppo di una trombosi venosa profonda (TVP) che può gravare dal 5% al 18% dei pazienti, unitamente a un rischio di trombosi del filtro stesso o di stenosi della vena cava inferiore (VCI) del 2,8%. Inoltre, questi dispositivi non sono scevri dal rischio di rottura, con un’incidenza di tale evento tra il 2% e il 10% della popolazione, e la conseguente possibilità di embolizzazione dei frammenti residui a livello di cuore e polmone. Infine, la struttura del filtro può penetrare le pareti della vena cava inferiore (considerando come patologica una penetrazione maggiore di 3 mm), e quindi intaccare strutture circostanti (in particolare l’intestino, le grosse arterie addominali e i corpi vertebrali), tra lo 0,3% e l’1% dei pazienti. L’incidenza di tutte queste complicanze incrementa all’aumentare del tempo di permanenza del dispositivo.

Tenendo conto di questi dati, le principali linee guida, in particolare quelle emanate dall’American College of Chest Physicians (ACCP), American society of Hematology (ASH), European Society of Cardiology (ESC) e Society of Interventional Radiology (SIR), raccomandano l’utilizzo dei IVCF nei pazienti con TEV acuto e impossibilità di somministrazione di terapia anticoagulante e indicano altresì la necessità di rimuovere il dispositivo non appena la controindicazione alla terapia anticoagulante venga meno. Per quanto riguarda il concomitante utilizzo di farmaci antitrombotici in pazienti con IVCF, le linee guida non controindicando né consigliano l’utilizzo della terapia a lungo termine.

Recentemente è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine un case report di un paziente di 70 anni, con multiple comorbilità, affetto da litiasi delle vie urinarie sintomatica, nel quale, durante gli accertamenti per la patologia acuta, è stata riscontrata la presenza di un filtro cavale impiantato 10 anni prima. Di fronte a questo paziente la decisione del clinico può propendere verso due scelte: rimuovere il filtro in elezione o soprassedere alla rimozione del filtro. Seguendo le indicazioni delle principali linee guida, il dispositivo andrebbe rimosso non appena possibile ma si deve considerare che in pazienti con lungo tempo di permanenza in sede del dispositivo la rimozione potrebbe risultare difficoltosa e non scevra da complicanze.

Attualmente le tecniche di rimozione del dispositivo sono aumentate di numero, con la possibilità di essere utilizzate anche in pazienti con un lungo periodo di permanenza. Recenti metanalisi riportano tassi di successo della rimozione del 94.5% utilizzando la snare-technique (che prevede l’utilizzo di cestelli endovascolari progettati per inglobare completamente ed estrarre i filtri) e, qualora questa non fosse possibile come in caso di penetrazione di parete o tilt del filtro, tassi di successo del 96% sono stati registrati utilizzando come ausilio delle pinze endobronchiali. Inoltre, nuove tecniche come l’utilizzo di fototermoablazione laser, per ridurre lo strato di endotelizzazione peri-dispositivo, sembrano essere promettenti per coadiuvare la rimozione dei dispositivi con più alto tempo di permanenza in sede. Inoltre, in caso il paziente riporti una sintomatologia correlabile con il posizionamento del filtro (TVP ricorrenti, sindrome post trombotica o disturbi addominali inspiegabili), le ultime linee guida della SIR raccomandano la rimozione del dispositivo. D’altro canto, le stesse linee guida raccomandano di valutare attentamente il rischio della procedura di rimozione e confrontarlo con il potenziale beneficio della rimozione del dispositivo nel singolo paziente.

Infatti, sebbene nella maggior parte dei casi la rimozione del dispositivo si possa eseguire in regime di day-hospital e con anestesia locale, pazienti con alto numero di comorbilità e interventi più complessi dovuti al lungo tempo di permanenza in sede del dispositivo potrebbero necessitare di ricovero prolungato e di anestesia generale, risultando quindi a maggiore rischio peri-operatorio. È altresì vero che l’utilizzo di tecniche avanzate di rimozione non è omogeneamente diffuso a tutti i centri e l’esperienza del singolo operatore è determinante nella rimozione dei dispositivi con maggior tempo di permanenza in sede. In particolare, il fallimento della procedura può associarsi con complicanze a rischio vita, come la rottura e la successiva embolizzazione del filtro a livello cardiaco.

In conclusione, nei pazienti a cui sia stato posizionato un filtro cavale, è di notevole importanza l’organizzazione di un follow-up attivo, che comprenda rivalutazioni programmate del bilancio rischio-beneficio legato alla presenza del filtro, al fine di identificare il momento in cui sia indicata la sua rimozione e procedere con la stessa. D’altro canto, nei casi di lunga permanenza in sede del dispositivo, sebbene sia innegabile l’aumento di complicanze correlate al dispositivo (dimostrato anche dai follow-up a 8 anni dello studio PREPIC), devono essere attentamente valutate sia l’aspettativa di vita del paziente e le sue comorbilità attive, sia il rischio di complicanze peri-operatorie, tenuto conto di quali tecniche di rimozione siano disponibili presso il proprio centro e del parere dell’operatore che andrà a rimuovere il dispositivo.


Bibliografia

  •  Lee C, Stavropoulos SW, Kuo WT. Routine Removal of Inferior Vena Cava Filters. N Engl J Med. 2022 Jun 2;386(22):2149-2151.
  • Morales JP, Li X, Irony TZ, Ibrahim NG, et al. Decision analysis of retrievable inferior vena cava filters in patients without pulmonary embolism. J Vasc Surg Venous Lymphat Disord. 2013 Oct;1(4):376-84.
  • Kaufman JA, Barnes GD, Chaer RA, et al. Society of Interventional Radiology Clinical Practice Guideline for Inferior Vena Cava Filters in the Treatment of Patients with Venous Thromboembolic Disease: Developed in collaboration with the American College of Cardiology, American College of Chest Physicians, American College of Surgeons Committee on Trauma, American Heart Association, Society for Vascular Surgery, and Society for Vascular Medicine. J Vasc Interv Radiol. 2020 Oct;31(10):1529-1544.
  •  Konstantinides SV, Meyer G, Becattini C, et al. 2019 ESC Guidelines for the diagnosis and management of acute pulmonary embolism developed in collaboration with the European Respiratory Society (ERS). Eur Heart J. 2020 Jan 21;41(4):543-603.
  • Ortel TL, Neumann I, Ageno W, et al. American Society of Hematology 2020 guidelines for management of venous thromboembolism: treatment of deep vein thrombosis and pulmonary embolism. Blood Adv. 2020 Oct 13;4(19):4693-4738
  • Stevens SM, Woller SC, Kreuziger LB, Bounameaux H, Doerschug K, Geersing GJ, Huisman MV, Kearon C, King CS, Knighton AJ, Lake E, Murin S, Vintch JRE, Wells PS, Moores LK. Antithrombotic Therapy for VTE Disease: Second Update of the CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest. 2021 Dec;160(6):e545-e608. doi: 10.1016/j.chest.2021.07.055. Epub 2021 Aug 2. Erratum in: Chest. 2022 Jul;162(1):269. PMID: 34352278.